Tutto e' cominciato
nel gennaio di tre anni fa: ci trovavamo nel negozietto di un distributore
di carburante di Windoeck al termine del nostro splendido
viaggio in Namibia, la mente ed il cuore colmi di ricordi meravigliosi,
quando davanti a noi vedemoo la mappa "ContiMap" della
Botswana. Se non la compriamo qui, ricordo che abbiamo ragionato,
non la troveremo certo in Italia e chissà che non ci venga
voglia in futuro di tornare ad esplorare nuovi angoli dell'Africa
australe !
E' proprio su quella mappa aperta sul tavolo che durante questi
ultimi mesi abbiamo trascorso serate entusiasmanti e fare progetti,
studiare percorsi, immaginare incredibili piste in mezzo a distese
di savana, capire il giusto modo di prenotare gli ingressi ai parchi
nazionali ... in una parola: ad organizzare questo nostro nuovo
e sorprendente viaggio in Africa !
Non e' stato semplice pensare a tutto: un viaggio "fai da te"
di un mese in Botswana e' piuttosto impegnativo, richiede
spirito di adattamento, voglia di passare molte ore in auto, molto
materiale portato dall'Italia, una preparazione quasi maniacale
di cibo, indumenti caldi e freddi, strumenti per eventuali riparazioni
del mezzo, apparecchiature fotografiche, Gps, telefono satellitare,
documenti ed un mare di altre cose che vedremo piu' avanti nel racconto
!
Prima della partenza, poi, sono necessari tempi molto lunghi per
studiare l'itinerario giorno per giorno e per riuscire a prenotare
con la dovuta calma tutti i campi nei parchi; e' necessario avere
i giusti contatti in loco per le prenotazioni stesse e per l'auto
da noleggiare, una grande pazienza nel prendere informazioni da
quante piu' fonti possibili sul grande paese che si intende visitare,
nel cercare di capire quali sono le zone che piu' meritano di essere
viste. A queso proposito, infatti, bisogna dire che noi abbiamo
scelto di rimanere sempre a terra ovvero di seguire solo le piste,
non di volare da un posto all'altro come molti tour operator propongono,
con la formula che non incontra i nostri gusti del "vedere
il piu' possibile", e quindi abbiamo deciso di non includere
nel viaggio un'area troppo vasta ma di cercare di vedere al meglio
quelle attraversate. Si tratta comunque di un viaggio itinerante,
dove ogni giorno ci si sposta e dove le distanze fra i campi sono
spesso notevoli, soprattutto considerando il tipo di piste e la
velocita' ridotta alla quale si e' spesso costretti a procedere,
ed e' per questo motivo che alla fine del mese troveremo sul conta-chilometri
del nostro fuoristrada qualcosa come seimila km in piu' !!!
Tornando all'organizzazione, abbiamo noleggiato il fuoristrada in
Namibia, a Windoeck, presso la Camping Car Hire, dove ci siamo trovati
splendidamente tre anni fa. La nostra auto e' nuovissima, solo 67
km all'attivo, un pick-up Nissan con cabina doppia (cosa che si
e' rivelata indispensabile perche' avevamo con noi 40 kg di bagagli
e stivarli tutti di dietro sarebbe stato assai scomodo !), due ruote
di scorta, due crick, un compressore, un kit di utensili, un serbatoio
per l'acqua da 40 litri, un doppio serbatoio per la benzina piu'
cinque taniche extra per una capacita' complessiva di 240 litri,
ovvero piu' o meno mille e duecento km di autonomia. Tutto per cucinare,
due bombole del gas (ne bastera' una sola), frigorifero, accetta
per fare legna, tavolo, sedie. La tenda e' sul tetto e si raggiunge
con una comoda scaletta, dentro ci sono gia' i sacchi a pelo invernali,
i cuscini e due coperte di lana. Molte di queste cose le abbiamo
esplicitamente richieste noi alla compagnia di noleggio, non essendo
comprese... ...continua sul nostro
Libro Botswana
Sabato 29 Luglio
L'aereo atterra in Sud Africa con un'ora di ritardo; fra poco piu'
di mezz'ora parte il nostro volo per Windoeck e temiamo che i nostri
bagagli possano non seguirci fino in Namibia. Quando infine atterriamo
a Windoeck, uno dei tre bagagli non ci viene recapitato: fila per
il reclamo, poi usciamo in una calda giornata assolata, bentornati
a casa Taddy e Gloria !!
C'e' l'autista della Camping Car Hire che ci accoglie e che ci accompagna
fino in citta'. Qui prendiamo possesso del pick-up, un mezzo fantastico
che ci accompagnera' per un mese nel nostro vagabondare. Poche pratiche
e l'accordo e' firmato. Anche il telefono satellitare ci viene consegnato
e tutto e' pronto per la partenza. Dopo pochi attimi di confusione
per la guida a sinistra, decidiamo di tornare all'aeroporto per
vedere che non sia nel frattempo arrivata l'ultima borsa. Niente,
torneremo domani mattina: questo significa che passeremo una notte
a Windoeck sebbene il nostro programma prevedesse di partire subito
alla volta del Botswana. Siamo stati previdenti: le tappe dei primi
giorni sono volutamente brevi, cosi' riusciremo a recuperare facilmente
una sosta forzata come questa !
Optiamo per l' Arrebush, un lodge con area di campeggio a pochi
km dal centro della citta'. Appena arriviamo, un ragazzo alla reception
ci dice: "Siamo pieni oggi, non ci sono posti neppure nel campeggio;
se volete andate a vedere e tornate per dirmi se vi va bene lo stesso"
cosi' ci rechiamo dove le frecce ci indicano, fin sul limitare del
letto di un fiume in secca ... e qui la sorpresa: non c'e' praticamente
nessuno ! Una roulotte, una jeep come la nostra con la tenda sul
tetto e basta, su di un'area di almeno 50 metri per 50 ... boh !
Torniamo indietro alla reception e paghiamo per la notte.
Verso l'imbrunire (in Africa australe di questa stagione il sole
tramonta verso le sei) decidiamo di andare a cena in un locale super
consigliato da ogni guida, il "Joe Beerhouse". Non trovando
taxi, ci accompagna un amico del ragazzo alla reception, che ci
verra' poi anche a riprendere a fine serata !
Il locale e' molto carino, ha un grande giardino e visto che la
zona al coperto e' tutta piena si sta all'aperto anche se fa molto
freddo (in queste stesse ore in Sud Africa sta nevicando e qui arriva
un vento davvero gelido proprio da sud !), i tavoli sono mensole
di legno grezzo attorno a grandi tronchi d'alberi vivi, si beve
buon vino rosso e si assaporano squisite e tenerissime carni; un
grande falo' attira i commensali al suo cospetto.
Quando torniamo al campeggio sono gia' le undici: saliamo la scaletta
che ci conduce nel nostro piccolo ed accogliente giaciglio e sebbene
il freddo sia pungente (quasi tutti gli indumenti caldi sono nella
borsa che non e' arrivata) ci addormentiamo in un lampo: e' stata
una lunga giornata ma finalmente ci sentiamo in vacanza !
Domenica 30 Luglio
Sveglia alle sette. Dopo colazione cerchiamo di sistemare le nostre
cose nella jeep in modo razionale al fine di non diventare matti
ogni volta che cerchiamo qualcosa: tentativo vano il nostro ! Ci
vorra' almeno una settimana per organizzare al meglio il poco spazio
a nostra destinazione ma superato questo lasso di tempo avremo acquisito
una memoria fotografica sorprendente, per cui anche la pinzetta
o il nastro adesivo avranno una collocazione precisa al millimetro
!
Il primo problema da risolvere oggi e' quello relativo alla borsa
mancante: nel primo pomeriggio dovremo assolutamente partire per
il Botswana o rischiamo di perdere il diritto alle prime prenotazioni,
con il conseguente slittamento di tutte le altre. Questo ci spinge
a considerare l'evenienza in cui la borsa non ci arrivi entro oggi:
non possiamo partire senza gli indumenti pesanti poiche' nel sud
del Botswana il freddo, specialmente di notte, e' una realta' e
le temperature sono spesso prossime allo zero. Decidiamo cosi' di
comprare qualcosa di caldo che ci assicuri la sopravvivenza nei
prossimi giorni: una cuffia, un pail, una calzamaglia. Li acquisteremo
in un grande centro commerciale che ci fara' dimenticare per un
paio d'ore di essere in Africa: molti prodotti, infatti, sono anche
qui d'importazione cinese !
Dopo la spesa ci dirigiamo all'aeroporto dove, dopo quaranta minuti
di attesa, arriva la nostra borsa ! Meglio cosi', le cose acquistate
saranno bei ricordi di una giornata di shopping in Africa australe
!!
Col sorriso sulle labbra saliamo in auto e ci dirigiamo decisi verso
est: Botswana ... arriviamo !
Il nastro d'asfalto corre dritto senza traffico; il cielo e' limpido
e, quasi senza preavviso, inizia ad infiammarsi alle nostre spalle,
le ombre si allungano, la giornata volge al termine. Poco prima
del confine fra i due stati, sulla destra parte una breve sterrata
che conduce alla tenuta di un lodge privato, il Kalahari Bush Breacks
Lodge. Al cancello ci accoglie una sorridente ragazza dalla pelle
color caffelatte, il suo bimbetto scorazza felice sul pavimento
spoglio della capanna che accoglie i turisti: sul registro scriviamo
i nostri nomi, paghiamo 55 N$ a testa quindi entriamo.
In fondo alla sterrata c'e' la costruzione principale del Lodge,
una grande casa di legno risalente al tempo dei primi coloni europei.
La abitano una coppia di bianchi con una figlia adolescente, vivono
qui tutto l'anno, isolatissimi da altri esseri umani ma circondati
da una natura incontaminata. Sebbene abbiamo deciso di dormire nell'area
riservata al campeggio, i proprietari acconsentono a prepararci
qualcosa per cena ed e' cosi' che, dopo una bella doccia calda nel
pulitissimo bagno vicino all'unica piazzola occupata questa notte,
madre e figlia vengono a prenderci con il loro fuoristrada e...
...continua sul nostro Libro
Botswana
Lunedi' 31 Luglio
Sveglia prima dell'alba, colazione e sistemazione del fuoristrada.
Con i primi raggi del sole salutiamo la ragazza ed il suo bimbo
al gate e ci dirigiamo decisi verso il confine con il Botswana,
dove arriviamo dopo 25 km. La burocrazia e' abbastanza veloce e
dopo altri 10 km pieghiamo verso destra. La strada e' ancora asfaltata
ma ben presto diventa una larga e comoda sterrata; incontriamo poche
auto e ci riempiamo gli occhi di questo caldo colore rosso del fondo
sabbioso della pista.
Incontriamo qualche sperduto villaggio e ci fermiamo per osservare
le case e la gente che timidamente si avvicina. Le capanne sono
di fango, circolari, piccole ed hanno il tetto a punta di paglia
gialla; le persone indossano vestiti occidentali, magliette colorate
con spesso la stampa di una qualche associazione benefica. Nessuno
parla l'inglese, neppure i piu' giovani, allora tiriamo fuori una
mappa, cosa che li affascina sempre, e li facciamo ridere con la
nostra pronuncia quando proviamo a dire il nome di una localita'
nei dintroni ! Ad ogni modo le informazioni che ci scambiamo a gesti
sono fondamentali perche' solo col gps risulta complicato trovare
la pista giusta quando si attraversano questi villaggi. Non ci sono
cartelli, infatti, e ci sono miriadi di tracce parallele sulla sabbia
che magari portano solo ad un pollaio o sotto la chioma di un grande
albero dove si ritrova il villaggio intero nelle lunghe serate estive.
Proseguiamo
sulla pista giusta e poco dopo ci fermiamo per mangiare qualcosa.
Osserviamo in silenzio il mondo attorno a noi, felici di essere
nuovamente in mezzo alla natura, soli ed in silenzio. Questo stato
di calma ci rilassa e ci ricarica al tempo stesso ! Ad un certo
punto iniziamo a vedere un puntino che si avvicina sulla pista:
sembra troppo piccolo e lento per essere un'automobile e naturalmente
questo particolare focalizza la nostra attenzione nei minuti che
seguono ! Con calma iniziamo a fare delle ipotesi: un carretto,
un animale, una bicicletta ... alla fine si rivelera' un anziano
dal viso nero e grinzoso con un grande cappello di paglia, in groppa
ad un asinello e con un secondo piu' giovane asino alle spalle !
Si ferma, non parla niente al di fuori del suo idioma a noi perfettamente
sconosciuto, ma riusciamo a capire che e' preoccupato perche' pensa
che siamo rimasti senza benzina ! Lo rassicuriamo e poi ci scambiamo
grandi sorrisi, tanto basta per rendere indimenticabile l'incontro.
Gli diamo una bottiglietta d'acqua e restiamo in silenzio ad osservarlo
mentre si allontana su una strettissima pista che si perde nella
savana gialla sulla nostra sinistra. Chissa' dove va ? E chissa'
da dove viene ?
Anche noi ci muoviamo; dopo un paio d'ore notiamo che la pista larga
di poco fa si e' lentamente trasformata: ora ci sono due piste piu'
sottili che corrono parallele, risalgono e poi ridiscendono basse
colline sabbiose ed ognuna rappresenta un senso di marcia. Guai
a sbagliarsi: anche se quella di destra sembra essere migliore,
si deve rimanere su quella di sinistra perche' se capita (raramente
direi, ma puo' capitare !) di incrociare un altro mezzo saremmo
noi nel torto !
La nostra cartografia ci indica una pista minore che va verso est,
ovvero verso la nostra meta di questa sera, il pan chiamato Masetleng.
Si tratta di una bella scorciatoia, visto che sta lentamente ma
inesorabilmente avvicinandosi la sera e mancano ancora diversi km
all'arrivo. Le piste, infatti, sono piu' lente di quanto avevamo
immaginato e questo significa che le prime tappe risultano un po'
forzate: partenza molto presto al mattino ed arrivo a destinazione
praticamente col buio. Non e' raccomandabile viaggiare col buio,
per diversi ovvi motivi, ed e' proprio per questo che cerchiamo
di trovare la scorciatoia per il Masetleng pan. Il primo tentativo
fallisce miseramente: la pista si dirige perfettamente verso la
meta, ma dopo pochi km finisce in prossimita' di un manufatto di
cemento. Una cosa pero' abbiamo imparato da questo errore: i piloncini
di cemento colorati di azzurro che si incontrano lungo le piste
stanno ad indicare... ...continua sul nostro
Libro Botswana
Martedi' 1 Agosto
Nell'immensa notte una piccola sveglia suona: usciamo dalla nostra
calda tenda e scopriamo che fa ancora piu' freddo di ieri sera.
Colazione intirizzita mentre il sole tenta di superare la spessa
cortina di nubi a levante.
Prima di partire ci addentriamo a piedi sulla crosta arida e grigiastra
del pan che scricchiola allegramente sotti i nostri passi. Mentre
procediamo osserviamo le nostre ombre che si allungano a dismisura
davanti a noi; il sole, infatti, e' finalmente giunto a pennellare
di morbida luce questo mondo solitario; il silenzio e' ancora perfetto.
Non ci sono uccelli o altri animali poiche' non troverebbero acqua
qui. Solo un grosso uccello, o almeno tale ci e' sembrato, e' venuto
durante la notte a farci visita: ci siamo svegliati di soprassalto
quando e' atterrato sul tetto della tenda e siamo rimasti muti con
gli occhi sbarrati nel buio ad ascoltare il suo becco duro tamburellare
sulla tela impermeabile tesa sopra le nostre teste. A dire il vero
non capivamo di che cosa diamine si trattasse ... finche', dopo
pochi minuti, ha iniziato a sbattere le ali e si e' immediatamente
alzato in volo !
Prepariamo dunque il fuoristrada e ci mettiamo in marcia, le giacche
a vento ancora strette addosso. Torniamo in breve sulla pista abbandonata
ieri sera sul terreno bruciato e subito il colore dominante torna
ad essere il marron. Ben presto comunque tornano i cespugli e l'erba
gialla: qui l'inferno delle fiamme non e' arrivato. Un'ora di marcia
e siamo di nuovo sulla pista a due corsie che chiamiamo scherzosamente
"l'autostrada" ! Questa ci conduce verso sud-est, passando
accanto ad alcuni villaggi di capanne sparse. Presso uno di questi
ci fermiamo e lasciamo il tempo ai timidi abitanti di prendere coraggio
e venire verso di noi. Finalmete si avvicinano imbarazzate alcune
donne, avvolte in colorate coperte di lana: sorridono e ci mostrano
alcuni oggetti artigianali davvero curiosi. Un grande uovo di struzzo
decorato con disegni infantili, bracciali e collane di perline bianche
e nere ricavate sempre dal guscio di uova di struzzo. Le perline
sono perfette, quasi tutte grandi uguali, forate nel centro con
strumenti rudimentali e con una pazienza infinita ! Compriamo una
collana composta da quattro fili di perline intrecciati fra loro,
un capolavoro dall'odore acre e persistente che ci seguira' per
tutto il viaggio !
Proseguiamo la pista
e ci fermiamo spesso per osservare il cielo che oggi e' magnifico:
enormi batuffoli di candido cotone galleggiano in un blu impressionante
e l'aria fresca rende tutto talmente nitido e vicino che sembra
di poter toccare con un dito queste nuvole !
Ci fermiamo anche per fotografare un curioso cartello stradale che
intima di non superare i sessanta km orari ... e come sarebbe mai
possibile ? Il fondo sabbioso e le cunette durissime sotto le gomme
ci impongono velocita' assai piu' ridotte ! Queste cunette sono
le discariche delle tane degli "xero del Sudafrica", grossi
scoiattoli che pare si divertano un mondo a scavare le loro case
proprio nella sabbia ai lati delle piste: la sabbia buttata fuori
si deposita in piccoli mucchietti che si compattano sotto le gomme
delle poche auto che di qui transitano e diventano duri come sassi
!
Ma
e' anche un altro il motivo per cui procediamo lentamente: gli "uccellini
giocherelloni" ! Da queste parti, infatti, vivono piccoli uccelletti
con una singolare passione: al passaggio di un'automobile, si lanciano
davanti al muso della stessa, piu' o meno all'altezza dei fanali,
e mantenendosi sempre a circa due metri di distanza, svolazzano
come forsennati in una sorta di prova di coraggio finche' non decidono
che il gioco e' durato abbastanza e allora virano repentinamente
a destra o a sinistra uscendo immediatamente dalla nostra vista
! Ce ne sono talmente tanti che si danno il cambio in questo gioco
strampalato che andare forte sarebbe un vero attentato alla loro
incolumita'. Non li dimenticheremo mai ... mai vista una cosa simile
!
Ci fermiamo a meta' giornata per un pranzetto a bordo pista, non
prima di aver riempito il fuoristrada di legna: in questa zona ci
sono molte acacie e ci sono parecchi rami o addirittura interi alberi
a terra, secchi e pronti per essere raccolti. Il fuoco sara' un
amico fondamentale durante il nostro soggiorno in Botswana, ci terra'
compagnia nelle serate solitarie, terra' lontane le fiere, dara'
vita a tutta un'altra atmosfera e, come abbiamo detto la prima volta
che l'abbiamo acceso, anche a tutta un'altra temperatura !!
Nel pomeriggio la pista diventa, se possibile, ancora piu' bella:
in taluni punti risulta come scavata nell'immensa pianura ricoperta
di rigogliosa erba gialla, tanto che per godere del panorama si
deve risalire il fianco sabbioso della sede stradale. Da qui sopra
il nostro sguardo si perde all'infinito e mentre un vento fresco
ci scompiglia i capelli, osserviamo l'effetto sorprendente di questo
sull'erba. E' come se un'enorme mano trasparente accarezzasse il
manto erboso dando luogo ad un'onda dolce e suadente che staremmo
ore a guardare. E invece torniamo in auto, la meta e' ancora lontana
e non abbiamo ancora preso la mano con le distanze ed i tempi di
percorrenza !
E' infatti solo nel tardo pomeriggio che il nostro fedele gps ci
segnala che siamo sulla pista che ci porta dritti all'ingresso del
parco Mabuasehube. Questa riserva copre una superficie di circa
1800 km quadrati e si sviluppa attorno a tre sistemi di saline fra
le quali si trovano splendide dune di sabbia rossissima: lo stesso
nome del parco significa, nel gergo locale, "terra rossa".
Nella giornata di oggi abbiamo percorso qualcosa come 240 km e non
abbiamo incontrato nessuno lungo le piste. Ci domandiamo dunque
che cosa troveremo nel punto che il gps ci segnala come "gate"
del parco. Siamo in mezzo alla savana, isolati dal resto del mondo,
nessun grosso paese o citta' nel giro di centinaia di km, nessuno
per strada ... sembra improbabile che ci possa essere qualcuno proprio
qui. Ed invece... ...continua sul nostro
Libro Botswana
Mercoledi' 2 Agosto
Sveglia
poco prima delle sette, accensione del fuoco, colazione. Alcuni
uccellini tondi come palline da tennis e con il petto rosso vengono
vicino al nostro accampamento e svolazzano curiosi fra i rametti
dei cespugli. Sono loro a darci il buongiorno oggi !
Ci addentriamo dunque nel parco che non e' recintato, come del resto
tutti i parchi in Botswana, per cui gli animali possono tranquillamente
andare e venire senza trovare ostacoli di sorta: le saline di quest'area
rappresenta per loro una fonte indispensabile di sali minerali.
Il terreno si alza in dune di sabbia rossa che si elevano sulla
onnipresente savana e le piste che seguiamo ci portano ora in alto
a seguire il loro profilo, ora in basso a seguire il perimetro delle
depressioni saline. I pochi incontri ci emozionano: un orice con
una delle due lunghe ed affilate corna troncata ed un raficero campestre
che anziche' fuggire come un razzo alla nostra vista si sdraia a
dieci metri da noi a ruminare beatamente.
Il cielo e' completamente coperto e soffia ancora il vento gelido
proveniente da sud. Con il passar delle ore, pero', le nuvole si
disgregano lasciando sopra le nostre teste un fantastico cielo blu.
Durante una sosta per ammirare il panorama di una salina dall'alto,
ci accorgiamo della presenza di due uccelli molto diversi fra loro
che dondolano seguendo i movimenti dei rami mossi dal vento. Sono
vicini e non si disturbano affatto: restiamo ammaliati ad osservarli
per un quarto d'ora con i binocoli: uno dei due e' un goffo tucano
con un grande becco giallo ricurvo mentre l'altro e' coloratissimo,
tondo ed all'apparenza morbidissimo: lo soprannominiamo "uccellino
della pace" per i colori di cui si veste !
Continuiamo ad esplorare il parco e nel primo pomeriggio giungiamo
alla nostra piazzola: si trova in una splendida posizione con la
vista proprio sul pan Mabuasehube, ovvero quello che da' il nome
all'intero parco. Un'enorme distesa gialla e rosa che accoglie numerosi
gruppetti di struzzi, gnu, orici e springbok !
Appena giunti, ancor prima di scendere dall'auto, ci sentiamo osservati.
Sul limitare della zona sabbiosa rialzata che rappresenta la nostra
piazzola, notiamo una ventina di animaletti alti poco piu' di due
spanne, color nocciola, ritti sulle zampette posteriori ed immobili
che ci guardano con occhietti sgranati: si staranno domandando chi
puo' essere a disturbare ed invadere il loro territorio ! Sono dei
bellissimi e dolci xero del Sudafrica, gli stessi scoiattoloni che
costruiscono le loro tane sulle piste: finalmente li vediamo questi
ingegneri del sottosuolo ! Per timore di spaventarli scendiamo lentamente
dall'auto senza sbattere gli sportelli poi ci sediamo a terra sperando
di incoraggiarli ad avvicinarsi un po' e poterli cosi' meglio fotografare
.... paura quelli ?? Ma quando mai ?? Fanno i primi passi timidamente,
poi si avvicinano un poco piu' decisi scambiandosi continui richiami,
quindi si lanciano letteralmente su di noi, ci danzano intorno,
allungano le loro manine, danno morsicotti alle nostre dita con
una confidenza ormai assodata ! Siamo stupiti e divertiti, mai ci
saremmo aspettati tale accoglienza !
Preparando il pranzo,
a base di piadina e formaggio, gli xero continuano a ronzarci intorno
tenendoci grande compagnia. Per appropriarsi di qualche pezzettino
di piadina arrivano perfino ad arrampicarsi sulle nostre gambe per
accedere al piano del tavolo, insomma, tutt'altro che timidi questi
scoiattoloni !
Lentamente si uniscono alla compagnia dei simpatici tucani, curiosi
di capire se c'e' qualcosa anche per loro ! Ce ne sono di due tipi:
alcuni sono piu' grandi, meno timidi, col piumaggio scuro puntellato
di bianco, le code lunghe che li impacciano leggermente quando saltellano
a terra. Gli altri sono piu' silenziosi, educati, piu' piccoli ma
piu' rotondi degli altri, col piumaggio grigio puntellato di bianco.
Assistiamo
ad una scenetta degna di un cartone animato: uno xero si sgranocchia
beato il suo pezzo di piadina quando improvvisamente atterra a pochi
centimetri un tucano scuro. Questo, del tutto indifferente e senza
guardare lo xero, lentamente gli si avvicina con un'aria ingenua
come se dovesse guarda il caso proprio proprio passare di li': lo
xero, senza smettere di mordicchiare la piadina e con i baffetti
tremolanti , lo guarda a meta' fra il preoccupato e l'implorevole
( .... non vorrai rubarmi il pasto, vero ? ... vero ???!....). Un
istante solo ... e il tucano con un abile balzo si impossessa di
un pezzo di piadina ! Ora lo xero si volta di nuovo verso di noi:
rassegnato continua imperterrito a sgranocchiare il suo pezzetto
decisamente piu' piccolo di piadina, mentre il tucano si ferma giusto
il tempo per farsi immortalare dalla mia macchina fotografica con
la sua conquista nel becco, poi vola via soddisfatto !
Ad un certo punto, mentre Taddy schiaccia un pisolino in amaca,
io decido di sistemare le stoviglie ... ma mi sento osservata. Questa
sensazione non e' proprio piacevole in mezzo ad una savana selvaggia,
per cui mi immobilizzo con tutti i sensi all'erta ed inizio a scrutarmi
attorno: l'aria e' immobile da quando il vento ha smesso di soffiare,
l'atmosfera e' come sospesa, nulla si muove, anche gli xero e gli
uccelli si sono ritirati dopo l'inaspettato pasto. Gli altri animali
sul pan sono troppo distanti per poter udire i loro movimenti e
qui intorno c'e' solo silenzio. Trattengo anche il mio respiro,
pronta a gettarmi dentro lo sportello aperto del fuoristrada ...
quando un lieve movimento a sinistra attira la mia attenzione: a
terra, ad una distanza di non piu' di due metri, un tondo tucano
grigio se ne sta fermo a guardarmi, curioso, non in cerca di cibo,
semplicemente mi osserva. Sorrido sollevata e riprendo a riordinare
le stoviglie: il tucano segue ogni mio gesto con un lieve e dolcissimo
movimento della testolina col suo lungo becco giallo ricurvo !
Nel pomeriggio si avvicina alla nostra postazione una jeep: a bordo
c'e' un ranger che ci saluta, si informa se va tutto bene e poi
ci dice che questa notte saremo gli unici turisti dentro al parco
!!!
Verso le quattro risaliamo in auto e torniamo... ...continua
sul nostro Libro Botswana
Giovedi' 3 Agosto
Sveglia
anche oggi alle sette: il cielo e' completamente sereno. Alle otto
siamo al gate, firmiamo il librone delle uscite e salutiamo questo
bel parco. Negli ultimi anni pochissimi italiani sono transitati
di qua.
La pista e' sabbiosa e larga, con due corsie, filiamo a 40/60 km
orari. Deviamo verso est; prima breve pausa per rifornirci di legna
(che si puo' raccogliere solo fuori dai parchi), seconda breve pausa
per fare colazione, terza breve pausa per salutare due jeep di sudafricani
che procedono in senso opposto al nostro e che ci salutano con un
sublime "... enjoy Africa !!".
A meta' mattina, dopo aver superato una zona pianeggiante ricoperta
di secchi cespugli color rame sullo sfondo grigio della terra, all'improvviso
la pista peggiora rallentando di parecchio la nostra velocita'.
Ci sono infatti infinite serie di cunette alternate a dossi che
trasformano l'abitacolo del pick-up in qualcosa di piu' simile ad
un cavallo impegnato in un pazzo rodeo: ci mancano solo una musichina
country ed un cappello sventolato per aria e siamo a posto !! La
pista inizia poi a salire ed il fondo sabbioso costellato di profonde
impronte di zoccoli bovini rallenta ulteriormente la nostra andatura.
Quando giungiamo sull'asfalto a livello di un villaggio non segnato
sulla nostra mappa, tiriamo un sospiro di sollievo ed i nostri orologi
segnano gia' le 12 e 30.
L'asfalto ci porta a Khakhea che superiamo senza fermarci. Proseguiamo
verso Sekoma, dove secondo la nostra mappa dovrebbe esserci un benzinaio.
Non trovandolo, chiediamo informazioni ad un uomo alla guida di
un camion per il trasporto del carburante fermo ad un incrocio.
Questi ci dice che qui non ci sono distributori e va a chiedere
ad altre persone dov'e' quello piu' vicino. Scende e si avvicina,
seguito da me, ad una fila di capanne di lamiera dove alcune persone
stanno, apparentemente senza nulla da fare, a fumare e a guardarsi
intorno. La loro risposta e' che a Juaneng c'e' un benzinaio, 86
km verso est da qui. Noi dovremmo trovare ed imboccare una pista
che da qui vicino si diriga direttamente verso nord, per poter raggiungere
prima del buio la riserva di Kutse; non essendo condizionati alla
benzina avremmo deciso di posticipare il rifornimento e domandiamo
alle persone se conoscono la pista che interessa a noi. Ci rispondono
che... ...continua sul nostro Libro
Botswana
Venerdi'
4 Agosto
Al freddo pungente della mattina rispondiamo con una stupefacente
doccia calda bollente nel bagno di uno dei bungalow (veramente belli,
sia dentro che fuori !). Ne usciamo rinati ! Colazione all'aperto
sul bordo della piscina, giro per scattare alcune foto ricordo,
saldo del conto quindi partenza. Dopo un tentativo - fallito - di
acquistare legna presso un minuscolo villaggio (gli uomini l'avevano
finita e non avevano alcuna voglia di andare a cercarne per noi
!!) ci dirigiamo verso il gate della riserva fermandoci tre volte
a raccogliere legna con la nostra accetta: l'antica arte dell'arrangiarsi
torna utile anche qui ! Con il pick-up pieno di rametti e radici
secche, entriamo nel Kutse. Paghiamo circa 40 euro per la prossima
notte all'interno del parco. Quasi subito incrociamo una jeep, poi
piu' nulla fino alla piazzola KH20, dove un vero e proprio accampamento
di sudafricani ci coglie alla sprovvista: 8 tende a terra, 3 jeep
e filo per stendere il bucato ! Stanno qui tre giorni per dirigersi
poi a nord, verso il Central Kalahari dove invece noi siamo diretti
domani mattina. Ci indicano sulla mappa la pozza d'acqua dove oggi
hanno avvistato due grossi leoni: e' poco distante cosi' decidiamo
di andarci subito. Ovviamente quando arriviamo noi il posto e' deserto
! Lungo la stessa pista incontriamo un'altra pozza dove scorazzano
alcuni splendidi orici dal portamento fiero.
Proseguiamo la pista e ci fermiamo a pranzare in una piazzola, null'altro
che uno spiazzo rotondo rubato alla savana che qui intorno si presenta
come una distesa di altissima erba gialla. Ci sentiamo in effetti
un po' chiusi qui dentro, senza panorama e con l'idea di vedere
in ogni istante sbucare un felino affamato dall'erba alta, ma lungo
la pista non ci si puo' fermare senza bloccare la strada a qualche
altra jeep. Il pranzo sara' veloce !
Arriviamo nel tardo pomeriggio alla nostra piazzola che si trova
in posizione sopraelevata sul pan asciutto. Orici, struzzi e springbok,
ma niente leoni. Anche per tutto il pomeriggio, scorazzando sulle
piste della riserva, abbiamo sperato di avvistare qualche felino,
senza successo.
La temperatura e' decisamente piu' mite degli ultimi giorni e ci
godiamo il bel fuoco prima di ritirarci.
Sabato 5 Agosto
Al mattino diamo un'ultima occhiata al pan, niente leoni: possiamo
partire. Oggi attraverseremo il Kalahari, una delle zone piu' inospitali
e deserte del Botswana, una distesa di sabbie antichissime coperte
di vegetazione. E' in assoluto l'area protetta piu' vasta di tutto
il continente africano e copre la ragguardevole superficie di quasi
53 mila km quadrati !
Il popolo dei San che abitava qui dice che di notte, nel Kalahari,
si sentono cantare le stelle. E deve essere cosi' per forza, visto
che il silenzio e' pressoche ' assoluto soprattutto nella stagione
secca. Anche gli animali, infatti, preferiscono spostarsi verso
nord dove aumenta la possibilita' per loro di trovare l'acqua. Uscendo
dal Kutse, che fa comunque parte del piu' vasto parco del Cental
Kalahari, un cartello di legno posto virtualmente sul suo confine
cita: Xade 250 km. La traversata sud-nord ci impegnera' l'intera
giornata, dall'alba al tramonto, con picchi di velocita' massima
intorno ai 35-40 km orari. In taluni punti si abbassera' effettivamente
fino a 20 km orari, specialmente negli ultimi 30 km a causa di cunette
e dossi molto ravvicinati.
La vegetazione che ricopre la sabbia muta di aspetto di ora in ora:
cambia l'altezza ed il numero delle acacie, dei cespugli arsi e
spinosi, si attraversano immense praterie di sottili fili d'erba
gialla piegati dal vento, si percorrono veri e propri filari di
alberini dalle foglie sorprendentemente verdi che ricordano i nostri
frutteti.
Incontriamo lungo la pista un minuscolo villaggio, chiuso in un
recinto di fascine. All'interno giacciono alcune capanne di paglia
e fango e sembra deserto. Dopo un paio di minuti, pero', notiamo
un paio di teste sbucare da una capanna; sono due donne che vengono
molto timidamente verso di noi. Con loro c'e' una bambina che sembra
quasi spaventata. Noi siamo gentili, sorridiamo e cerchiamo di salutarli:
questo basta a far sciogliere un poco la loro diffidenza ed iniziano
lentamente a sorridere anche loro. Si avvicina alle nostre spalle
un uomo, forse il capo del villaggio ormai ridotto forse a una o
due famiglie: ha un'accetta in mano e ci chiede del latte. Noi abbiamo
solo dello yogurt alla banana e loro lo accettano e scoppiano questa
volta a ridere tutti quanti insieme all'idea di bere del latte alla
banana, forse non hanno idea di cosa sia lo yogurt !!
Dopo questo villaggio non ne incontreremo altri, sebbene la nostra
mappa ne indichi diversi nei pressi della pista e questo ci fa riflettere
su un'amara realta'.Un tempo, questa era la terra dei boscimani,
un fiero popolo di cacciatori e raccoglitori che ha vissuto qui
per migliaia di anni, in equilibrio perfetto con la dura natura
che rappresentava assolutamente tutto per ciascuno di loro. Poi
e' arrivato l'uomo bianco e tutto e' andato lentamente sciupandosi.
Sono nati i pascoli per il bestiame domestico, le riserve di diamanti,
la caccia grossa ed indiscriminata che ha decimato gli animali che
i boscimani cacciavano unicamente per il loro sostentamento, il
bracconaggio. Per questi motivi il governo, con la scusa di tutelare
la fauna selvatica, ha trasferito forzatamente interi villaggi verso
il nord, soprattutto a Xade. Devono integrarsi, e' stato detto,
e l'unica cosa che hanno ottenuto e' far diventare questi fieri
uomini della savana servi dell'uomo bianco negli allevamenti dei
coloni. Un'altra vergogna, un altro sopruso, un'altra prepotenza
ai danni di un popolo che e' stato quasi cancellato.
Noi pero' abbiamo visto che qualcuno ancora resiste, nonostante
le nuove leggi e persevera a vivere la propria vita nella propria
terra a proprio modo !
Torniamo sulla pista: alcuni tratti con sabbia profonda vengono
agilmente superati in seconda, per il resto e' quasi del tutto di
terra battuta e corre in pianura anche se uno strano fenomeno allucinatorio...
...continua sul nostro Libro
Botswana
Domenica 6 Agosto
La temperatura e' tornata ad abbassarsi: al nostro risveglio abbiamo
scoperto che la condensa all'interno della tenda si e' solidificata
formando uno strato di ghiaccio !
Alle otto partiamo in direzione Letiahau ma il panorama e' piuttosto
monotono. In prossimita' del Piper Pan ci si presentano due loop:
lungo il primo notiamo enormi impronte di leone proprio sulla sabbia
chiara della pista. Corriamo attorno ad un mare circolare di erba
gialla, enormi termitai grigio chiaro simili a troni svettano sul
terreno pianeggiante e splendidi alberi detti "ghost trees"
(alberi fantasma) ci rallegrano la vista con i loro intrichi di
rami dalla corteccia levigata e rossastra !
Lungo il secondo e piu' breve loop non avvistiamo nulla di particolare.
Torniamo sulla pista principale verso Letiahau, dove dopo aver incrociato
una jeep che non si ferma neppure mezzo secondo per salutarci (viene
spontaneo fermarsi e fare due chiacchiere con quei pochi esseri
umani che si incontrano a queste latitudini ... ma probabilmente
non e' cosi' per tutti !) incontriamo due dolcissime giraffe solitarie
! Chissa' cosa mangiano qui ? Non ci sono alberi alti, solo erba
e cespuglietti bassi.
A meta' pomeriggio arriviamo a Lepobolobolo, ovvero il nostro campo
di questa notte (CKL3). Si trova sotto un magico boschetto di alte
acacie verdi che vediamo avvicinarsi nella savana come un miraggio;
i raggi del sole calante penetrano fra i rami colorando di un giallo
arancio l'erba a terra ed il gioco di luci ed ombre fanno di questo
posto un luogo fatato. A renderlo poi ancor piu' magico, inizia
dopo il tramonto un concerto impressionante di mille grilli (o qualcosa
di simile !) che cantano all'unisono dando vita ad una colonna sonora
senza eguali !
Lunedi' 7 Agosto
Con le dita ancora ghiacciate per aver lavato i piatti della cena,
saliamo sulla jeep e partiamo sulla pista lasciata ieri sera. Incontriamo
altri boschetti di acacie attraversando la vasta Deception Valley.
Avvistiamo due sciacalli, uno strano e non identificato animaletto
peloso impegnato a scavare con i lughi artigli affilati, un numeroso
gruppo di gnu, molti springbok vicini alla psta.
Poi iniziano grosse buche tanto che in certi punti sono nate piste
altrenative per evitare zone davvero disastrate.
Molte volte le nostre narici avvertono un odore acre e persistente:
ci piace pensare che siano i leoni che marcano il loro territorio
e ridiamo divertiti quando ci accorgiamo che abbiamo entrambi il
viso fuori dal finestrino ad aspirare avidamente questo odore che
per noi e' profumo ! Peccato non poterne portare a casa un po' ...
il tempo affievolira' fino a far scomparire questo ricordo.
Sul finire del parco si giunge ad un desolato "ufficio turistico"
con tanto di capanne chiuse e di tettoia sotto cui sono esposti
i crani di alcuni degli erbivori che popolano questa regione oltre
al bacino enorme di due giraffe e tre carapaci di tartarughe lunghi
almeno 30 cm !
Dopo questo posto la pista si trasforma in un susseguirsi di dossi
ampi e morbidi che trasformano l'auto in un motoscafo che solca
le onde. Ci sono anche moltissimi alberini in questa zona tanto
che si ha l'impressione di attraversare un bosco. All'improvviso
eccoci davanti al gate di uscita dal parco, dove un ragazzone nero,
solo ed abbandonato, ci fa firmare il solito registro. Proseguiamo
per fermarci poco dopo per un pranzo frugale. Quando ripartiamo
guadagnamo in pochi chilometri l'asfalto, dove fotografiamo con
un certo orgoglio l'enorme cartello che indica che abbiamo portato
a termine la traversata del mitico Central Kalahari !
Nel paese di Rakop facciamo benzina ad una spettacolare pompa a
mano, roba d'altri tempi e d'altri mondi ! Dato che il serbatoio
del nostro mezzo contiene benzina per quasi 800 km, la ragazza dal
grande cappello di paglia come unica ombra fa una gran fatica. Decidiamo
non senza divertimento di darle il cambio e lei accetta molto volentieri:
e' veramente faticoso ... dopo pochi minuti abbiamo il fiatone !
Si raduna ben presto un folto gruppo di bambini incuriositi dallo
strano spettacolo e il tutto finira' con qualche fotografia ed una
bottiglietta di fresco succo di frutta !
Ne approfittiamo anche per acquistare qualcosa da mangiare e da
bere nel piccolo negozio lungo la strada e poi riprendiamo il nostro
peregrinare. Seguiamo ancora il nastro di asfalto e poi inbocchiamo
la pista che ci conduce sul far della sera al Xwaraga Campsite,
adiacente al Leroo-La-Tau Safari Lodge. Lungo l'ultimo tratto della
stretta pista chiusa fra gli alberi, facciamo un incontro sensazionale:
una donna tutta vestita di sgargianti colori che porta in bilico
sulla testa un'enorme fascina di legna. Noi ci fermiamo, lei si
ferma, iniziamo a "dialogare" come solo fra persone che
non hanno nessuna lingua in comune puo' avvenire e a forza di gesti
e di risate riusciamo a donarle un pacchetto di farina che le da'
una gioia immensa: la guardiamo allontanarsi mentre continua a ridere
come una matta finche' non sparisce fra gli alberi !
Al lodge non ci prendono neppure per la cena: sono pieni pieni.
Cosi', dopo aver occupato una piazzola all'adiacente campsite, ci
concediamo una doccia alle rustiche toilette e poi andiamo comunque
a fare un giro nel lodge. La cosa incredibile di questo posto e'
che... ...continua sul nostro Libro
Botswana
Martedi' 8 Agosto
Oggi
attraverseremo la riserva chiamata Makgadigali, sul cui terreno
si trova il campeggio dove abbiamo appena dormito. Dal campeggio,
pero', per entrare nella stessa riserva bisogna dapprima uscire,
percorrere una pista che corre fra due alte recinzioni elettrificate
e solo dopo alcuni km entrare attraverso un cancello con il chiavistello
ricoperto di spessa gomma all'interno della riserva. Il gate dove
pagheremo 290 pula per il permesso di attraversare in giornata la
riserva si trova qualche km piu' in la'. Un ranger ci da' la mappa
su cui poi ci indica i punti migliori dove scendere al fiume per
poter vedere gli animali. Qui abbiamo imparato che entrare in una
riserva in Botswana senza la prenotazione non si puo' se si vuole
passare li' dentro una o piu' notti (se poi ci sono dei posti disponibili
ti fanno entrare comunque ma e' un rischio nei periodi di alta stagione
visto che sono in genere pochissime le aree dove si puo' campeggiare
!!) mentre si puo' tranquillamente se si vuole semplicemente attraversarla
in giornata.
Vorrei soffermarmi un attimo sulla recinzione elettrificata. Questa
lunghissima rete, alta piu' di due metri, venne fatta costruire
dal governo nel 1954 per un motivo specifico: salvaguardare la selvaggina
dalla possibilita' di contrarre l'afta epizzotica che colpiva in
maniera sorprendente i capi di bestiame degli allevatori. Si decise
che tale barriera avrebbe diviso fra loro i pascoli degli stessi
allevatori - che ovviamente si accaparrarono il nord del paese,
piu' ricco d'acqua e dunque piu' fertile - ed i territori selvaggi
dove la fauna selvatica avrebbe vissuto "protetta" dall'incubo
dell'afta. Quasta idea, che parti' come un buon proposito nei confronti
della selvaggina, divenne invece una trappola mortale per migliaia
e migliaia di animali che, durante i periodi di grande siccita',
come ad esempio quello del 1983, cercarono disperatamente di raggiungere
le zone piu' settentrionali dove il loro codice genetico ricordava
esserci acqua e dunque vita, per poi morire tutti lungo questa terribile
rete. Sono purtroppo famose le foto strazianti di tanti animali
morti stecchiti sotto la rete con le pozze colme d'acqua dall'altra
parte. Ebbene, sono diversi anni che i movimenti ambientalisti,
come ad esempio Conservation International, cercano di dialogare
con il governo del Botswana proponendo l'attuazione di "canali"
che consentirebbero i flussi migratori della fauna selvatica durante
i periodi peggiori ... ma ancora nulla si e' mosso in questo senso.
E sapete qual'e' la cosa piu' assurda ? Che non e' ad oggi stata
ancora appurata scientificamente la possibilita' di trasmissione
dell'afta epizzotica fra specie domestiche e specie selvatiche ....
roba da fare accaponare la pelle ....
Con questi tristi pensieri in testa, e con la visione proprio dello
scheletro di una zebra sulla pista che stiamo percorrendo fra le
due alte reti metalliche, penetriamo nella riserva Makgadigali.
Percorriamo la pista sabbiosa dapprima in pianura, poi in discesa
ripida verso il letto del fiume Boteti attraverso l'accesso indicatoci
dal ranger. Giunti qui, ci fermiamo subito e spegnamo il motore:
una fila lunghissima di gnu si sta compostamente dirigendo verso
una pozza alla nostra sinistra: restiamo con le narici e le orecchie
aperte a vivere questo angolo di mondo preistorico, dove solo noi
siamo gli intrusi. Ci siamo infatti mossi abbastanza presto questa
mattina e non incontriamo altri veicoli in tutta la riserva. Quando
gli gnu sono passati, con cautela attraversiamo la valle fluviale
seguendo sempre le tracce che costituisco la pista principale. Ora,
alla nostra sinistra c'e' un folto gruppo di zebre e di gnu che
si mescolano tranquillamente fra loro: sembrano persone che passeggiano
per le vie pedonali di una grande citta'. Ogni tanto si sente il
lamento di un cucciolo che chiama la mamma e fa una gran tenerezza
!
Proseguiamo lungo la pista ed arriviamo in un luogo che sulla mappa
e' descritto come "Hippo Pool": c'e' una pozza abbastanza
grande d'acqua che riflette il blu del cielo e sulla riva opposta
a quella dove ci troviamo noi notiamo quattro enormi sassi grigi
e levigatissimi ... che si rivelano essere, ad un esame piu' attento
col binocolo, quattro ippopotami stravaccati ed immobili ! Solo
una codina o una piccola orecchia sventola ogni tanto per scacciare
qualche insetto noioso.
Torniamo sulla pista che corre in alto e che percorre verso nord
la riserva. Sul fondo sabbioso incontriamo spesso impronte e cacche
di elefante, ma dei pachiderma per ora nessuna traccia ! Alcuni
Kudu femmina fanno capolino fra gli arbusti ed e' sempre una gioia
vederli !
Ad un certo punto, sulla pista vediamo due uomini venirci incontro:
sono a piedi ed il piu' giovane ha un bastone in spalla con una
bottiglia d'acqua che pende all'estremita' posteriore. Siamo stupiti,
che ci fanno due persone a piedi in una riserva ? O sono indigeni
oppure sono ... bracconieri. Ci si gela il sangue quando per un
attimo confondiamo il bastone del giovane con un fucile ! Ed invece
si tratta di due allevatori che hanno perso due delle loro capre:
qualcuno le avrebbe viste addentrarsi quella stessa mattina nella
riserva e ci domandano se per caso le abbiamo viste. Povere bestie,
crediamo che non abbiano fatto una bella fine ...
Poco dopo questo insolito incontro raggiungiamo l'asfalto: la riserva
e' finita e da questa parte non ci sono ne' sbarre ne' gate. Voltiamo
a destra.
Pochi km ed imbocchiamo una nuova pista che si dirige decisa, larga,
sabbiosa e piatta verso la riserva Nxadi. Si rivelera' abbastanza
deludente: l'unica pozza e' secca, ci sono solo pochi scheletrici
springbok e due sciacalli che attendono solo che una delle loro
prede si sdrai sfinita dalla sete. Dove la pista compie un anello
che si chiude su se stesso, pranziamo all'ombra: c'e' un caldo allucinante.
Poi, dopo un caffe' che speriamo ci doni un poco di energia per
arrivare sani a sera, usciamo dalla piccola riserva Nxadi e percorriamo
a ritroso una parte della pista larga, sabbiosa e piatta che ci
ha condotto qui. Dopo 17 km pieghiamo a sinistra, direzione: Baine's
Baobab. La pista attraversa distese piatte di gialla erba accarezzata
dal vento per poi scivolare accanto a sorprendenti ed abbaglianti
"salar" di forma piu' o meno circolare di un bianco che
acceca ! Ne attraversiamo uno piuttosto vasto con il fuoristrada
e sembra di viaggiare sulla neve ! Ad un certo punto, all'orizzonte,
un miraggio di baobab rossi si rivela ai nostri occhi sbigottiti:
siamo arrivati al Baine's Baobab, un boschetto microscopico di una
decina di splendidi baobab che resistono uniti nel bel mezzo di
questo mare di sale ! Ci portiamo a piedi nel mezzo del boschetto
e restiamo come paralizzati da tanta meastosita': ci sentiamo piccoli
esseri insignificanti mentre questi giganti ci guardano benevoli
dall'alto delle loro migliaia di anni. Abbiamo letto che la crescita
di questi alberi e' piuttosto rapida nei primi 270 anni, poi rallenta
moltissimo; fioriscono fra ottobre e dicembre ma i loro grandi fiori
bianchi stanno aperti solo 24 ore ! La leggenda vuole che il Creatore
si arrabbio' moltissimo contro questi alberi, li sradico' dal suolo
e quando torno' a gettarli nuovamente verso la terra essi vi si
conficcarono a testa in giu'. In effetti, sembrano proprio radici
questi loro rami paffuti e levigati. I boscimani li considerano
sacri e non si fermano sotto di essi a dormire.
Al di la' del boschetto torna il candido salar e noi vi viaggiamo
nuovamente sopra in direzione di una seconda isoletta di terra dove
e' consentito accamparsi. Ma quando arriviamo abbiamo un'amara sorpresa...
...continua sul nostro Libro
Botswana
Mercoledi'
9 Agosto
Con la luce del nuovo giorno diamo un'occhiata piu' attenta al lodge.
Costruito secondo l'antica architettura tradizionale degli uomini
del bush, possiede un'area adibita al campeggio che dista circa
200 metri dal gate principale e dalla reception - ristorante. Il
campeggio ha sei piazzole distanti fra loro (40 pula per notte)
ed alcune capanne per chi non ha la tenda con se'. Queste si dividono
in due tipi, uno piu' economico (130 pula) piu' semplce e spartano,
ed uno piu' curato e caro (550 pula). Entrambe hanno forma conica
e le pareti sono costituite di fascine di legna molto adese fra
loro. Sono splendide anche le due capanne gemelle dei servizi igienici:
a base circolare e del diametro di 25 metri circa, portano sulle
pareti esterne disegni simbolici distinti su quella degli uomini
e su quella delle donne, una fila di pali conficcati nel suolo forma
una sorta di porticato che sorregge il tetto spiovente. All'interno
la poca luce proviene da lampadine sulle pareti, protette da un
cono di legnetti: l'atmosfera e' calda ed avvolgente. Un'isola centrale
di fango compresso e lucidato tanto da sembrare ceramica accoglie
su tre gradini concentrici quattro lavandini, ciascuno con la sua
saponetta ed il suo picolo specchio di ferro battuto a forma di
fiore. Fre i lavandini ci sono ciotoline colme di preservativi,
sopra ai quali c'e' la scritta "NOT FOR SALE", un estremo
tentativo di arginare quell'orrenda piaga che e' il diffondersi
dell'aids fra un numero purtroppo crescente di persone qui in Botswana.
Anche all'interno delle porte dei vani doccia e wc ricavati lungo
la circonferenza della capanna, sta un cartello che cita: "Being
HIV positive is not a death sentence. Essere positivi all'HIV non
e' una sentenza di morte; vieni a fare gratuitamente il test per
l'HIV presso i centri specializzati. Se diagnosticata in tempi brevi,
la malattia puo' essere tenuta sotto controllo con una spesa di
circa 100 euro al mese, mentre se diagnosticata tardivamente, possono
essere necessari fino a 1000 euro al mese. Dopo il primo anno di
contributi di spesa, il Governo paghera' per te le ulteriori spese."
Purtroppo, anche 100 euro al mese sono una cifra spropositata per
la maggioranza della popolazione.
Per colazione ci offrono squisiti bigne' croccantissimi appena fritti
che rappresentano un ottimo inizio di giornata !!
Usciamo dal lodge e ci dirigiamo nuovamente verso Gweta; qui incontriamo
non poche difficolta' a trovare la pista che abbiamo deciso di seguire.
Anche il gps e' inutile poiche' partono dal paese decine di stradine
che vanno nella stessa direzione, che sarebbe per noi quella giusta
ma che si rivela sempre essere quella sbagliata dopo poco che ne
seguiamo una ! Nel frattempo, scorazzando fra le viuzze sterrate e polverose del paesino, assistiamo a scene di vita autentica
che ci stringono il cuore, come una lezione nel cortile della scuola
cui partecipano indistintamente bambini ed adulti.
Chiedendo ai passanti troviamo finalmente la pista giusta (l'antica
usanza di chiedere alla gente, come vedete, non si perde con l'avvento
della tecnologia !!) quindi ci dirigiamo verso sud, la velocita'
ridotta per la presenza di innumerevoli buche; alberini di aloe
simili a palme in miniatura con un singolare ciuffo sommitale fiancheggiano
la pista in diversi punti.
Incontriamo
un primo gigantesco baobab che si eleva imponente sulla pianura
circostante. Sui suoi rami piu' alti giace un grande nido e dentro
e' accovacciato un pulcino gigante di avvoltoio: allunga il gia'
lungo collo per seguire i nostri movimenti giu' in basso ed ogni
tanto guarda nel vasto blu del cielo se ritorna la mamma. Che tenerezza
... decidiamo di restituirlo alla pace ed alla solitudine del suo
mondo.
Proseguiamo ancora verso sud; la nostra meta e' un secondo baobab,
talmente grande da essersi fregiato del nome di "faro".
E lo vediamo finalmente, ci guida davvero come fosse un faro, un
groviglio imponente di rami rossi che svettano sopra ai cespugli
bassi della savana. Con un diametro alla base di ben 25 metri, il
Green Baobab (dal nome dell'esploratore europeo che per primo lo
vide) e' costituito da sei fusti fusi fra loro alla base. Su ciascuno
di essi, ad una certa altezza, partono rami minori e da questi rametti
piu' piccoli e cosi' via, creando un fantastico e complesso ombrello
rosso. Ha una grande fessura fra due tronchi e la leggenda vuole
che pioneri ed esploratori lasciassero le loro lettere proprio qui
dentro, trasformando "il faro" in una sorta di "ufficio
postale della savana" !
Qui vicino incontriamo tre giovani che camminano, stanno tornando
al loro villaggio portando con se' alcune radici dalle quali, ci
raccontano, ottengono un decotto che serve a ripulire l'intestino.
Lasciato il Green Baobab alle spalle, la pista si lancia verso un'incantevole
ed abbagliante zona di grandi salar, cosi' vasta che si vede anche
dalla luna. Scendiamo e camminiamo sulla crosta dura e screpolata,
una distesa di zolle la cui superficie si accartoccia su se stessa
per effetto della secchezza dell'aria. Durante la stagione delle
piogge, questi salar si trasformano in immensi acquitrini e circolare
con un'automobile diventa impensabile. Ora la stagione e' secca
e la crosta di sale e' compatta e durissima.
Un giro ad anello in questa zona ci porta fin sulla sommita' di
una bassa duna dalla quale si riesce a dominare l'ambiente circostante:
restiamo in piedi accanto ad un paletto che forse una volta portava
un cartello ed ascoltiamo per lunghi minuti il vento che spazza
questa immensa distesa selvaggia.
Torniamo indietro al Green Baobab e ci fermiamo in prossimita' di
due villaggi. Arrivati al primo, piuttosto grande con un grande
recinto di legni tutto intorno, scendiamo ed aspettiamo che un giovane
timido e serio ci si avvicini: gli domandiamo se la pista che vediamo
oltre il suo villaggio conduce a Kubu Island e lui ci risponde affermativamente.
Poi gli doniamo un pacco da un chilogrammo di farina ed una scatolina
di fiammiferi ed il suo viso si addolcisce: accetta il nostro dono
che noi consideriamo un ringraziamento per il fatto che ci lascia
scorazzare sulla terra che, tutto sommato, secondo noi appartiene
alla sua gente. Mentre siamo ancora in sua compagnia, alle nostrte
spalle udiamo un rumore di zoccoli al galoppo e, scena degna di
un vero film western, assistiamo all'arrivo di due ragazzi in sella
a due cavalli con un puledro tenuto per le redini. I tre si salutano
e scambiano qualche parola, al che noi decidiamo di togliere il
disturbo e di lasciare questa gente alla propria vita.
Al secondo villaggio, tre sole capanne chiuse in un rudimentale
recinto, ci accolgono tre giovani, l'anziana e pittoresca madre
ed un dolcissimo cucciolo di cane ! Qui i cani sono tutti assolutamente
identici, biondi a pelo corto, di taglia medio piccola: sono utilissimi
perche' cacciano i serpenti. Questo cucciolo rappresenta un'ottima
scusa per una sosta e questi tre ragazzi sono molto piu' espansivi
del primo, parlano un buon inglese e da loro veniamo a sapere che
si cibano di verdura che a fatica riescono a coltivare su questo
terreno arido (vediamo alcune grosse zucche stese a terra fra le
capanne) e che vanno a prendere l'acqua ad una pozza qui vicino.
Ogni tanto vanno a piedi al paese di Gweta per il mercato.
Adoriamo questi piccoli villaggi perche' ci ricordano che esistono
ancora esseri umani in grado di vivere in simbiosi con la natura
senza doverla per forza modificare. Una volta ho letto da qualche
parte che il grado di intelligenza di un essere vivente si misura
in quanto questo riesca ad adattarsi all'ambiente circostante nelle
piu' diverse situazioni. Da questo punto di vista questa gente,
questi pastori, questi contadini sono di gran lunga molto piu' intelligenti
di noi !
Torniamo sulla nostra pista e ben presto passiamo accanto ad una
considerevole quantita' di animali domestici, soprattutto mucche:
ecco la pozza alla quale vengono ad approvigionarsi d'acqua gli
abitanti dei villaggi sparsi in questa zona ! Lungo la pista incontriamo
anche i resti diroccati di due capanne e ci fermiamo ad osservarli
da vicino: le pareti rotonde sono spesse circa quindici centimetri
e sono costituite di un impasto di fango grigio e ciuffi d'erba.
Non c'e' piu' traccia del tetto ma all'interno e' ancora visibile
l'angolo in cui doveva esserci il focolare e sul muro una piccola
sporgenza che doveva servire da mensola.
Arriviamo finalmente al cancello della riserva di Kubu Island: un
guardiano viene ad aprirci e quando noi gli chiediamo quanto dobbiamo
pagare, lui ci spiega che pagheremo una volta giunti all'isola.
Alla nostra destra si innalza un grande cartellone con i prezzi
che i veicoli e le persone devono pagare: se quest'uomo avesse voluto
fare il disonesto ci avrebbe fatto pagare anche qui ... non saremmo
mai tornati indietro per farci restituire i soldi ! Ma qui in Botswana
corruzione e malafede presso la gente comune sono concetti che non
esistono proprio: ecco perche' e cosi' facile innamorarsi di questo
popolo !
La pista raggiunge in poco tempo un grande salar dal nome musicale
di Sowa Pan: sviluppandosi per una settantina di km in direzione
sud-nord e per circa una quarantina di km nel suo punto piu' largo
in direzione est-ovest, questo immenso mare bianco accoglie lungo
il suo margine sud occidentale la mitica isola verso cui siamo diretti.
Rimaniamo sulle tracce ben visibili della pista bianchissima finche'
vediamo stagliarsi davanti a noi un lembo di terra scura. Piu' ci
avviciniamo e piu' non crediamo ai nostri occhi: Kubu Island e'
favolosa. Alta non piu' di venti-trenta metri sul salar, Kubu e'
un monumento nazionale ed e' protetta pur non facendo parte delle
riserve nazionali del Botswana. E' selvaggissima: chiunque arrivi
qui deve essere assolutamente autosufficiente e puo' rimanere a
dormire in alcune zone stabilite, previo... ...continua
sul nostro Libro Botswana
Giovedi' 10 Agosto
Nottata spettacolare.
Con la luce del sole questo posto perde un po' del suo fascino spettrale
e misterioso ma rivela colori inaspettati e davvero unici. Quando
siamo pronti per partire circumnavighiamo l'isola lungo le sue coste
orientali dove splendidi baobab dal tronco rosso sangue ci salutano
coi loro rami contorti protesi al cielo. A piedi risaliamo gli appena
venti metri di altezza dell'isola lungo un sentiero immaginario
che corre parallelo ad un muro di pietre risalente all'era preistorica,
eretto da chissa' chi e chissa' perche'. Ha la forma di una mezzaluna
e vi sono stati trovati accanto vari manufatti di origine tuttora
ignota. La vista dall'alto e' bellissima e lo sguardo spazia sul
deserto bianco che ci circonda.
Una pista diversa da quella di ieri sera ci allontana da questa
meraviglia del Botswana e ci porta al gate, sulla terra "ferma".
Qui pieghiamo verso est su una pista molto lenta perche' dissestata,
piena di buche insidiose che si celano sotto la folta ed alta erba
gialla. Venti minuti circa e guadagnamo di nuovo il salar: la pista
ora piega decisamente verso nord rimanendo parallela alla terra
ed inizia la navigazione sul mare di sale, candido, piatto ed accecante.
Fa una certa impressione procedere su questo terreno, solido ma
al tempo stesso friabile, le zolle crocchiano sotto il peso del
Nissan ed il sole riflette come sulla neve. Cerchiamo di seguire
le impronte di pneumatici delle poche auto che ci hanno preceduto
dopo la fine della stagione delle piogge ma non sempre e' cosa facile;
spesso infatti le impronte ci porterebbero verso il centro del salar,
in prossimita' del cosiddetto "occhio" dove la crosta
di sale e' piu' sottile. Noi scegliamo di rimanere paralleli alla
terra che scorgiamo sulla nostra sinistra poiche' anche se sotto
di noi il terreno e' duro e resistente non possiamo sapere cosa
ci aspetta dieci o venti metri piu' a destra e quello che si rischia
e' davvero eccessivo. Siamo soli qua in mezzo e la prudenza non
e' mai troppa !
Sul finire della pista
incontriamo delle piramidi di cemento dipinte di uno sgargiante
arancione, colore molto visibile e percio' facile da seguire; alte
circa un metro e mezzo e costruite nel 1988 per aiutare proprio
chi si avventura su questa pista, ci terranno compagnia fino a raggiungere
l'asfalto. Nel frattempo il terreno e' mutato gradualmente: lasciato
il bianco abbagliante del sale ora corriamo su un terreno piu' scuro
dove azzardano alcuni ciuffi di erba gialla che ci fanno tenerezza
se pensiamo all'ambiente ostile in cui vivono. Poi l'erba prende
il sopravvento e ci circonda completamente... ...continua
sul nostro Libro Botswana
Venerdi' 11 Agosto
Sveglia alle 6 e 30, colazione abbondante e poi si parte verso gli
uffici del confine: qui ci rilasciano subito e del tutto gratuitamente
il visto per uscire dal Botswana ed il foglio di via per l'automobile.
Ora siamo pronti per attraversare lo Zambesi, il confine naturale
fra i due paesi quassu' al nord. Ci mettiamo diligentemente in coda
per salire sul traghettino che fa la spola fra Botswana e Zambia,
due paesi diversissimi abitati da gente, come avremo modo di imparare
fra pochissimo, molto diversa. Per il momento siamo ignari di tutto
e quando tre ragazzi si avvicinano sorridenti a noi e ci indicano
dove andare con l'automobile, noi rispondiamo allegri, grati per
la sollecitudine con cui lavorano gli addetti al traghettamento.
Il traghetto arriva e dopo aver scaricato qualche camion ci fanno
salire a bordo; i tre individui salgono con noi. Dopo pochi minuti
siamo dall'altra parte e scendiamo in un mondo opposto a quello
che abbiamo appena lasciato. Quello era tranquillo, pulito, ordinato
e con poca gente; qui e' tutto sporco, c'e' un fermento pazzesco,
non si capisce niente e noi restiamo per un attimo interdetti. Sappiamo
che dobbiamo ottenere alcuni documento per poter circolare con l'auto
sulle strade dello Zambia ma non sappiamo dove andare. Arrivano
in nostro aiuto i tre individui: ci indicano dove posteggiare l'auto,
dove andare per il primo documento e non ci lasciano neppure un
secondo, non ci tolgono gli occhi di dosso. Noi entriamo nella penombra
di un ufficio dove abbastanza velocemente ci rilasciano per 20 dollari
americani la ricevuta del pagamento del traghetto. Quando usciamo
i tre individui ci consegnano tre fogli che secondo loro sono i
restanti documenti indispensabili. E qui scatta l'imbroglio: ci
chiedono il rimborso per il lavoro che hanno cosi' volenterosamente
svolto per noi (sui fogli c'e' il numero di targa del nostro Nissan,
ovvero sono realmente stati fatti apposta per noi !) che ammonta
ad un bel po' di quecia (la moneta locale). Ma noi non abbiamo che
pula, euro e dollari americani con noi per cui, quando rendiamo
partecipi di cio' gli individui, essi si illuminano tutti e ci fanno
il calcolo del cambio: vogliono 90 dollari. Ormai consapevoli del
pasticcio in cui ci siamo infilati con la nostra stessa leggerezza
e con sempre piu' persone che ci fanno capennello intorno per vedere
come andra' a finire la trattativa, iniziamo una disperata ritirata
in un inglese un po' maccheronico che ci faccia uscire con ancora
un po' di dignita' da questa assurda situazione. E' chiaro infatti
che approfittano della nostra ignoranza circa il cambio attuale
fra dollaro e quecia e che la cifra che chiedono e' abbondantemente
superiore a quella che ci verrebbe richiesta in un ufficio di cambio
serio. Cerchiamo di contrattare ma dato che di abbassare la somma
non se ne parla allora tentiamo di giocare d'astuzia: controlliamo
uno per uno i documenti che ci hanno consegnato e ne troviamo uno
del quale la Lonely Planet non fa alcuna menzione: l'assicurazione
dell'auto. Siamo certi che la Camping Car Hire ci copra i danni
anche in Zambia e non vediamo perche' dovremmo essere costretti
a pagare una seconda assicurazione qui: rifiutiamo dunque questo
pezzo di carta e riusciamo a pagare 60 dollari. Sembrerebbe tutto
a posto ed invece no ! Adesso cercano di venderci il "car levi"
per cui sono necessari altri 60 dollari e non ci mollano, ci seguono
come ombre e non ci fanno avvicinare all'auto. La situazione ha
dell'incredibile, solo un'ora fa eravamo rilassati in un paese meraviglioso
ed ora ci troviamo catapultati nella vera Africa, quella dove bisogna
"lottare" sempre e comunque solo perche' tu sei quello
ricco e loro quelli poveri che ti devono spremere per forza. Siamo
stanchi ma non possiamo abbassare la guardia, gli individui ora
si sono fatti minacciosi e se non fosse per quel meraviglioso sole
africano delle 10 del mattino giuro che me la sarei fatta sotto
dalla paura. Ci dirigiamo decisi verso l'ufficio di polizia davanti
al quale ci ha portato nel frattempo il nostro tentativo di fuga
... e qui un omone serissimo ci consegna questo benedetto "car
levi" per due dollari. Due dollari, capite ??? Due dollari
...... Usciamo con le labbra strette e le mani sui fianchi: sanno
anche loro che li abbiamo smascherati ed allora cambiano tattica,
cominciano a chiederci dei soldi non piu' a pretenderli ma secondo
noi hanno avuto anche troppo e ora non ne possiamo davvero piu'.
A larghe falcate guadagnamo finalmente il Nissan e ci chiudiamo
dentro: ora possiamo partire da questo girone dantesco che e' il
porto di confine con il Botswana !
Ecco la lista di cio' che effettivamente serve per entrare con la
propria auto in Zambia... continua sul nostro
Libro Botswana
Sabato 12 Agosto
Ci
alziamo con comodo e dopo colazione ci facciamo chiamare un taxi
dalla scorbutica ragazza alla reception. Arriva Ken, un ragazzone
nero che non sembra invadente e che anzi quando stiamo attraversando
un ponte si accosta per farci scendere: sotto di noi c'e' un ben
nutrito gruppo di elefanti che fa il bagnetto ! Che visione sublime,
che spettacolo poter osservare gli animali nel loro ambiente. Non
ci stancheremo mai di scene come questa ! Di nuovo sul taxi chiediamo
a Ken se e' vero che all'ingresso del parco delle cascate accettano
solo dollari americani e lui risponde che non possono non accettare
la moneta locale perche' sarebbe illegale un comportamento del genere.
In mezz'ora arriviamo al parcheggio dove molti banchetti espongono
splendidi campioni di artigianato zambese. Ci soffermeremo piu'
tardi, ora la nostra attenzione e' rivolta tutta allo spettacolo
naturale delle cascate Victoria ! In biglietteria entra prima Ken
che esce soddisfatto: accetteranno moneta locale ! Paghiamo dunque
36000 quecia a testa ed entriamo, dopo esserci messi daccordo con
Ken che tornera' a prenderci tra 2 ore e mezzo.
Le nostre gambe iniziano a muoversi su di un sentiero in mezzo agli
alberi, fa fresco e anche se ci sono molte zanzare noi stiamo bene,
finalmente in un ambiente che ci e' congeniale e che non sentiamo
ostile. Il sentiero che seguiamo ora si mantiene alto e quasi subito
ci propone la statua rossastra che raffigura proprio Livingstone,
il primo europeo a capitare da queste parti molto tempo fa. Il fragore
alle nostre spalle ci ricorda che non siamo qui per una statua e
ci attira come una calamita. Proseguiamo dunque il sentiero e finalmente
il bosco si apre su qualcosa di incredibile. Una larga spaccatura
profonda 108 metri sconvolge il panorama piatto che da giorni ormai
siamo abituati a conoscere; in essa si getta con incalcolabile potenza
l'acqua del fiume Zambesi, giunta qui dopo aver percorso centinaia
di chilometri e dopo essere nato in Zambia vicino a Mwinilunga.
Il salto si trova sul preciso confine fra due stati, lo Zambia e
lo Zimbabwe; sebbene molte persone preferiscano la vista frontale
sulle cascate dallo Zimbabwe, noi abbiamo preferito godere di una
vista laterale e piu' alta, qui dallo Zambia. Le cascate sono molto
estese - 1,7 chilometri - e noi riusciamo a vederne solo la porzione
orientale ma vi garantisco che lo spettacolo e' magistrale ! Inoltre,
se sul versante dello Zimbabwe che stiamo osservando ora ci sono
diverse costruzioni che stonano assai con lo spettacolo selvaggio
della cascata, qui in Zambia siamo dentro ad un parco che dunque
e' rimasto vergine e percorso solamente da sottili sentieri di terra
o ciotoli. C'e' anche un piccolo ponte di ferro sul quale bisogna
fare attenzione perche' la nebbia di goccioline che si alza dal
fondo della spaccatura e che permane senza sosta sulle cascate ne
rende scivolosa la superficie; bisogna anche proteggere il materiale
fotografico in sacchetti impermeabili ! Il cammino ci porta verso
una seconda spaccatura perpendicolare alla precedente e che rappresenta
il vero confine fra i due stati; qui le acque turbinose del fiume
si incanalano per poi allontanarsi dopo essersi vorticosamente rimescolate
in un enorme calderone spumeggiante che si trova proprio sotto di
noi e sul quale si gode un'impareggiabile veduta alla fine del sentiero.
Torniamo indietro fino all'incrocio con un secondo sentiero che
ci conduce questa volta in basso fino al fiume che si forma raccogliendo
le migliaia di litri d'acqua che sono appena giunti qui dopo l'incredibile
salto: si procede fra l'alta vegetazione e qualche palma e dobbiamo
fare molta attenzione verso la fine poiche' si cammina su pietre
bagnate, scivolose e... ...continua sul nostro
Libro Botswana
Domenica 13 Agosto
E'
tempo di tornare in Botswana ! Ci mettiamo in moto prestino e percorriamo
senza particolari problemi i 100 km che ci separano dal porto. Sostiamo
brevemente a tre posti di blocco dove controllano ogni volta minuziosamente
tutti i documenti che riempiono un'intera carpetta su cui campeggia
in grande la scritta "Zambia"; ad uno di questi paghiamo
il "car levi" per uscire dal paese evitando cosi' una
seccatura in piu' nel girone dantesco. Che comunque ci attende sfregandosi
le mani ! Ci timbrano i passaporti velocemente e varchiamo con il
Nissan il cancello aperto che conduce all'imbarco. Ora dobbiamo
pagare il biglietto del traghetto e qui ci attende un'altra lotta:
accettano solo dollari, quecia o rand (moneta sudafricana) e la
quota ammonta a 20 dollari. Ma noi abbiamo finito i dollari e possediamo
solo pula ed euro ... a nulla vale la nostra spiegazione che l'euro
e' meglio del dollaro in questo periodo, non vogliono sentir parlare
di accettare queste banconote. Allora io provo con una tattica che
mi viene del tutto spontanea: serro le labbra e punto fissi i miei
occhi in quelli del tizio di cui vedo solo la testa dietro all'altissimo
bancone, poi lentamente appoggio sul piano una banconota da 20 euro
e ritiro la mano ma non distolgo lo sguardo finche' non lo distoglie
lui, che a quel punto allunga la mano e fa sparire i soldi con un
gesto furtivo. Che fatica ... ma per fortuna e' andata ! Un consiglio
? Portatevi sempre molti piu' dollari di quanti pensiate vi possano
servire, in Africa non si puo' mai sapere !!
Sul piccolo traghetto un tizio ancora ci tedia cercando di venderci
dei porta documenti plastificati e finalmente sbarchiamo. Avremmo
voglia di scendere e baciare il terreno tanta e' la felicita' di
essere tornati in Botswana ... e invece ci fanno pestare con le
suole delle scarpe un orrendo tappetino puzzolente imbevuto di disinfettante
al punto di controllo veterinario ! Poco importa, all'ufficio immigrazione
ci timbrano di nuovo il passaporto e la grande scritta "Welcome
to Botswana" non e' mai stata cosi' puntuale come in questa
circostanza !
Ci rimettiamo subito in viaggio: meta di oggi il Chobe National
Park. Situato all'estremo nord del paese, questo parco copre un'area
di ben 10 mila km quadrati ed e' per estensione secondo solo alla
Central Kalahari game reserve. L'ingresso si trova vicino alla fine
della cittadina di Kasane ed al gate paghiamo 3 notti, una a Ilaha
nel Chobe e due nel Savuti (che fa sempre parte del Chobe). Entriamo
e percorriamo lentamente la pista sterrata che corre lungo il fiume
che da' il nome al parco: c'e' molta acqua color blu intenso e la
vita attorno ad essa ferve. Facoceri che brucano con le gambe anteriori
ripiegate sotto al corpo, impala dai dolcissimi occhi, splendide
femmine di kudu e poi giraffe che fanno capolino da dietro verdissimi
cespugli, babbuini che giocano coi loro bellissimi scimmiotti e
decine e decine di elefanti ! Ci fermiamo a contemplare gruppi inverosimili
di pachidermi lungo la pista, lungo il fiume, dentro all'acqua,
sulla riva di qua (Botswana) e sulla riva di la' (Namibia): alcuni
gruppi si dirigono lentamente verso l'acqua ed altri gruppi si allontanano
lentamente dall'acqua; quando si incrociano gli individui, del tutto
indifferenti, si ignorano.
Mentre procediamo
ci fermiamo spesso per fotografare o perche' ci troviamo davanti
o di lato gruppetti di elefanti; gli adulti annusano l'aria con
le loro lunghe proboscidi e se ritengono che si nasconda in noi
qualcosa di minaccioso per l'incolumita' della famiglia, subito
aprono gli enormi padiglioni auricolari, abbassono la pesante testa
ed alzano una delle zampe anteriori come per caricare ... noi togliamo
senz'altro il disturbo ! Vedere una cosi' numerosa fauna ci riscalda
il cuore.
Giunge l'ora di raggiungere la postazione di questa notte, piazzola
C14 ad Ilaha sulla riva del fiume ma quando arriviamo... ...continua
sul nostro Libro Botswana
Lunedi' 14 Agosto
Questa
notte abbiamo avuto un bel caldino: il grande gelo del sud e' acqua
passata ! Dopo colazione ripartiamo seguendo il Chobe River in direzione
sud-ovest, ovvero verso il Savuti. Seguiamo per un lungo tratto
le varie anse del fiume poi ci addentriamo in una bella valle laterale
dai colori tenui e rilassanti: incontriamo molte zebre e molte giraffe
fra gli alberi. Tornati al fiume avvistiamo alcuni grossi rapaci
che volteggiano disegnando spirali ascendenti.
Usciti dal Chobe incontriamo lungo l'asfalto un posto di blocco:
controllano che non abbiamo carne con noi poi ci salutano e noi
ripartiamo prendendo subito a sinistra una larga ghiaiata piuttosto
frequentata. Incontriamo diversi villaggi con tanti bimbi che ci
chiedono "sweet"; in uno di questi villaggi ci fermiamo
a comprare acqua e caramelle per i bimbi ed in un secondo villaggio
ci fermiamo per fotografare un albero incredibile, mai visto prima,
i rami carichi di grossi fiori arancioni dai petali gonfi come palloncini.
Superato l'ultimo villaggio la ghiaiata si trasforma improvvisamente
in una sottile pista di profonda e soffice sabbia rossa, spettacolare
da vedere ma insidiosa per i mezzi senza le marce ridotte. Corre
piuttosto dritta fra la vegetazione ed il nostro Nissan sobbalza
e rimbalza ma procede senza problemi. Incrociamo quattro vetture,
poi ne vediamo una ferma in mezzo alla pista. Parcheggiamo un po'
di lato il pick-up e ci avviciniamo per vedere cosa e' successo:
si tratta di un paffuto ragazzo nero che guida una delle vetture
delle escursioni organizzate di un lodge. Stava portando dal meccanico
la vettura che aveva gia' dimostrato cedimenti nei giorni precedenti,
quando improvvisamente, lungo quella pista, si era rotto il meccanismo
che aziona le quattro ruote motrici. Tutto era andato bene finche'
non aveva dovuto rallentare fino quasi a fermarsi per una macchina
che aveva davanti, con l'effetto che non era piu' riuscito a ripartire,
insabbiandosi miseramente. L'autista della vettura davanti non si
era accorto di nulla e se n'era andato tranquillamente, lasciandolo
a scancherare li' da solo. Insieme proviamo a spingere, a mettere
legni sotto la ruota piu' sprofondata affinche' faccia presa, ad
alzare tutto il treno posteriore con un crick a mano ... ma senza
successo. La situazione e' complicata e due ruote motrici non sono
sufficienti. Mentre cerchiamo di escogitare nuove tattiche si avvicina
una terza auto e siamo tutti felici perche' qualcuno in piu' serve
sempre ... ma quando ci rendiamo conto che l'autista anziche' fermarsi
cerca di passare oltre superando sulla destra la vettura insabbiata,
quando vediamo che la sua auto si inclina pericolosamente verso
quella ferma per effetto del bordo di sabbia rialzato di lato alla
pista, quando capiamo che l'autista e' costretto a fermarsi per
non vedere l'auto ribaltarsi sull'altra ... dentro di noi ridiamo
di gusto ! Benone ! Ora ci troviamo con due vetture bloccate in
mezzo alla pista. Esce uno stizzito francese che continua a bofonchiare
"...merd ... merd ..." e prende a girare attorno all'auto
con fare disperato. Escono anche tre distinte signore, con grandi
cappelli calati su candide capigliature e che sembrano molto divertite
da questa avventura: finalmente succede qualcosa di interessante,
sembrano pensare e si scambiano occhiate cariche di gioia. Noi ci
avviciniamo e spieghiamo la situazione al francese, che pero' non
sembra abbia molta voglia di ascoltarci e si avvia ad aprire il
baule della sua auto, estraendone poco dopo una specie di scivolo
a snodo di plastica dura da utilizzare in casi di insabbiamento.
Lo appoggia a terra davanti alle sue ruote posteriori e si mette
alla guida. Noi da dietro spingiamo ma i primi tentativi non danno
esito, ma a forza di dai e dai riesce a muoversi e supera la vettura
ancora miseramente insabbiata del ragazzo. Le tre donne applaudono
ed il francese ancora incavolato per la perdita di tempo scende
senza spegnere il motore e viene a recuperare il suo scivolo. Quando
chiude il baule io e Taddy ci scambiamo un'occhiata in seguito alla
quale ci avviciniamo minacciosi al francese: questa volta gli parliamo
con voce non troppo gentile "Adesso ci aiutera' a spostare
l'auto di quel ragazzo, vero ? Non possiamo mica lasciarlo li' ...".
Lui guarda perplesso verso il ragazzo, che nel frattempo e' sparito
da qualche parte, e sembra accorgersi per la prima volta che li'
c'e' una vettura insabbiata: risponde con un "Certainement
!" e va a spegnere il motore. Tutti insieme, anche le tre signore
dai fluenti cappelli, spingiamo la vettura ... che tutto a un tratto
prende a muoversi dapprima con riluttanza, quindi con resistenza
ma poi sempre piu' liberamente finche' non parte decisa e sicura
e con una scodata si allontana di circa dieci metri ! Esterrefatti
dalla sorpresa gridiamo come matti e mentre i francesi ripartono
in tutta fretta, il ragazzo paffuto ci invita sorridente a guardare
cosa ha fatto: e' riuscito, non capiamo bene come, a collegare una
terza ruota alle due motrici, di modo che ora il fuoristrada ha
tre ruote motrici fisse ! Tutto felice ci dice: "Sono un bravo
meccanico, vero ?". Lo salutiamo con grandi pacche sulle spalle
e vederlo allontanarsi ci mette una gran gioia !
E' ora di ripartire. Lungo la pista che si fa sempre piu' sabbiosa
incontriamo un bivio: il gps ci indica... ...continua
sul nostro Libro Botswana
Martedi'
15 Agosto
Taddy mette per primo il naso fuori dalla tende e le vede. Decide
di non dirmi niente per non rovinarmi la sorpresa, scende ed accende
il fuoco, mette l'acqua a scaldare per il caffe', lo sguardo rapito
su qualcosa che gli fa correre un brivido lungo la schiena ma che
e' anche bellissimo, dolce come il miele ed indimenticabile.
Finalmente anch'io metto la testa fuori dalla tenda e Taddy osserva
sorridente la mia reazione. Sorpresa, incredulita' e subito dopo
la voglia di andare a vedere da vicino. Scendo in fretta, faccio
lentamente un giro attorno al pick-up e quando torno vicino a fuoco
chiudo gli occhi per immaginare la scena.
Notte. Buio. Silenzio. In giro non c'e' anima viva, tutto il mondo
dorme ... beh, non prorpio tutto il mondo: nel folto dalla vegetazione
che circonda la piazzola brillano due occhi gialli. Il leone scivola
fra i rami senza provocare neppure un fruscìo e si ritrova
sotto le stelle: cosa sara' mai questo grosso animale che non odora
ma che dorme ? Annusa l'aria col grande naso stringendo gli occhi:
a dire il vero un odore c'e' ma e' di un qualche animale che non
riconosce come sua preda. Senza togliere gli occhi dal grosso intruso
gira attorno ad esso molto lentamente, guardingo e curioso. Poi
si ferma un lungo attimo, scrolla la testa possente e si allontana
di nuovo fra la vegetazione, di nuovo nel suo mondo, di nuovo fra
gli odori appetitosi che conosce meglio e che gli mettono un certo
appetito ...
Riapro gli occhi e mi siedo sulla sabbia accanto alle impronte fresche
e nitide. Grazie leone per la tua visita: sei stato il benvenuto
anche se non ci siamo accorti di te, silenzioso e curioso re della
foresta !
Dopo colazione partiamo per visitare il parco e lasciamo quasi subito
la pista principale per una appena accennata che scopriamo grazie
al gps. Qui la savana e' bellissima, proprio quella dei documentari;
il colore dominante e' ovviamente il giallo ma ogni tanto una verdissima
chioma di acacia dona una macchia di colore nuovo. Ogni tanto scendiamo
dall'auto e facciamo qualche passo scrutando il terreno: in questo
modo scopriamo un microcosmo che altrimenti resterebbe del tutto
invisibile; notiamo che una stessa piante puo' produrre minuscoli
fiorellini rosa, bianchi e gialli e che le piantine che spargono
nell'aria questo fantastico profumo di menta hanno bellissimi fiori
sferici viola puntellati di bianco. Che regali ci fa la savana africana:
avreste mai pensato di trovarvi il profumo della menta ?!
Alcuni tronchi di traverso sulla pista richiedono tutta la forza
delle nostre braccia per essere spostati di lato.
La pista incrocia molto spesso singolari sentierini che zigzagando
si perdono nella vegetazione rada: ad un esame piu' attento risultano
pieni di impronte di elefanti e di loro grandi ricordini. Vorremmo
scendere dal Nissan, percorrere a piedi questi sentieri, annusare
l'aria e sentirci elefanti anche noi ... non so perche' ma ho sempre
l'impressione che questi sentieri conducano in posti magici dove
l'uomo non ha mai posato e mai posera' piede, una sorta di terra
promessa verso cui ogni animale punta ! Non essendo pero' raccomandabile
allontanarsi a piedi dal proprio mezzo - la zona pullula di leoni
e leopardi - continuiamo a procedere guardandoci intorno con occhi
sgranati. La savana e' diventata cosi' familiare che ci sembra di
essere in questi posti ormai da mesi !
Sulla distesa assolutamente piatta che ci circonda si ergono alcune
collinette sparse: molti anni fa erano molto piu' alte ma l'erosione
le ha ridotte di dimensioni ed oggi raggiungono altezze modeste
che comunque si distinguono bene anche da lontano. Sono le Gubaatsa
Hills. Sotto ad una di queste, la Gobabis Hill, parcheggiamo il
Nissan e scendiamo: la Lonely Planet consiglia infatti di salire
a piedi lungo un sentierino per andare a scoprire alcune pitture
rupestri lasciate dai san 4000 anni fa. Saliamo dunque fra rocce
scure che nascono dal terreno come scaglie verticali ... ma non
siamo tranquilli, infatti... ...continua
sul nostro Libro Botswana
Mercoledi' 16 Agosto
Questa
notte forti folate di vento hanno disturbato il nostro sonno e quando
al mattino usciamo dalla tenda ci accorgiamo che l'aria e' molto
frizzante. Facciamo colazione con una famigliola di impala che bruca
alle nostra spalle. Prepariamo ogni cosa e partiamo che sono le
8 appena passate; imbocchiamo la pista che esce dal Savuti in direzione
del prossimo parco, il Moremi ... quando ci accorgiamo che in prossimita'
di una delle colline visitate ieri ci sono due auto ferme. Quando
in posti come questi si vedono delle auo ferme, si puo' star certi
che c'e' qualcosa di interessante da vedere e cosi' non perdiamo
questa occasione e le raggiungiamo. Usciamo dunque dalla pista principale
per imboccarne una minore e dopo una curva avvistiamo una grossa
sagoma scura; ci avviciniamo un altro po' e capiamo che si tratta
di un esemplare molto vecchio di elefante (lo si intuisce dal fatto
che le zanne sono scure, molto consumate e rotonde sulle punte)
riverso su un fianco e probabilmente morto di vecchiaia. Tutto intorno
alla carcassa ci sono 7 leonesse e 5 cuccioli ... ragazzi, uno spettacolo
fantastico ! Spegnamo il motore ed osserviamo la scena con i binocoli.
Le leonesse sono sdraiate a terra, tranquille e sazie, due di loro
stanno ancora banchettando ma a tratti si addormentano ed hanno
il muso sporco di sangue. Due cuccioli si allontanano dalle femmine
e si avvicinano pericolosamente alle nostra auto, che nel frattempo
sono aumentate di numero ma che si tengono a distanza di sicurezza
ed in rispettoso silenzio. Una delle leonesse controlla i cuccioli
e quando secondo lei essi si sono avvicinati troppo a noi emette
un ruggito sommesso che ci fa tremare. Osservandola col binocolo
i suoi occhi fanno spavento anche se non hanno nulla di minaccioso:
sono gli occhi di un potente predatore e vi garantisco che fanno
un effetto incredibile ! Il cucciolo torna trotterellando vicino
alla madre e dopo essersi strusciato ben bene sul suo muso, inizia
a correre intorno all'elefante e con un saltone gli sale sulla groppa,
subito seguito da un altro cucciolo. Restiamo ad osservare questa
scena familiare per un'ora intera durante la quale arrivano dalla
savana altre leonesse che si uniscono al banchetto. Capito l'irrequietezza
di ieri pomeriggio ?
Decidiamo a malincuore
di lasciare i leoni e ci rimettiamo in moto: ci attendono 47 km
prima di uscire dal Savuti, 47 km lungo un'area che la guida definisce
paludosa ma che di paludoso non ha proprio nulla. Quindi attraversiamo
una distesa gialla con strani cespugli formatisi perche' erba secca
proveniente da chissa' dove e' arrivata fin qui con il vento depositandosi
su altri cespugli dando vita a nuovi cespugli dalla buffa forma
di capanne. Moltissimi uccellini volano o sgambettano via all'ultimo
secondo dalla pista davanti a noi. Poi viene il turno di un vero
e proprio "bosco d'autunno" caratterizzato da alti alberi
dalle foglie rosse, gialle e marron che ricordano tanto i nostri
Appennini d'autunno. Superiamo il gate deserto e poco dopo ci fermiamo
per un pranzetto veloce a base di tonno e fagiolini in scatola.
Dopo aver raccolto qualche pezzo di legno (siamo fuori dal parco
dunque si puo') ripartiamo.
La pista che si dirige ora verso il Moremi e' piena di buche e balliamo
parecchio. Ad una pozza deserta decidiamo di scendere per vivere
qualche istante da animali di savana anche noi: vicino all'acqua
il fango scuro e' pieno di profondi buchi lasciati dalle zampe degi
elefanti; sotto la superficie dell'acqua strani esseri neri e grossi
quanto una falange nuotano a zig zag; le ondine che giungono a riva
sono colorate di rosso. Quest'ultima osservazione ci ricorda che
spesso in Africa pozze e fiumi accolgono altri temibili predatori,
i coccodrilli, per cui giriamo in fretta sui tacchi e torniamo al
Nissan di buona lena !
Poco
dopo il panorama si apre su uno spettacolo mozzafiato, un quadretto
che rimarra' per sempre impresso sulle nostre retine. Siamo sbucati
sul fiume Khwai che scorre placido rispecchiando il blu del cielo
fra erba verde, canne e rami spezzati; la' dove il fiume compie
un'ansa sparendo alla nostra vista, in questo angolo di mondo pennellato
di blu e di verdi sfumati, ci sono quattro elefanti enormi che bevono
tranquilli, ogni tanto appoggiano la proboscide su una delle due
candide zanne come se pesasse troppo e restano immobili per molto
tempo, svolazzando solo le grandissime orecchie per scacciare gli
insetti. Una scena preistorica ...
Ripartiamo: ormai l'ambiente si puo' definire "fluviale"
e tutta la vita si concentra attorno al fiume che si snoda ora a
destra ora a sinistra della nostra pista: siamo penetrati nelle
propaggini orientali del delta dell'Okavango ! Immaginiamo che durante
il periodo delle piogge la pista non esista piu', diventando letto
dello stesso corso d'acqua.
Dopo un'altra curva c'e' un nuovo spettacolo che richiede una bella
sosta: sulla sponda opposta del Kwai un'intera e numerosa famiglia
di ippopotami riposa beata ! Ci sono adulti giganteschi ed alcuni
ciccionissimi cuccioloni !! Con il binocolo entriamo un poco nella
loro vita e ci accorgiamo che ci sono tre adulti in acqua, di cui
vediamo solo gli occhi e la parte sommitale della testa con due
piccolissime orecchie, ed una decina fra adulti e cuccioli sdraiati
a terra ammassati gli uni sugli altri ed assolutamente immobili
fatta eccezione per un orecchio ogni tanto. Ad un certo punto uno
dei cuccioli si alza e visto di fronte sembra una sfera perfetta
con due zampe grassocce sotto; si guarda intorno un po' intontito
poi, forse annoiato da tanta immobilita', si dirige lentamente verso
uno degli adulti dondolandosi a destra e a sinistra come un cartone
animato. Giunto accanto all'adulto gli sfiora col muso paffuto il
grosso sederone e questo, fastidiato, si sposta sull'altro fianco
senza neppure tirarsi in piedi sulle zampe. Allora il cucciolo se
ne va sempre dondolando da un altro adulto e gli sfiora il sederone:
questo non fa proprio una piega ! Dopo un'altra occhiata intorno
quindi, il cucciolo torna a sdraiarsi, facendosi largo a forza fra
gli immensi corpaccioni con una spintarella di qua ed una di la'
... un vero spasso !
Lasciamo queste creature alle loro "attività" e
proseguiamo la pista: ben presto un cartello ci informa che siamo
sull'esatto confine fra Chobe e Moremi. Per entrare nel nuovo parco
ci troviamo quasi in fila con numerose altre vetture, tutte rigorosamente
fuoristrada; noi pero' ci fermiamo in un piccolo villaggio chiamato
Khwai Village per fare un poco di spesa. Qui le case sono davvero
insolite: i tetti sono di paglia - e fin qui tutto normale - ma
le pareti sono costituite di fango impastato con ... lattine di
birra ! "Papa' papa', quando potro' avere una casa tutta mia
?" "Quando avrai bevuto abbastanza birra, figlio mio !"
... che forza !!! In un piccolo negozietto che funziona anche da
bar compriamo qualcosa da mangiare, birra e sidro sudafricano. Poi
veniamo attirati da un banchetto dove sono esposti prodotto artigianali
quali bellissime ciotole di legno decorate e collanine coloratissime.
Dato che le ciotole sono piuttosto care (50 euro la piu' piccola)
optiamo per due collanine fatte con piccoli frutti rossi e neri
seccati al sole.
Al North Gate ci dicono che... ...continua
sul nostro Libro Botswana
Giovedi' 17 Agosto
Fa freddo questa mattina e ci stringiamo intorno al fuoco per scaldarci.
Facciamo ogni cosa con molta calma e siamo gli ultimi a partire
dal campeggio.
La pista verso Xakanaxa e' piuttosto dissestata ed attraversa boschetti
di acacie alte e basse: i raggi del sole ancora basso penetrano
tra le fronde creando spettacolari giochi di luce ed ombre. Nessun
animale e' in giro vicino alla pista, fatta eccezione per qualche
biondo impala.
Incontriamo un guado su un grande lago dalle acque immobili e ci
fermiamo a lungo ad osservare gli alberi dalle foglie colorate che
si specchiano; ponderiamo anche se tentare o meno l'attraversata.
Con l'ausilio di un bastone capiamo che oltre ad essere lungo e'
anche piuttosto profondo e alla fine optiamo per tornare indietro
un poco ed imboccare una pista secondaria che aggira sulla destra
la vasta raccolta d'acqua.
Poco
dopo incontriamo un secondo guado che attraversiamo tranquillamente
essendo piu' corto e poco profondo.
Arriviamo al gate di Xakanaxa dove paghiamo la notte di ieri e quella
di oggi, poi nel campeggio consumiamo un piatto di spaghetti e ci
riposiamo un poco prima di tornare nel parco dove resteremo tutto
il pomeriggio. Questo parco copre una superficie di quasi 5000 km
quadrati, ovvero il 30 per cento di tutta l'area occupata dal delta
dell'Okavango, e di quest'ultimo rappresenta l'unica parte dove
la fauna e' protetta; e' caratterizzato da aree paludose e fiumi
perenni ma anche da ampie aree desertiche. Noi decidiamo di visitare
soprattutto le zone paludose che sono una novita' assoluta in questo
viaggio ed e' cosi' che ci portiamo verso il Third Bridge, chiamato
cosi' perche' e' il terzo ponte che si incontra nel parco dopo essere
entrati da sud. Capiamo immediatamente che il Gps e' davvero indispensabile
poiche' ci sono un'infinita' di piste piu' o meno con le stesse
dimensioni che si incrociano fra loro e che si dirigono in tutte
le direzioni: e' difficile capire dove si e' e soprattutto dove
si sta andando con un Gps ... figuriamoci senza !
Prima del terzo ponte passiamo sopra al quarto ponte - proveniamo
da nord - che versa in condizioni non migliori di quello del North
Gate; oltre ad esso passiamo accanto a diverse pozze con alcuni
ippopotami a mollo.
Quando arriviamo al Third Bridge la delusione ci coglie di sorpresa:
e' distrutto, i legni sono sprofondati rendendo impensabile l'attraversata
e la casetta di legno col cartello "Welcome to Third Bridge"
abbandonata e solitaria in mezzo alle erbacce mette malinconia.
Che peccato, era una delle zone piu' scenografiche del Moremi: chissa'
se lo ripareranno ?
Facciamo dunque retromarcia e poco dopo incontriamo un elefante
fermo a bere ad una pozza. Arriva una seconda jeep e questi, disturbato
da troppe presenze estranee, lentamente si allontana dondolando
gli immensi lombi. Solo che rimane assolutamente parallelo alla
pista che dobbiamo seguire noi ed ha cosi' inizio una buffa processione:
davanti sulla sinistra l'elefante grigio e dietro sulla destra le
due auto bianche che, attente a non avvicinarsi mai troppo all'animale,
ne rispettano l'andatura. Continuiamo cosi' per diversi minuti poi,
attraversata una piccola pozza, l'elefante decide di allontanarsi
definitivamente dalla pista e noi possiamo riprendere una velocita'
un poco piu' sostenuta.
Transitiamo per la
"valle degli alberi morti", una zona paludosa con molta
acqua, dove incontriamo un piccolo coccodrillo che si allontana
menando la coda, tante piccole scimmiette, molti uccelli acquatici.
Facciamo infine ritorno al campeggio e cerchiamo di sistemarci il
piu' lontano possibile dagli altri turisti: scegliamo una piazzola
sul fiume che pero' non si vede perche' la riva e' interamente occupata
da alti papiri. Apprendiamo dalla Lonely Planet che proprio qui,
diversi anni fa, un turista americano mori' dopo essersi scioccamente
allontanato dal campeggio durante la notte (forse aveva bevuto troppo
... fatto sta che fu accerchiato dalle iene e divorato .... macabro
vero ?).
Durante la notte succede qualcosa di meraviglioso... ...continua
sul nostro Libro Botswana
Venerdi' 18 Agosto
Il Moremi ci fa il suo ultimo regalo questa mattina presto: un leone
maschio vicino alla pista ! Ha un muso gigantesco ed una bellissima
criniera, e' seduto vicino ad una pozza dove ieri avevamo avvistato
la carcassa di un animale. Si lascia guardare per bene, poi si sdraia
completamente e l'erba alta lo nasconde quasi del tutto.
Oltre il gate proseguiamo sulla ghiaiata in direzione di Maun dove
arriviamo verso mezzogiorno. Lunga circa una decina di km, questa
cittadina si sviluppa intorno ad alcuni centri commerciali molto
vivaci dove si puo' trovare quasi ogni cosa. Passiamo alla Travel
Wild e finalmente diamo un volto a Ruth, la ragazza con cui abbiamo
comunicato tramite internet e che ci ha prenotato gran parte dei
campeggi in Botswana. Le portiamo, come promesso nella nostra ultima
email, della birra fresca e lei apprezza molto il gesto !
Facciamo spesa in un grande supermercato, riempiamo di benzina i
due serbatoi del Nissan e le taniche, mangiamo qualcosa, facciamo
riparare una gomma che abbiamo forato qualche giorno fa (forse una
spina di acacia) per soli 19 pula (3 euro) e scriviamo a casa in
un internet caffe' .
Alle 18 cominciamo a cercare un alloggio per la notte e la scelta
cade sul molto economico - con inganno - Okavango River Lodge, dove
ci concediamo il lusso di una stanza con bagno. Siamo a Matlapaneng,
9 km a nord di Maun.
Ceniamo allo Sport Bar, un posto molto popolare da queste parti,
con una pizza discreta, carne bianca speziata e dolci al cioccolato.
Ad un tavolo vicino al nostro c'e Ruth con tre amiche, tutte allegramente
ubriache da venerdi' sera !
Torniamo al nostro lodge ... dove scopriamo inorriditi l'inganno
celato dietro all'economicita' delle stanze: musica ad un volume
stratosferico con turisti ubriachi fradici che "strisciano"
fra i tavolini del bar-discoteca ... Proviamo a dormire ma e' tutto
inutile, anche i tappi sono insufficienti ! Ci giriamo e ci rigiriamo
senza posa, finche' alle due non ne possiamo piu' e decidiamo di
andarcene. La giovane padrona e' molto comprensibile e non vuole
essere pagata per la notte che non abbiamo finito di trascorrere;
e' anche sinceramente preoccupata per noi, dove andremo a quest'ora
di notte ? Non c'e' piu' nulla di aperto, viaggiare col buio e'
pericoloso ed il campeggio libero in citta' e' sconsigliato. Non
sappiamo cosa faremo ma sappiamo per certo che vogliamo assolutamente
allontanarci da questo posto il prima possibile !
Quando l'inferno della musica a tutto volume e' solo un brutto ricordo
e noi siamo al buio su una strada buia nella notte buia non rischiarata
neppure da un lampione, finalmente ci rilassiamo e ci piomba addosso
un sonno micidiale. Sulla strada principale c'e' un campeggio che
pero' ha i cancelli chiusi e nessun guardiano ci viene incontro.
Allora proviamo all'Alfa Lodge, una specie di motel con stanzette
pulite ed un bagno in comune: il cortiletto e' inaccessibile per
via di un grande cancello chiuso, ma per fortuna arriva subito un
guardiano che ci dice che non possono fare entrare nessuno a quest'ora.
Quando pero' sente la nostra storia e vede i nostri volti da morti
di sonno probabilmente pensa che ogni tanto nela vita si puo' anche
fare un'eccezione e ci apre le porte per una notte finalmente silenziosa
e ristoratrice !
Sabato 19 Agosto
Tre
ore scarse di sonno e siamo di nuovo in piedi: sono solo le sette
ma abbiamo un programma molto pieno per oggi e preferiamo partire
presto. La nostra colazione e' gia' miracolosamente pronta in una
stanza che fatichiamo non poco ad inquadrare come sala ristorante.
Il motel e' ancora profondamente addormentato, nessuno in giro cui
chiedere informazioni, tutte le luci sono ancora spente: tentiamo
aprendo la prima porta che ci capita e siamo fortunati ! Su un tavolo
ci sono due tazze ed un piattino coperto con pane e marmellata,
mentre in un angolo c'e una di quelle macchinette che scaldano l'acqua
e tutto il necessario per prepararsi un orribile ma caldo caffe'
solubile !
Partiamo in direzione Tsao su una veloce strada asfaltata; il cielo
e' nuvolo e fa un discreto fresco. Deviamo verso ovest sulla pista
che conduce alle Aha Hills, sabbiosa ma tutto sommato piuttosto
ben messa e procediamo ad una velocita' intorno ai 45 km orari.
Breve sosta ad un piccolo villaggio dove scambiamo alcune chiacchiere,
o meglio alcuni gesti, con due donne sorridenti e piene di vita:
ridono come impazzite quando sentono la nostra pronuncia nel nominare
Xai Xai. Nella lingua san, infatti, la "x" non si pronuncia
"ics" bensi' con uno dei tre click di cui il loro idioma
e' ricco, solo che per noi e' una cosa ardua far schioccare la lingua
contro l'arcata dentale superiore e subito dopo attaccarci un "ao"
e per ben due volte di seguito ... il risultato e' alle loro orecchie
talmente divertente che non riescono a smettere di ridere e ci fanno
ripetere questi suoni finche' i muscoli del collo ci fanno male
! Quando finalmente si calmano, si avvicina al nostro gruppo un
bimbetto che, dall'alto dei suoi forse quattro anni, ci guarda tutto
serio, allunga un braccino verso la pista davanti a noi con un ditino
teso ad indicare la direzione e solennemente dice "STREIT !"
... e le due donne giu' di nuovo a ridere con le lacrime agli occhi
... Meravigliosa gente africana !
Di nuovo al volante, dopo un'oretta ci immettiamo su una larga ghiaiata
che si interrompe improvvisamente qualche km dopo cedendo il posto
ad una tratto di sabbia che percorriamo in dieci minuti. Al primo
incrocio prendiamo la sinistra; se andassimo a destra arriveremmo
piu' rapidamente a Xai Xai ma questa scelta non ci permetterebbe
di vedere cio' che siamo invece intenzionati a visitare. La pista
e' sottile e compie una sorta di gimcana fra belle acacie; altro
bivio, a sinistra anche qui. Breve sosta per il pranzo senza uscire
dalla pista assolutamente deserta: fa molto caldo e cerchiamo disperatamente
l'ombra del Nissan. Sbirciamo curiosi la savana e se guardiamo verso
nord-ovest intravediamo all'orizzonte delle piatte ombre scure che
per il momento non raggiungono neppure la cima delle acacie: sono
le Aha Hills.
Dopo aver superato un piccolo villaggio abbandonato, la pista si
inerpica lentamente su chiare formazioni di dolomia ricoperte di
rada vegetazione; il panorama e' splendido e selvaggio. E' proprio
all'interno della dolomia che si cela qualcosa di unico qui in Botswana,
qualcosa di cui gli abitanti della zona vanno assolutamente fieri:
una grotta ! Si chiama Drotsky Cave (o anche Gcwihaba), e' lunga
circa un km ed ha ingresso ed uscita a breve distanza fra loro sulla
superficie terrestre. Ad indicarne il punto esatto troviamo una
grande lastra di pietra scura levigata su cui apprendiamo che la
grotta e' stata dichiarata Monumento Nazionale. L'ingresso si trova
a qualche decina di metri davanti a noi ma il sentiero e' piuttosto
chiuso dall'erba alta ed abbiamo paura di avventurarci: strani fruscii
e rumori di sassi che rotolano ci incollano alla lastra. Dopo pochissimo
tempo che siamo qui sentiamo il rumore di un'auto che ci sembra
dapprima un'allucinazione, ma che poi si rivela effettivamente reale
! Un pick-up bianco come il nostro si parcheggia vicino a noi e
ne scendono tre persone: sono due ragazzi di un villaggio vicino
ed un ricercatore del museo di Gaborone loro ospite in questi giorni.
Ci hanno sentito arrivare e sono subito corsi qui con l'intenzione
di farci conoscere la "loro" grotta ! Ci allungano due
caschetti, una torcia ed un registro su cui lasciare la data ed
il nostro nome. Ci invitano anche a leggere una circolare ... sulla
quale impariamo che ci apprestiamo a compiere la visita alla grotta
a nostro rischio e pericolo e che le guide declinano ogni tipo di
responsabilita'. Chiediamo allora se e' facile incontrare animali
selvatici pericolosi in questa zona ... e loro ci rispondono candidamente
di si' e che proprio sull'ingresso della grotta c'e la tana di una
coppia di leopardi !!! "Ma ... si va lo stesso ?" domandiamo
noi increduli. "Certo" rispondono loro con un'espressione
sbalordita dipinta sui volti nerissimi. Improvvisamente ci rendiamo
conto di quanto... ...continua sul nostro
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Domenica 20 Agosto
Dormiamo
piu' del solito, avevamo bisogno di recuperare certe ore di sonno
perdute ! Partiamo che sono gia' le 8 e 30 e ben presto riguadagnamo
la larga e comoda pista abbandonata ieri sera per salire al campeggio;
direzione: Gumare.
Vicino al confine con la Namibia, verso cui si dirige la pista che
ora ci troviamo di fronte, la pista diventa di nuovo sabbiosa e
si riduce notevolmente la nostra velocita'. Per il momento restiamo
in Botswana ed all'incrocio prendiamo dunque la destra; d'altra
parte la strada di sinistra puo' essere seguita per sconfinare in
Namibia soltanto dagli indigeni che si spostano per motivi di lavoro
o di famiglia e non dai turisti come noi !
Poco dopo, all'ombra di un grande albero, una visione meravigliosa
ci fa rallentare fino a fermarci: una splendida donna vestita in
perfetto stile vittoriano, con un ampio vestito color viola e bianco,
un grande fazzoletto porpora legato morbidamente al collo ed un
copricapo a due punte sempre sul viola a completare il quadro, se
ne sta seduta in attesa. Ha un bel viso pieno ed anche il fisico
e' corpulento, un bel sorriso le addolcisce i tratti quando le chiediamo
se vuole un passaggio. Assieme a lei ci sono due bimbetti nudi,
fatta eccezione per un gonnellino appena accennato di pelle in vita
ed un collare che abbiamo gia' visto in Namibia ... addosso agli
Himba ! Le ricaviamo un angusto spazio sul sedile posteriore e,
mentre i bimbi le passano due contenitori pieni di un liquido torbido
e biancastro (che poi scopriamo essere latte), la donna sorride
e sistema le grosse membra fra zaini, borsoni e scatoloni. In breve
siamo pronti a ripartire e ridiamo tutti di gusto quando il Nissan
prende quasi subito a rimbalzare come una palla impazzita sulle
cunette dure di sabbia che costituiscono la pista ! L'odore che
emana questa donna ci giunge nuovo ma lo sentiremo varie volte ancora
durante le prossime ore: non capiamo se e' la sua pelle oppure qualche
pianta che si trova solo qui, sta di fatto che non e' propriamente
un odore piacevole, difficile da descrivere ma che assomiglia vagamente
all'odore di qualcosa che inizia a marcire, dolciastro e pungente.
Non ci consola certo pensare che forse e' lo stesso odore che avverte
lei ora annusando noi ... Parla inglese, si chiama Kape ed appartiene
all'etnia degli Herero. Ecco spiegata la somiglianza con gli Himba:
un tempo i due gruppi etnici erano la stessa cosa, poi i Nada ne
costrinsero alcune famiglie ad allontanarsi verso ovest ed esse
si stabilirono in Namibia nella regione oggi chiamata Kaokovelt
e presero il nome di Himba. Domandiamo a Kape se conosce gli Himba
e lei ci risponde: "Si', parliamo la stessa lingua".
Dopo vari balzi e scossoni giungiamo ad un villaggio e Kape ci fa
capire che deve scendere qui: subito arrivano verso di noi una bimba
bellissima ed una ragazza altrettanto bella, dal viso serio, i capelli
corti ed una collanina d'oro al collo ! E' la sorella di Kape, sposata
al capo di questo villaggio. Fotografiamo le tre donne e promettiamo
anche a loro di spedire le foto (promessa mantenuta; Kape ci rispondera'
quasi un anno dopo mandandoci gli auguri di buona Pasqua ed una
sua piccola foto formato tessera, non vi racconto l'emozione aprendo
la busta ...). Riflettendo sulla collanina al collo della sorella
di Kape - cercando di immaginare il viaggio del marito per andare
a comprarla, senza automobile e col solo ausilio dell'autostop fatto
alle rare auto di passaggio per queste zone remote, forse un mese
di tempo in viaggio - riprendiamo la nostra pista per fermarci ancora
dopo pochi chilometri. Altro villaggio, altra umanita' vivace e
loquace, altre fotografie.
Ancora in pista: incontriamo un piccolo varano che ci attraversa
indolente la strada e si nasconde soffiando fra i cespugli.
Infine ecco l'asfalto che ci conduce speditamente a Gumare; qui
pranziamo con del pollo scaldato al microonde al negozietto della
stazione di servizio e ci rimettiamo in strada dopo un breve riposo.
Nel pomeriggio penetriamo nel territorio degli Etsha. Verso la fine
degli anni '60 scoppio' in Angola una guerra civile violentissima
e molti civili scapparono verso sud divenendo profughi in Botswana;
le autorita' di questo paese allestirono un nuovo insediamento dove
i profughi si sistemarono alla maniera angolana, ovvero in diversi
villaggi distanziati fra loro di circa un chilometro. I villaggi
si chiamarono Etsha ed a ciascuno fu dato un numero progressivo
per cui nacquero Etsha 1, Etsha 2 e cosi' via fino ad Etsh 13. Occupano
un territorio semi-paludoso ricco d'acqua anche nel periodo piu'
secco dell'anno, ovvero il mese di agosto.
Siamo sulla pista per Etsha 6, il villaggio piu' grande che ha anche
una pompa di benzina; quando arriviamo ci sembra di essere stati
catapultati in sud America ! Palme alte e vie sabbiose, ragazzi
molto svegli e vestiti da "rappers": si intuisce che non
sono africani originari di queste parti, troppo diversi da quelli
che siamo abituati ad incontrare !
Ci immettiamo ora sulla pista per Etsha 13 e l'uso del Gps si fa
subito indispensabile: nessuna indicazione infatti ci rassicura
sulla direzione presa e spesso ci pare di essere sulla pista che
conduce al campo di qualche contadino ! Il fondo e' sabbioso e profondo
ed... ...continua sul nostro Libro
Botswana
Lunedi' 21 Agosto
Facciamo colazione con pane ben tostato, burro e marmellata, yogurt.
Paghiamo in pula il corrispettivo di 48 euro per la notte, la cena
e la colazione quindi ci mettiamo in marcia. Meta di oggi: le Tsodilo
Hills.
Sebbene esista una pista 2x4 che partendo dal villaggio di Nxamasere
raggiunge questo luogo singolarissimo in modo semplice e veloce,
noi preferiamo prendere una piccola pista 4x4 assai meno frequentata
e che attraversa un panorama senz'altro piu' remoto e selvaggio.
E' cosi' che, dopo appena un chilometro dal campeggio, deviamo a
destra su una pista che si presenta abbastanza semplice nel tratto
iniziale. Ci rilassiamo al punto che, ci rendiamo conto, ci succede
una cosa stranissima: entrambi non riusciamo a concludere un solo
ragionamento, ne' verbale ne' mentale ! Iniziamo a parlare ... poi
la mente vola via, leggera leggera, lo sguardo perso sul panorama
che ci circonda ... e addio frase ! Iniziamo un pensiero ... poi
la nostra mente, normalmente pronta a ragionamenti precisi e razionali,
si assenta, vaga chissa' dove, galleggia senza peso, una suggestione
di tempo sospeso su uno spazio che si allunga all'infinito ... fantastico
! E' come aver chiuso i cervelli in un cassetto !
Ben presto, comunque, il cassetto viene riaperto ed i cervelli tornano
al loro posto, scariche elettriche tornano ad attivare le nostre
sinapsi neurali e la voce torna a farsi sentire: superato un piccolo
recinto di legno che racchiude una vecchia pompa a cinghia di fabbricazione
indiana, la pista in diversi punti sembra infatti perdersi nel nulla
ed e' solo grazie alla consultazione attenta del Gps che riusciamo
a trovare nuovamente le tracce. Le gomme sprofondano nella sabbia
e l'erba alta al centro della pista sfrega contro la marmitta e
le altre parti bollenti del motore, con il risultato che attorno
a noi si sprigiona un forte ed acre odore di bruciato !
Ad un certo punto, davanti a noi si staglia la sagoma scura di un'altura
in lontananza: ancora pochi chilometri e saremo arrivati ! In tutto
avremo impiegato quasi tre ore e mezzo per arrivare al gate di "Tsodilo,
la montagna degli dei" come cita la scritta che campeggia al
centro visitatori. Si tratta di un luogo che emana sacralita' ed
un tocco di mistero e restiamo in silenzio mentre la pista si allunga
verso l'altura che nasce magicamente sulla piatta pianura circostante.
Ci dirigiamo lentamente verso il cancello che da' sul piccolo parco
nato intorno alla montagna, salutando molte persone a piedi, sorridenti
e assolutamente non invadenti. Sedute vicino al cancello stanno
alcune donne e bimbe che vendono bellissimi cestini e collane colorate
di semi grandi e piccoli: ci fermiamo a lungo, acquistiamo felici
questi oggetti davvero originali e scattiamo molte foto, promettendo
di spedirle una volta a casa (promessa mantenuta !).
Entriamo nel parco
e ci dirigiamo verso il centro visitatori seguendo una pista comoda.
Sfiliamo sotto le pareti a picco e siamo abbagliati dalla bellezza
della roccia ! Con i suoi 1395 metri, Tsodilo rappresenta il picco
piu' alto del Botswana e, pur elevandosi sul bush circostante di
appena 400 metri, appare ai viaggiatori come una piccola Uluru africana;
osservando la montagna da diverse angolazioni si scopre che in realta'
e' formata da diverse colline rocciose che, secondo un'antica leggenda
locale, erano una volta una famiglia ed ecco perche' si chiamano
"Male Hill", "Female Hill" e "Child Hill";
sono costituite di quarzite e presentano splendide striature rosse,
arancio, viola, azzurre e gialle. Accolgono qualcosa come 4 mila
spettacolari petroglifi che hanno reso famosa la zona agli studiosi;
sono stati rinvenuti anche molti utensili ed i resti di due villaggi
risalenti al 500 DC. Ci sono diverse possibilita' di escursioni,
ovviamente a piedi, lungo i pendii erti e scivolosi delle colline,
ma quasi tutte richiedono la presenza di una guida. Solo un percorso,
chiamato Rhino Trail, e' percorribile in solitudine e gratuitamente,
cosi' decidiamo di seguirlo nel pomeriggio. Nel frattempo ci e'
venuta una gran fame e pranziamo con piadina, salsiccia e verdure
in scatola. Si avvicina un povero cagnolino, tanto magro che gli
si contano le ossa e molto debilitato: non riuscendo a reggersi
in piedi si lascia andare a terra e da li' ci guarda con occhioni
pietosi. Ovunque ci sono cartelli che citano "Non date da mangiare
ai cani per favore" e "I cani disturbano gli animali selvatici",
ma osservando questa povera creatura indebolita ci ritroviamo a
riflettere piu' o meno in questi termini: chi e con quale criterio
si arroga il diritto di stabilire che sono piu' importanti gli animali
selvatici degli animali domestici ? Sempre animali sono ... e dalla
via che sono nati, perche' lasciare morire questi cani ? Perduto
ogni istinto alla caccia, questi non sono piu' in grado di vivere
nella natura come i loro parenti selvatici e morirebbero certamente
se nessuno desse loro qualcosa per sopravvivere. Secondo noi non
sono in alcun modo concorrenti degli animali selvatici, semplicemente
possono allontanarli da questa zona ... e' forse questo il problema
? Se i turisti si lamentano perche' non vedono animali selvatici
si preferisce lasciare morire dei cani ? Una salsiccia scivola giu'
per la gola del nostro nuovo amico che sembra fare le fusa dalla
felicita' ...
Dopo un breve riposino indossiamo pantaloni lunghi, calziamo gli
scarponcini e ci avviamo lungo la pista che corre alla base della
porzione piu' occidentale della Male Hill. Presso il centro visitatori
abbiamo chiesto informazioni circa la vita selvatica sulla montagna
e ci e' stato risposto che in questa stagione non ci sono animali
perche' fa troppo caldo e non c'e' acqua a sufficienza: normalmente
ci sarebbero scimmie, leoni, leopardi, elefanti, iene, kudu ed un
geco endemico. Potremmo invece incontrare qualche serpente per cui
cerchiamo di provocare un po' di rumore con dei bastoncini per avvertire
i rettili che ci stiamo avvicinando e che sarebbe cosa gradita se
si allontanassero prima di farsi calpestare !
Il
Rhino Trail abbandona la pista e si inerpica fra l'alta vegetazione
che ci protegge dai raggi del sole. Mentre camminiamo ci capita
un fenomeno davvero singolare che merita di essere raccontato. Dal
momento che, a dispetto di quanto ci ha detto il ragazzo al centro
visitatori, gli alberi sopra di noi pullulano di scimmie, razionalmente
ci aspettiamo che ci siano anche altri animali e la nostra iniziale
serenita' lascia ben presto il posto ad uno stato di angoscia sempre
piu' profonda mano a mano che ci allontaniamo dal Nissan. Eppure
non riusciamo a deciderci di tornare indietro perche' vogliamo assolutamente
raggiungere la sommita' di questa montagna, dove sappiamo celarsi
una valle "strana", un posto unico dove pare di essere
su un altro pianeta ... e cosi' continuiamo a camminare muovendo
i nostri bastoncini e cercando di non girarci ogni due passi come
il nostro istinto ci detterebbe. In cima alla ripida salita raggiungiamo
un passo e, superato un corridoio naturale fra rocce levigate, ci
troviamo all'improvviso davanti ad uno spettacolo meraviglioso:
ecco la valle magica ! Un sentiero ben marcato dal morbido fondo
di sabbia chiara serpeggia in pianura fra alberelli dalle foglie
di un tenero verde ed alta erba giallissima, qualche albero privo
completamente del fogliame ma col tronco arancione dona un tocco
di caldo mistero, sopra di noi il cielo azzurro con qualche pittoresca
nuvola bianca e le vette di grigia roccia nuda delle colline vicine
che svettano dalla vegetazione: un quadro stupendo che ci incanta
! L'ora tarda dona un colorito rosato prima e decisamente rosso
poi a tutto cio' che ci circonda, regalandoci sul serio l'impressione
di essere appena atterrati su un pianeta inesplorato che per la
prima volta conosce piede umano !
Ed e' proprio camminando qui, su questo piccolo altopiano segreto
chiuso fra le rocce di Tsodilo, che la paura all'improvviso ci abbandona
completamente per effetto di un preciso processo mentale cosi' riassumibile:
finche' sapevamo di essere relativamente vicini all'automobile,
ovvero alla salvezza, il timore per cio' che ci poteva succedere
teneva i nostri nervi tesi come corde di violino, tutti i sensi
all'erta ed i muscoli pronti allo scatto nel tentativo di salvare
la pelle ... ma una volta quassu', assolutamente lontani ormai dall'auto,
i nostri nervi si rilassano, i sensi tornano a fare ciascuno il
proprio lavoro con calma, i muscoli lavorano tranquilli. Non ci
sarebbe niente da fare se una belva ci raggiungesse qui ... tanto
vale godersi lo spettacolo di questo posto !
Sereni anche quando fra l'erba alla nostra sinistra un forte fruscio
ci risveglia... ...continua sul nostro
Libro Botswana
Martedi' 22 Agosto
Salutiamo il cagnolino che e' rimasto vicino alla nostra auto tutta
la notte e gli regaliamo un'ultima piadina prima del commiato: speriamo
che qualche altro turista impietosito decida di dare come noi retta
al cuore piuttosto che alle regole degli umani e che ti allunghi
qualcosa da mettere nello stomaco.
Usciamo dal parco e salutiamo anche le bimbe delle collanine; imbocchiamo
oggi la pista piu' comoda, 2x4, che si dirige verso l'asfalto a
nord-est; una volta sulla statale pieghiamo verso nord-ovest e verso
il confine con la Namibia, a Botman.
Lungo il noioso asfalto incontriamo un ragazzo che lavora in modo
superlativo un legno chiaro e ci fermiamo ad osservarlo. Ha una
strana deformita' sul viso ma la sua bocca sorride sempre e le sue
mani sono mani d'oro; priva della corteccia grossi tronchi di legno,
li incide e dona loro forme d'animali, poi passa un ferro sulla
brace di un fuoco sempre alimentato. Quando questo diventa incandescnte
lo prende ad un'estremita' con uno straccio e sbruciacchia gli animali
appena scolpiti, creando le famose macchie delle giraffe, le squame
di un coccodrillo, le righe di una zebra. Espone le sue creazioni
su di un rudimentale banchetto e si siede a terra aspettando improbabili
clienti (sulla strada non c'e' nessuno a parte noi). Avendo dei
pula da finire, decidiamo di comprargli quasi tutto quello che espone,
lasciandogli il coccodrillo perche' e' gigantesco e perche' non
e' ancora finito !
Mentre rimontiamo in macchina lui picchia le mani una contro l'altra
in un applauso pacato rivolto a noi e continua a sorridere finche'
non lo vediamo piu'. Nell'abitacolo si sprigiona ben presto un gradevole
odore di legna bruciata e ci sembra un ottimo modo per salutare
questo paese fantastico. Addio Botswana, addio sul serio questa
volta; belle e timide persone aperte al sorriso ed agli incontri;
splendidi animali impegnati a vivere in modo naturale la loro esistenza;
terre sconfinate di savana gialla; alture magiche con millenni di
storia cuciti addosso; piste selvagge percorrendo le quali l'uomo
si puo' finalmente sentire cio' che in realta' e' ma che sembra
troppo spesso dimenticare: un animale in viaggio.
Superato il confine senza problemi, entriamo in Namibia ed all'improvviso
comprendiamo che in Africa i confini vogliono davvero dire molto.
La natura e' sempre la stessa, ma e' diverso l'uomo che ovviamente
cambia la natura per adattarla ai propri bisogni ed e' cosi' che
non incontreremo in Namibia piste sottili ed appena accennate (segnalate
sulle cartografie ufficiali perche' le sole esistenti) come in Botswana
bensi' correremo su... ...continua sul nostro
Libro Botswana
Mercoledi' 23 Agosto
Dopo colazione paghiamo a Mr. Hornst il corrispettivo di 78 euro
per la notte, i pasti ed il giro in barca e lasciamo qualche frase
sul guest book del lodge, cosa cui Mr. Hornst sembra tenere in modo
particolare. Salutiamo anche i ragazzi italiani e ci mettiamo in
marcia: larga ghiaiata fino all'asfalto e poi in direzione di Rundu
su quest'ultimo. Villaggi di capanne, molta gente che cammina, tante
scuole, banchetti di maschere, animali di legno, bellissimi aeroplanini
variopinti.
Deviamo su una sterrata comoda e larga che attraversa un territorio
molto vasto occupato interamente da enormi recinti di allevatori
di bestiame. Le reti ci terranno compagnia a lungo nel nostro continuo
procedere verso ovest, fino a che sbuchiamo sull'asfalto che ci
conduce in una trentina di chilometri al gate del parco piu' famoso
e frequentato della Namibia, l'Etosha. Eravamo gia' stati qui nel
dicembre del 2003 e per fortuna notiamo che nulla sembra cambiato
... ma venire qui dopo aver scorazzato per le terre selvagge del
Botswana e' abbastanza deludente. Se la prima volta non avevamo
avuto la sensazione di trovarci dentro una sorta di giardino zoologico,
oggi questo e' un sentimento reale: ne prendiamo atto e cerchiamo
di non fare confronti con il viaggio appena concluso. Giorgio Bettinelli,
nel suo bellissimo libro "Brum Brum 254000 chilometri in vespa",
sostiene che "i ricordi non devono mai essere confrontati,
solo custoditi e messi via senza lasciare che interferiscano nel
delicatissimo meccanismo dello stupirsi" e questo cerchiamo
di fare ora, vivere l'Etosha senza confrontarlo ai ricordi degli
altri parchi visitati, per riuscire a stupirci positivamente anche
oggi delle immagini che questa natura offre e che i suoi animali
inconsapevolmente ci regalano.
Non abbiamo prenotato e purtroppo... ...continua
sul nostro Libro Botswana
Giovedi' 24 Agosto
Proseguiamo la visita del parco e vediamo moltissimi animali alle
pozze. Tutto sommato non e' poi cosi' negativo il fatto che l'uomo
abbia creato un'area protetta come questa, qui gli animali sono
senz'altro al sicuro dai bracconieri e possono condurre una vita
assolutamente naturale senza correre il pericolo di incappare in
umani che di naturale hanno ben poco. Certo questo comporta anche
la presenza di molte auto cariche di esseri umani che cercano ed
osservano gli animali, ma tutto sommato si tratta di un male da
poco: gli animali si sono gia' abituati alla loro presenza e si
lasciano anche avvicinare senza provare timore. Inoltre, le pozze
sono in gran parte riempite artificialmente durante la stagione
secca e gli animali non corrono pericolo di vita per assenza di
acqua. Insomma, cominciamo ad avere una visione pu' positiva rispetto
all'inizio di questo posto e ci godiamo ogni singolo momento nel
parco.
Branchi numerosissimi di splendide zebre con tanti cuccioli ci attraversano
la pista; giraffe corrono come al rallentatore sulle loro lunghe
gambe sottili; tre giovani leoni maschi se ne stanno sdraiati uno
sull'altro vicino ad una pozza, sbadigliando e litigando per gioco;
poco distante una splendida coppia di leoni si abbandona ad uno
spudorato accoppiamento sotto gli occhi affascinati di almeno una
ventina di esseri umani ... e sotto lo sguardo attento di molti
piccoli springbok che vorrebbero tanto avvicinarsi alla pozza per
bere senza pero' trovarne il coraggio ...
Ad Okaukuejo ci sistemiamo per la notte.
Venerdi'
25 Agosto
Oggi iniziamo il lento avvicinamento a Windoeck; usciti dall'Etosha
imbocchiamo l'asfaltata C38 verso sud. Poco dopo aver superato la
pulita ed ordinata cittadina di Outjo pieghiamo verso ovest sulla
ancora asfaltata C39 e poi nuovamente verso sud sulla sterrata D2743.
Una serie infinita di dossi e cunette - che nella stagione umida
si trasformano in tantissimi guadi - ci conduce attraverso una valle
splendida che ricorda molto i paesaggi western dell'Arizona, con
piatte formazioni rocciose che si elevano a destra e a sinistra
dalla circostante savana chiara punteggiata di acacie verdi. Ventun
chilometri dopo giungiamo ai piedi di uno spettacolo meraviglioso
che ci fa tornare con la mente ad un giorno di due anni fa, quando
scoprivamo in Australia il Chambers Pillar: un incredibile dito
di roccia che si erge fiero ad indicare il cielo e che ci ha condotto
qui come fosse un faro ! Reminescenza di un antichissimo altopiano
di calcare formatosi 15 milioni di anni fa, il Vingerklip e' rimasto
fino ai nostri giorni per narrarci un po' di storia geologica del
pianeta e si eleva per 35 metri su di una collinetta cosparsa di
massi probabilmente crollati dalle sue ripidissime pareti. Parcheggiata
l'auto seguiamo un sentiero che ci conduce fino alla base vagamente
rettangolare del dito e poi ne seguiamo tutto il periplo, fermandoci
spesso per ammirare la bellissima valle che si stende ai nostri
piedi o per adorare dal basso verso l'alto questo rosso monolito
arrivato dal passato senza soluzione di continuita'.
Ancora verso sud attraverso le distese del Damaraland, su piste
che ci portano in alto su colline piene di splendidi Ghost trees
- gli stessi incontrati nel Kalahari - ed in basso su letti di fiumi
in secca dall'incredibile sabbia color rosa, fra villaggi recintati
di casette in cemento molto distanti fra loro, sotto boschetti fitti
e riposanti.
Lentamente davanti a noi si alzano appuntite montagnole dai colori
bruciati e sfilandoci sotto ci dirigiamo decisi... ....continua
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Gestito dalla comunita'
locale e molto economico, ha piazzole in posti davvero spettacolari
alla base della montagna: dopo aver pagato ci dirigiamo proprio
a scoprire le forme mammellonate della montagna seguendo le sottili
piste sabbiose aperte al pubblico - ce ne sono infatti di interdette
al di la' di una rete che circonda una vasta area intorno alla formazione
rocciosa -. Per la notte optiamo per la piazzola numero 20 situata
alla base delle pendici occidentali di Spitzkoppe. Verso ovest si
stende all'infinito la piatta savana gialla mentre verso est contro
il cielo privo di nubi si stagliano le forma morbide della montagna.
Ne scaliamo le pareti di roccia ed aspettiamo l'ora del tramonto
osservando i microcosmi nascosti su queste rocce e la savana che
si stende sotto di noi; la stessa roccia si presenta ai nostri occhi
incredibilmente simile a quella che forma Uluru e Kata Tyuta in
Australia, con lo stesso colore arancio rossastro e le stessa ruvidezza
che permette una facile arrampicata. In Australia ci siamo astenuti
volentieri dal risalire le montagne sacre al popolo aborigeno ma
qui, non avendo letto nulla circa la sacralita' del luogo, non resistiamo
e ci lasciamo tentare da questa esperienza unica nel suo genere:
camminare su rocce nude color rosso fuoco al sole morente da' un
senso di liberta' assoluta e di primitivo piacere regalando alle
nostre anime ricordi di nostalgica dolcezza. Le nostre ombre si
allungano velocemente sulle ripide pareti che sovrastano la piazzola
numero 20 e la piccola Nissan bianca che ci aspetta silente per
l'ultima volta, per l'ultima notte.
Scendiamo e ci incamminiamo nella savana verso ovest. Quando ci
giriamo le rocce del "Cervino" sono cosi' rosse che sembrano
finte, il tramonto che segue sara' indimenticabile !
Sabato 26 Agosto
Partiamo molto presto questa mattina: nel pomeriggio ci aspetta
il volo per l'Italia.
Lungo una delle ultime piste diveniamo spettatori di una scena eccezionale
nella sua semplicita': un attimo dopo chiudiamo gli occhi e decidiamo
che questa e' l'ultima immagine che vogliamo portare a casa di questo
viaggio, di questo popolo, di questa gente.
La pista polverosa. L'erba gialla che si perde all'infinito. Un
gruppetto di acacie spinose. Un ragazzo dalla pelle nerissima che
cammina verso la pista, che ci sorride, che solleva alta la mano
per salutarci.
Due lacrime ci inumidiscono gli occhi. Una e' di nostalgia per cio'
che stiamo lasciando. L'altra e' di felicita' per tutti i nuovi
meravigliosi ricordi che abbiamo dentro e che l'Afriva ancora una
volta ci ha saputo regalare ....
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