E'
di nuovo l' Africa ad attrarci questo Natale; sono le sue genti,
i suoi colori, le sue culture cosi' lontane e percio' cosi' affascinanti
a tenderci un filo invisibile fin dentro casa nostra, facendo crescere
durante l' anno nei nostri cuori la voglia di tornare. Sono i nostri
ricordi in altri Paesi africani a nutrire questo desiderio, fino
a farlo divenire un vero "mal d' Africa". Ed e' la voglia
di scoperta che alla fine fa esplodere tutto intorno a noi una serie
di preparativi, di corsa agli aquisti, di indagini in libreria ed
in internet... che ci porteranno infine qui, in aereoporto a Parigi,
in attesa del volo Air France che ci portera' in Mali!!
Grande stato sotto Mauritania ed Algeria e sopra Burkina Faso e
Costa d'Avorio, il Mali appartiene a quella zona dell' Africa nota
col nome di Sahel; buona parte dei suoi territori settentrionali
sono immersi in pieno deserto del Sahara, ed e' qui che si trova
la mitica Timbuktu', famosa capitale delle carovane del sale. A
dividere il deserto a nord dalla "brousse" del sud (tipico
paesaggio africano sub-sahariano) corre una lunga falesia di arenaria,
"il piu' grande caos roccioso del pianeta" secondo Vittorio
Franchini, autore del libro "MALI, viaggio tra i dogon: il
popolo delle stelle".
Sui bordi di questa falesia, che si estende da sud-ovest a nord-est
per circa 150 km, un popolo affascinante ed antichissimo ha costruito
i suoi villaggi di fango e legno: sono i "dogon", una
delle tre maggiori etnie del Mali, assieme ai "bambara"
ed ai "tuareg", l' unica fra queste a rimanere piu' a
lungo nascosta nel tempo al mondo occidentale ed alla sua curiosita',
grazie proprio alla sua localizzazione geografica. Un tempo, infatti,
i villaggi erano raggiungibili solo a piedi, scendendo e salendo
i pendii rocciosi e dunque non erano di semplicissimo accesso. Oggi
le cose stanno cambiando ed esiste una pista che collega gran parte
dei villaggi fra loro, ma il trekking rimane senz' altro il modo
migliore per visitare il mondo dei dogon. Noi partiamo cullando
il desiderio di percorrere tutta la falesia, da Bankass, a sud,
a Douenza, a nord; abbiamo deciso di provare questa avventura da
soli, senza affidarci ad uno dei tanti tour operator che organizza
escursioni di diversa durata nella falesia.
Per quanto riguarda gli spostamenti al di fuori della falesia, abbiamo
preso la decisione di utilizzare solo i mezzi locali: autobus, taxi
collettivi, bache'... ogni cosa va bene, l' importante e' stare
il piu' possibile a contatto con la popolazione locale. Sara' un
viaggio in mezzo ai popoli!
Venerdi' 19 dicembre
Il volo parte alle 17 ed in poco piu' di 5 ore atterra a Bamako,
capitale del Mali. Appena fuori dall' aereoporto ci sta aspettando
un ragazzone nero, che tiene in alto un foglio su cui leggiamo:
TADDIA HOTEL LE LOFT. Si tratta dell' albergo che abbiamo prenotato
via e-mail qualche settimana fa. Saliamo sulla sua "auto"
ed in breve raggiungiamo il quartiere dell' ippodromo, dopo aver
attraversato il fiume Niger, dove si trova l' hotel. Fin qui...
organizzazione perfetta!
Andiamo a letto stanchi ma vogliosi di iniziare l' avventura.
Sabato 20 dicembre
Sveglia alle 6. Prepariamo gli zaini, saldiamo il conto e saliamo
sul taxi che ci sta aspettando giu' in strada. La luce del nuovo
giorno anima lentamente la vita e notiamo diverse persone che si
muovono lungo la strada senza meta apparente.
Giungiamo in breve alla gare routier di Sogoniko, la stazione delle
corriere che raggiungono molte destinazioni dalla parte di qua del
Niger. Non facciamo in tempo a fermarci... che 3 o 4 ragazzoni sorridenti
afferrano l' auto in corsa e si lasciano da essa trascinare a lunghe
falcate: non vogliono lasciarsi scappare questi due bocconcini appetitosi!
Anche il semplice dare un' informazione, infatti, e' qui considerata
una possibile fonte di guadagno, ed e' cosi' che offriamo loro un
caffe' dopo aver aquistato i biglietti per Djenne'. In teoria, il
nostro autobus dovrebbe partire alle 9, ma sappiamo gia' che dovremo
attendere che sia tutto pieno, cosi' decidiamo di fare un giretto
al mercato che sta lentamente nascendo dall' altra parte della strada.
Sui banchetti di legno compaiono povere cose e le persone sono tranquille;
ti offrono i loro prodotti e se tu rifiuti sorridendo continuano
per la loro strada, senza inseguirti.
Ci mettiamo quindi a sedere vicino al nostro autobus, osservando
intorno a noi la vita che si accende, si anima ed infine esplode
in mille colori, forme ed odori. Donne bellissime si dispongono
a cucinare spiedini di carne e banane fritte, altre spazzano la
terra rossa piena zeppa di mosche, molti ragazzi vanno in giro con
carichi variopinti sul capo: biscotti, occhiali, orologi, collanine,
magliette, cappellini.
Aspetteremo la partenza dell' autobus per ben 5 ore, durante le
quali conosciamo un insegnante di inglese... che si rivelera' preziosissimo
per la buona riuscita di questo viaggio in autobus! Il suo nome
e' Adama Traore' ed e' qui per salutare un amico che partira' col
nostro stesso autobus ma che e' diretto a Gao; da qui attraversera'
Mauritania, Algeria , Marocco e cerchera' di raggiungere la Spagna,
dove cerchera' lavoro. Un viaggio eterno, un futuro incerto... buona
fortuna, fratello!
Adama ci aiutera' a tenere con noi sull' autobus i due zaini ed
a capire quando arriva il momento giusto per salire a bordo: lo
salutiamo un' ultima volta quando viene acceso il motore ed i pistoni
iniziano a tamburellare... si parte! Siamo emozionati e ci accingiamo
ad osservare il mondo scorrerci accanto. Purtroppo, dopo pochi minuti
siamo gia' fermi, non si capisce perche', non succede nulla ma non
ci muoviamo! Quando alla fine ripartiamo... e' solo per altri pochi
km, poi siamo di nuovo fermi! Qualcuno deve comprare da mangiare;
poco dopo qualcuno ha sete; quindi e' il momento della preghiera;
ora la toilette, ora si fanno salire delle bimbe che vendono frutta
e pane....insomma, avremo veramente modo di stancarci delle mille
fermate con o senza senso che saremo costretti a sopportare durante
questa prima giornata! Copriremo i circa 500 km che separano Bamako
da Djenne' in 10 ore di autobus!!
Lentamente, il panorama un po' monotono che stiamo attraversando
perde luminosita' ed il buio prende il sopravvento; qua e la' scorgiamo
bagliori rossastri, uniche note colorate in un mondo sempre piu'
nero. Sono i fuochi degli agricoltori che bruciano le stoppie dei
campi. Ovviamente, quando arriviamo all' incrocio per Djenne' (l'
autobus non lascia la strada principale, per cui dovremo arrangiarci
a raggiungere Djenne'!) e' buio pesto e, non appena l' autobus riprende
la sua corsa verso nord, noi ci ritroviamo soli nell' oscurita'!
Insieme a noi e' sceso Jonny, giovane londinese che viaggia da solo
e con cui abbiamo scambiato qualche parola sull' autobus. Notiamo
un' auto ferma, con l' autista addormentato, e da sotto esce Roland,
giovane austriaco che pure viaggia da solo e che e' giunto li' un
paio d' ore fa. Si era addormentato ed ora, svegliato dal trambusto
dell' autobus, ci spiega che quell' auto e' diretta a Djenne'...
ma che ovviamente aspetta di essere piena! E dove le troviamo altre
4 persone dirette la' a quest' ora?!
Decidiamo allora di sborsare un po' di piu' a testa, pur di partire
subito. E si parte, infatti. Sognamo di arrivare all' accampamento
di Djenne' e metterci finalmente a letto; siamo stanchissimi.
Ma Djenne' e' un' isola... e a quest' ora la chiatta per attraversare
il Bani (il fiume che circonda Djenne', affluente del Niger) giace
inanimata sull' altra sponda, nel buio piu' buio che esiste! L'
autista cerca di attirare l' attenzione di qualcuno al di la' del
fiume... ma ben presto risulta chiaro a tutti che oggi non si arrivera'
su nessuna isola! Fra le risatine generali, noi quattro tu-bab (che
significa "bianco" nella lingua dei bambara e che sentiremo
gridare da centinaia di bambini nei giorni a venire) ci infiliamo
nei sacchi a pelo e ci addormentiamo in 10 secondi!
Domenica
21 dicembre
Svegliati di soprassalto dalle grida dell' autista, disfiamo in
fretta e furia questo campo improvvisato e corriamo verso la chiatta
che si' e' materializzata come per miracolo da questa parte del
Bani: non capiremo mai il motivo di tale fretta! Ma siamo a bordo
di questa imbarcazione arrugginita che in breve ci trasporta a Djenne'
e siamo curiosi di scoprire il suo piccolo villaggio, che vanta
la piu' grande moschea di terra dell' Africa intera.
Appena arriviamo nella piazza principale, proprio davanti a questa
meraviglia architettonica, non ci viene lasciato neppure un secondo
per l' ammirazione... un gruppo di uomini ci assale, salutando,
chiedendo da dove veniamo, come stiamo, come ci chiamiamo eccetera
eccetera. Ognuno di loro vuole farci da guida, ma per il momento
vogliamo soltanto arrivare allo Chez Baba, l' accampamento sognato
ieri sera. Da qui organizzeremo la visita al villaggio, ma con calma.
Nel frattempo, le guide si sono date lotta fra loro ed una ha vinto:
ci accompagna fin dentro l' accampamento e ci fa la posta finche'
non ci "bracca" al ristorante. Dopo aver montato la tenda
sul tetto, infatti, ci ritroviamo con Jonny e Roland per la prima
colazione. Con loro, decidiamo di visitare Djenne' con questo Marshall,
piuttosto antipatico ma troppo insistente: non ci lascia scelta!
Lo Chez Baba e' un complesso molto carino, pulito, in stile maliano,
ovvero con tutte le costruzioni di terra, disposte a formare un
quadrato che racchiude un ampio cortile interno, centro nevralgico
della vita dell' intero complesso: donne al pozzo, uomini che puliscono
la verdura da cucinare, spazzini, camerieri che portano la colazione
ai pochi turisti di oggi. A dire il vero, siamo i primi e per tutto
il giorno non vedremo altri bianchi, dal momento che Djenne' e'
famosa, oltre che per la sua moschea, per il suo mercato che si
tiene tutti i lunedi', per cui tutti i tour organizzati fanno in
modo di visitare l' isola proprio in tale giorno.
Oggi dunque, Djenne' e' tutta per noi! La giriamo con calma, al
mattino con la guida, al pomeriggio da soli, scoprendo viuzze e
case basse, povere, essenziali, da cui escono ed entrano indifferentemente
persone, asini, pecore. Dappertutto volti di bimbi che sempre ci
seguono chiedendo qualcosa; finalmente abbiamo il tempo per ammirare
la grande moschea.
Ceniamo al ritmo dei tamburi di un gruppo che suona nel cortile
dello Chez Baba, osservando ammaliati i movimenti sensuali ed un
po' selvaggi di alcune giovani danzatrici.
Lunedi' 22 Dicembre
Come da previsione, oggi c'e' gran fermento a Djenne': c'e' il mercato,
coi suoi colori, i suoi odori, le sue mille merci, e ci sono i turisti,
avidi di emozioni che solo l' Africa sa dare, che si aggirano un
po' spaesati e quasi intimiditi di fronte a tanta vita, a tanta
esplosione di umanita'. Quante persone, infatti, si sono riunite
qui oggi! L' Africa e' proprio questa, l' Africa si incarna nei
suoi mercati, l' Africa vive per i suoi mercati! E' difficile descrivere
a parole cosa significa un mercato africano; solo chi vi si e' trovato
dentro capisce cosa vuol dire!
Oggi splende un magnifico sole e la piazza si accende di abbaglianti
colori, mentre sullo sfondo la grande moschea sembra osservare con
severo amore i suoi figli. Ci perdiamo in mezzo alla folla, in un
capogiro continuo di odori forti e di corpi che si urtano. Poi decidiamo
di prenderci una pausa, cosi', assieme a Jonny e Roland, ci rechiamo
al fiume dove una piroga fa la spola fra le due rive. Vogliamo visitare
i due piccoli villaggi al di la' del Bani, Welingare e Roundessirou.
Sono abitati da Fulani (o Peul) che si riveleranno molto affabili
e curiosi. Pochi bianchi si spingono fin qui, anche se i villaggi
distano poche centinaia di metri dalla riva del fiume, perche' in
teoria non hanno nulla da offrire... ma davvero pensiamo che tutti
questi bimbi che ci stanno correndo incontro con i faccini impolverati
non abbiano nulla da insegnarci? Sotto un maestoso alberone le foto
non si contano piu' e salutarli per tornare verso Djenne' ci costa
fatica; arrivederci piccoli!
Nel primo pomeriggio decidiamo di lasciare l' isola; siamo diretti
a Sevare', dove contiamo di arrivare prima di sera. Salutato Jonny
che si ferma qui ancora un giorno, assieme a Roland ci portiamo
sulla piazza, dove ci hanno indicato i taxi diretti a nord. Un bache'
e' fermo vicino ad alcune bancarelle e, dopo aver aquistato i biglietti,
vi saliamo.
Sulle panche di legno siamo in cinque e c'e' ancora posto. Inizia
l' attesa; dopo un' ora siamo in nove e siamo gia' stretti; dopo
due ore siamo in quindici, strettissimi; dopo due ore e mezzo siamo
pronti a partire, in diciannove, schiacciati come sardine! Fra i
passeggeri, una ragazza con due gemelle neonate!!
Partiamo.. e dopo pochi chilometri ci aspetta la traversata, ma
siamo in fila: davanti a noi otto vetture aspettano il loro turno.
Una di queste, un pullmino bianco, mentre sta salendo sulla chiatta,
rimane impantanato con le ruote posteriori nell' acqua.... panico
generale! Diversi tentativi del tutto inutili vengono sperimentati
e, dopo un' ulteriore attesa di un' ora e mezzo, arriva come per
miracolo una seconda chiatta: compieremo la traversata in pochi
minuti... ma quelli del pullmino sono ancora la'!
Finalmente sulla strada principale, il bache' inizia la sua corsa
verso nord, con noi stipati e sudati sopra.
Trascorrono le ore ed i chilometri, finche' le due gemelle si addormentano
e cala la sera. Ora fa un gran freddo, ma dobbiamo resistere: raggiungiamo
Sevare' in piena notte, salutiamo Roland che prosegue verso Mopti,
prendiamo un taxi e ci facciamo accompagnare in albergo. All' Oasis
hotel montiamo la tenda sul tetto, mangiamo qualcosa e ci ritiriamo.
Martedi' 23 Dicembre
Sevare' non offre nulla, cosi', dopo aver approfittato della presenza
di una banca per cambiare un po' di euro nella moneta locale, ci
incamminiamo verso la gare routier da dove partono i taxi per Bankass.
Ma quando arriviamo a quella da cui partono i taxi per Bandiagara,
succede qualcosa che segnera' i nostri prossimi giorni: all' ombra,
infatti, in attesa di partire c'e' una famiglia di francesi... alla
quale ci aggrappiamo letteralmente per fuggire all' aggressione
di 4 o 5 figuri che parlano tutti insieme, toccandoci e proponendoci
ogni cosa: una guida per le terre dei dogon, minerali dogon, braccialetti
e non so cos' altro! Dopo un po' riusciamo a capire, nella gran
confusione, che i francesi stanno partendo per Bandiagara e da qui
prenderanno un altro mezzo per Djiguibombo, da dove inizieranno
il trekking. Ci pare una buona soluzione, cosi' compriamo anche
noi i biglietti ed iniziamo una nuova lunga attesa. I francesi partono
dopo pochi minuti, poiche' il loro taxi e' gia' pieno; noi partiremo
di li' a due ore, stipati in nove su una normale autovettura!
Arriviamo a Bandiagara, covo dei piu' accaniti esemplari di guide
per le terre dei dogon! Se riescono a "catturarti"...
ti nascondono agli occhi delle altre guide per non farsi scappare
dei clienti. E' dura lotta fra di loro, e' il loro modo di guadagnarsi
da vivere, ma noi restiamo dell' idea di voler tentare da soli il
trekking. Ad ogni modo, dobbiamo cercare di raggiungere Djiguibombo
e per fortuna troviamo di nuovo la famiglia francese: saliamo con
loro su un pullmino che parte quasi subito. L' asfalto finisce e
ci immettiamo su una pista che si fa sempre piu' bella, affiancata
da splendidi baobab davvero enormi e da manghi dalle foltissime
chiome ombrose. Alcune persone ci salutano ridendo.
In una mezz' oretta arriviamo in vista del villaggio di Djiguibombo,
tutto recintato da un muro alto circa 2 metri e con le tipiche casine
di fango ed i granai dal tetto di paglia. Qui scendiamo, e veniamo
immediatamente risucchiati da un nugolo numerosissimo di bambini:
tutti ci vogliono toccare le mani, ridendo felici per questa novita'
nelle loro vite!
Accanto all' autista del pullmino, era salito durante il percorso
un ragazzo alto, con occhiali da sole e aria da cittadino: ora,
questi non ci vuole far partire, inventando sciocchezze del tipo
che " e' vietato entrare nella terra dei dogon senza una guida"
oppure che "la gente ci fara' delle maledizioni se ci vede
andare in giro da soli"! Anche i francesi volevano provare
ad andare senza guida, quindi lasciamo volentieri che Diego, il
padre di famiglia che ha vissuto diversi anni in Africa, parli con
questo tizio. Cerca in tutti i modi di convincerlo a lasciarci andare,
ma senza alcun risultato!
Alla fine ha un' idea geniale: sara' il capo del villaggio a decidere
se lasciarci passare o meno! La figura del capo, infatti, riveste
un ruolo ancora importantissimo presso i dogon, ed anche questo
tizio prepotente si dice daccordo ad accettare la sua decisione.
Entriamo quindi in un ampio cortile e ci sediamo all' ombra; il
capo, un anziano dal sorriso affabile, si siede fra noi e, una volta
venuto a conoscenza del problema, si esprime cosi': "Ho capito
che non trovate simpatico questo ragazzo, percio' vi chiamero' un
ragazzo del mio villaggio: sara' la vostra guida e nessuno vi disturbera'
piu'!". Compare subito un ragazzino dal viso buono e timido:
si chiama Borgo' ed ha 14 anni; dopo le parole del vecchio, si allontana
dicendo: vado ad avvertire mia madre.
Siamo felicissimi di esserci liberati del prepotente, e partiamo
di buon grado lungo la pista, sotto un sole micidiale: sono le 2
del pomeriggio.
Dopo pochi chilometri abbandoniamo la pista per un sentiero fra
le rocce; ci troviamo in breve sul bordo della falesia e guardiamo
in basso una pianura piatta che si perde all' orizzonte, chiara
e puntellata di cespugli ed alberini verdi. Iniziamo a scendere
seguendo un sentiero stretto, roccioso e pittoresco, rallegrato
dalla presenza di diversi gruppi di donne che, coi loro carichi
sulla testa, salgono verso la falesia. Sfilano accanto a noi ridendo
come matte ed ognuna ci stringe la mano: ottima impressione di questo
popolo, dopo la prepotenza dei bambara di citta'!
Verso le 4 giungiamo alle porte di Kani-Kombole', che ha una bellissima
moschea, piccola ma perfetta. Borgo' ci spiega che, in due periodi
dell' anno, i cristiani possono entrarci... ed i musulmani possono
entrare nelle chiese: fantastico!
In realta', i dogon, un tempo ormai lontano, erano tutti di religione
animista; oggi, invece, si sono dovuti convertire all' islam per
motivi di commercio (perche' nelle citta' sono tutti islamici e
questi commerciano solo con gli islamici!), mentre alcuni hanno
scelto di convertirsi al cristianesimo forse per la presenza di
missioni cattoliche anche in queste zone. Ad ogni modo, i dogon
hanno mantenuto alcune tradizioni tipiche del mondo animista, senza
scendere a compromessi con islamici (infatti producono e bevono
in gran quantita' la birra di miglio) o cattolici (continuano infatti
a mutilare i genitali sia dei bimbi sia delle bimbe).
Dopo una breve pausa, proseguiamo il nostro cammino, che si snoda
fra campi coltivati a cipolle in pianura: abbiamo la falesia alla
nostra sinistra e procediamo verso nord. Parallela al nostro sentiero
corre una pista di terra rossa, su cui passano qualche jeep e qualche
motorino. Magnifici baobab lasciano pendere dai rami piu' alti i
loro frutti, che i bimbi raccolgono, lasciano essiccare e poi lavorano
in superficie dando vita a bellissimi "strumenti musicali"!
Al calar della sera giungiamo alle porte di Teli, le cui costruzioni
si avvicinano alle rocce rosse della falesia per arrampicarcisi
perfino sopra. Entriamo in un campament e ci rilassiamo su bellissimi
sdrai tutti di legno.
Ogni villaggio dogon ha uno o piu' campament per turisti: qui si
puo' mangiare, bere e dormire e l' ospitalita' e' sempre eccezionale.
Si puo' scegliere se dormire dentro le semplici ma calde stanzette
oppure sui tetti: noi abbiamo la nostra tenda e cosi' dormiremo
sempre sui tetti! Le scalette per accedere ai "piani alti"
sono stupende: tronchi appoggiati ad uno dei muri esterni, su cui
sono stati ricavati dei gradini irregolari. Artigianali e bellissime!
Ceniamo dunque tutti insieme e restiamo a chiacchierare sotto un
cielo stellato niente affatto disturbato da fonti di luce; il villaggio,
infatti, e' completamente immerso nelle tenebre!
Mercoledi'
24 Dicembre
Alle 6 e 30 siamo pronti per la colazione e assistiamo alla frittura
di palline di miglio che rappresenteranno l' unico nostro alimento
mattutino durante la permanenza nella falesia. Si chiamano bigne'
e sono buoni anche se senza zucchero.
Partiamo alla visita del villaggio, o meglio alla parte antica di
questo, raccolta in una fessura orizzontale della montagna, davvero
pittoresca! Salendo la roccia ci ritroviamo in un mondo che ci pare
ormai perduto, abbandonato ma che mantiene intatto fascino ed un
pizzico di mistero. Vivevano quassu', aggrappati alla roccia come
tanti uccelli, per difendersi dagli animali feroci; ora non ci sono
piu' pericoli e stanno scendendo percio' sempre piu' a valle, abbandonando
gradualmente le pendici rocciose, che rimangono pero' intatti pezzi
di storia! Purtroppo, alcuni mercanti senza scrupoli hanno approfittato
della ingenuita' dei dogon rubando loro porte e finestre di legno
scolpite, che oggi non sono dunque piu' visibili nel loro contesto
originario. Pensate che sono stati addirittura costretti, in alcuni
casi, a mutilare bellissime sculture di legno per non farsele rubare:
roba da matti!
Camminiamo e scopriamo piccoli granai con l' interno diviso in quattro
stanze per contenere quattro tipi di cereali, costruiticome palafitte
sorrette da pietre o da legni per evitare che il prezioso contenuto
marcisse; le case per le donne con le mestruazioni, dove dovevano
stare rinchiuse a ricamare; la casa di un cacciatore che ha "incollato"
ad una parete i teschi di alcune sue vittime, prova tangibile dei
suoi racconti alla gente del villaggio.
Si riprende il cammino verso nord e presto entriamo in un nuovo
villaggio: il suo nome e' Ende' ed e' famoso per i suoi tessuti.
Vari uomini stanno infatti colorando e ricamando bellissimi tappeti,
con colori che tendono al giallo ed al marron, in un vortice di
mille sfumature che ci incantano e ci inebriano! Percorriamo le
strette viuzze, tutte tappezzate di splendidi tessuti, fino al campament,
dove ci verra' servito il pranzo. All' ombra ci rilassiamo leggendo,
scrivendo o guardandoci intorno, felici di essere qui.
Al pomeriggio ci aspetta una tirata incredibile, di quasi 12 km,
che ci portera' di nuovo sulla sommita' della falesia. Attraversiamo
un paesaggio all' inizio un po' monotono, piatto, secco, in pianura.
Poi percorriamo il letto asciutto di un fiume, dalla soffice sabbia
di un tenue color rosa, splendido alla luce che sta lentamente scemando.
Alcuni baobab ci rallegrano con i loro tronchi levigati. Ho letto
sulla guida che questi alberi sono enormi cisterne d' acqua, essendo
cavi all' interno, per cui sono preziosi durante i periodi piu'
secchi!
Arriviamo con le ultime luci del giorno a Begnimato, villaggio posto
in posizione spettacolare, fra rocce che si stanno infuocando al
tramonto. Giusto il tempo per montare la tenda, poi si cena tutti
insieme. Quando calano le tenebre, le uniche luci sono le piccole
lampade ad olio sui tavoli dei turisti.
E' la notte di Natale e a Begnimato c'e' una chiesetta; a mezzanotte
si celebra la messa, ma noi siamo distrutti e ci perderemo questo
rito africano.
Giovedi'
25 Dicembre
I tamburi hanno suonato per buona parte della notte e noi siamo
un po' rintronati. Ma ecco che nasce un nuovo giorno e siamo curiosi
di scoprire dove ci troviamo. Sotto uno splendido sole, ci guardiamo
attorno: enormi torrioni di roccia rossa ci circondano, lastroni
neri splendidamente piatti ai nostri piedi, un bel villaggio con
tante casine dai tetti conici di paglia. Lo attraversiamo per andare
verso il bordo della falesia, faticosamente risalita ieri sera,
e che ora ammiriamo dall' alto in tutta la sua lunghezza: un lungo
serpentone di roccia che si eleva sulla pianura gialla punteggiata
di verde. Splendido panorama e tante foto.
E' tempo di ripartire; oggi rimaniamo sulla falesia e camminiamo
dapprima sulla roccia, poi su durissima terra rossa ed infine su
erba giallissima. Attraversiamo due piccoli villaggi portandoci
appresso nugoli di bambini meravigliosi ogni volta. In uno di questi
c'e' una diga che mentiene l' acqua in un laghetto piuttosto vasto,
che serve per irrigare i campi delle cipolle, i cui verdissimi germogli
possiamo osservare tutto intorno.
Dopo due ore e mezzo di marcia arriviamo al villaggio di Dourou,
dove ci sdraiamo sugli sdrai all' ombra. Qui salutiamo i nostri
amici francesi: Diego, Alix, Celine, Pablo e Gilles tornano infatti
a Bandiagara per proseguire verso il nord del Mali, mentre noi vogliamo
proseguire nella scoperta della falesia.
Dopo una lunga discussione con alcune guide super aggressive che
non ci vogliono lasciar proseguire con Borgo' (solo perche' lui
e' ancora piccolo cercano in tutti i modi di intimidirlo... ma alla
fine in un qualche modo la spuntiamo noi..... ed e' via libera!!)
partiamo lungo una pista che abbandona velocemente Dourou per avvicinarsi
ad uno spettacolare canyon, che attraverseremo per tutta la lunghezza
scendendo lentamente a valle.
Sulle pareti a picco si distinguono le spettacolari abitazioni del
popolo che abito' questi posti prima dell' arrivo dei dogon, i tellem.
Erano di statura molto bassa, tipo i pigmei, e costruivano le loro
case in luoghi all' apparenza inaccessibili, in piccoli anfratti
della roccia verticale, per proteggersi dalle belve feroci che un
tempo infestavano le vallate.
Non siamo soli: si sono aggregati a noi Lawrence ed Evenich, francesi
della Bretagna. Verranno con noi sino a Sanga, dove saluteremo anche
Borgo'.
Lungo il sentiero ripido scendiamo spesso su scalette di legno,
incrociando molte donne cariche di merci; tornano ai loro villaggi
dopo essere state tutto il giorno al mercato del villaggio che vediamo
dall' alto: Nombori. Vi giungiamo presto, dopo esserci fermati un
paio di volte per dare del collirio ad una bimba dagli occhi rossissimi
e della pennicillina ad un' altra bimba con un' ulcera sulla gamba.
Sentiamo la musica provenire dalla zona del mercato, ed infatti
c'e' una festa! Ragazze e ragazzi con i loro abiti piu' belli danzano
formando un ampio cerchio intorno ai musicisti. Bellissimi gli strumenti,
ricavati tutti dalla natura, come una specie di zucca vuota con
tante conchiglie legate attorno che saltellano felici creando un
suono soave e ritmico!
Dormiremo al campament Baobab, arrampicato sulle rocce. Ben presto
i nostri occhi vengono catturati dallo spettacolare tramonto che
infuoca il cielo mentre il profilo scuro di alcune acacie si
pennella sullo sfondo come in un magico dipinto su tela.
Venerdi'
26 Dicembre
Prima di ripartire da Nombori, facciamo una richiesta a Borgo'.
Dalla Lonely Planet, infatti, impariamo che in questo villaggio
si puo' fare visita all' hoggon, ovvero il vecchio saggio; cosi',
muniti di grosse noci di cola precedentemente comprate al mercato,
ci arrampichiamo tutti insieme alla sua casa. Un vecchio ormai cieco
siede all' ombra di un grande albero, chissa' quanti anni ha .....
e quante cose ha visto cambiare in seno al suo popolo. Gli diamo
la mano, lasciando in essa cadere le noci, e quando lui se ne accorge
ride contento e ci fa ogni sorta di benedizione, che Borgo' prontamente
ci traduce.
Nell' attraversare il villaggio incontriamo il togu-na, la casa
della parola dei dogon. Rappresenta l' elemento fondamentale di
ogni villaggio, il primo ad essere costruito. Sotto il suo tetto
si radunano gli uomini per discutere di problemi, di matrimoni e
insomma di tutto cio' che concerne la vita sociale. Non e' molto
alto, cosicche' le persone devono restare sedute affinche' le parole
che escano dalle loro bocche siano parole di verita'.
Abbandoniamo Nombori e ci dirigiamo verso Tireli, che raggiungiamo
a meta' giornata dopo aver camminato su di un sentiero spettacolare
fra enormi baobab, manghi e tamarindi. Incontriamo vari bimbi che
ci prendono per mano; uno di loro ci mostra fiero la bicicletta
che ha costruito servendosi esclusivamente di bacchetti di legno:
potenza dell' ingegno!!
Tireli si mimetizza perfettamente con la montagna ed offre scenari
splendidi. Ci riposiamo su di un bel terrazzino all' ombra, in un
silenzio rotto soltanto da qualche risata fanciullesca e da qualche
raglio di asino.
Quando
il caldo piu' torrido e' passato, riprendiamo il cammino. Sono le
3 e strada facendo compriamo alcuni oggettini di legno dai bambini
che ce li offrono supplicandoci con i loro grandi occhioni. Sappiamo
che quelli di ebano non sono fatti qui, poiche' non ci sono tali
alberi, e che loro li aquistano da artigiani per esempio del Burkina
Faso... ma sono cosi' belli che non resistiamo!
Passiamo accanto ad Amani, che non visitiamo. Appena fuori dal villaggio
c'e' una pozza-attrazione turistica con tanto di cartelli che pubblicizzano
la presenza di coccodrilli. Per avvicinarsi bisogna pagare e noi
proseguiamo oltre, tanto i coccodrilli non ci sono, ci dice Borgo'!
Appesi agli alberi notiamo numerosi feticci che la gente dei villaggi
fa o fa fare agli stregoni per allontanare maledizioni o attirare
su di se' qualche spirito benigno. Oggigiorno, tali credenze non
sono piu' cosi' vive fra i dogon, convertiti a religioni assai diverse
dalla loro originaria; loro pero' continuano a sentirsi animisti
in fatto di donne, bambini e birra. Insomma si puo' ben parlare
di africanizzazione dell' islam!
Il sentiero corre parallelo alla falesia che in questo tratto e'
davvero bellissima, a picco sulla valle e di uno splendido colore
caldissimo. Iniziamo a scorgere le propaggini meridionali di Ireli,
le cui casupole di fango sembrano cercare nell' intimo abbraccio
con la roccia una sorta di protezione: fanno tenerezza!
In breve attraversiamo alcuni campi di cipolle dove uomini chini
sulle verdi piantine si alzano per salutarci; entriamo quindi nel
campament che si apre immediatamente in un vasto cortile interno.
Ai muri delle case sono appoggiate fantastiche sculture di legno:
rappresentano uomini, donne e coccodrilli e sono in vendita. Inutile
dire che le lasceremo li'... i nostri zaini sono gia' abbastanza
pesanti, ma faremo loro diverse foto.
Montiamo la tenda sul tetto, ci concediamo l' enorme lusso di una
doccia (fredda) e siamo pronti per la cena a base di pasta con sugo
di pomodoro e pezzi di pollo, annaffiando il tutto con un inaspettatto
goccio di vero bordeaux francese portato da Evenich!!
Sabato
27 Dicembre
Dopo colazione ci portiamo in alto sulle pendici della falesia,
nel cuore di Ireli. Troviamo uno dopo l' altro numerosi mercatini
allestiti per i turisti: oggetti grandi e piccoli di legno, stoffa,
ciotole, frutti di baobab, le famose serrature dogon e le miniature
delle ancor piu' famose porte dogon: tutto assolutamente bellissimo!
Scattiamo molte foto, e dopo una in particolare qualcuno ci urla
dietro che bisogna pagare per fotografare li'. Sborsiamo senza scomporci
qualcosa come 1 euro e mezzo e le anime si quietano immediatamente:
d' altra parte siamo a casa loro, no?
Continuiamo a salire; oggi il cammino ci portera' a Sanga, il villaggio
dogon piu' grande ed abitato di tutta la falesia. Per arrivarci
ci arrampichiamo in una gola scura, incontrando alcuni gruppi di
turisti che vanno in senso opposto al nostro. Sbuchiamo poi in un
ampio vallone roccioso, nero, lucido e bellissimo che seguiamo in
direzione nord.
Fa molto caldo e beviamo spesso: in tutti i villaggi finora incontrati
abbiamo trovato bottiglie di acqua minerale, cosi' le pastiglie
di micropur portate per disinfettare l' eventuale acqua dei pozzi
sono sempre rimaste in fondo allo zaino! Si trovano sempre anche
coca cola e bevande gasate a base di ananas o di mela.
Gradualmente il suolo roccioso lascia il posto ad un terreno morbido,
ricoperto di erbetta secca ma verdina e vediamo sempre piu' vicine
le prime abitazioni di Sanga. Come arriviamo, veniamo circondati
da una miriade di venditori di ogni eta': hanno energia da vendere
mentre noi siamo molto stanchi. Decidiamo di concederci un buon
pranzo ed attraversiamo in fretta il villaggio, alla volta dell'
hotel campament Guinna. E' un complesso piuttosto grande e ci riposiamo
all' ombra del suo bel cortile verdeggiante, finalmente liberi dagli
agguerriti venditori. Offriamo quindi il pranzo a Borgo' e poi via
di corsa al mercato.
A Sanga si tiene infatti un coloratissimo mercato ogni 5 giorni
e noi siamo fortunati. Nella grande piazza centrale si sono radunate
decine e decine di persone, si sono sedute a terra, hanno aperto
i loro teli ed hanno esposto tutti i loro averi. Odori, colori,
volti, suoni.... e mille "no, merci!" da parte nostra.
Alla fine della giornata siamo stravolti e ci restano appena le
energie per salutare i due francesi e la nostra petit guide, Borgo'.
Insieme, si dirigono verso il taxi che li portera' a Bandiagara.
Noi li osserviamo allontanarsi dalla cima del nostro tetto.
Domenica 28 Dicembre
Decidiamo di riposarci qui un intero giorno. Leggiamo, guardiamo
la vita dall' alto del nostro tetto, mangiamo. Nel pomeriggio usciamo
dall' hotel per scrutare i dintorni di Sanga, che non offre gran
che'. Attorniati dai soliti bimbi curiosi e speranzosi di ottenere
qualcosa, ci portiamo fin sull' orlo della falesia ed osserviamo
in silenzio il sentiero che scende a valle fra bei terrazzi rocciosi.
Lo seguiremo domani mattina, per il momento torniamo sui nostri
passi, chiacchierando coi bambini che ridono per ogni cosa.
Lunedi'
29 Dicembre
Partiamo e subito ci si incollano diverse persone. Parliamo con
un ragazzo e con lui ci mettiamo daccordo: ci fara' da guida fino
al villaggio di Youga-na, a circa 12 km da qui. Il sentiero offre
vedute mozzafiato sulla valle sottostante, dove si riconosce il
sottile nastro di una pista. Lasciamo alla nostra sinistra il villaggio
di Banani ed all' incrocio dove la maggior parte dei turisti gira
a destra, noi giriamo a sinistra. La pista corre fra distese sabbiose
su cui il procedere e' lento e faticoso. Il sole picchia sulle nostre
teste e ad ogni piccolo villaggio che incontriamo ci fermiamo a
bere ed a riposare.
Infine giungiamo a Youga-na, paghiamo la guida che riprende la via
di casa e ci abbandoniamo su di un invitante materasso colorato
alla magnifica ombra di una stanza del campament.
Nel tardo pomeriggio veniamo fatti spostare in una stanzetta vicino
alla toilette (risultera' fondamentale tale vicinanza durante la
notte..... purtroppo!), montiamo la tenda sul tetto e subito dopo
si alza un forte vento: e' l' harmattan, il vento del Sahel, che
arriva dal deserto del Sahara e porta con se' calura e sabbia.
Ceniamo, per la prima volta da quando siamo in terra dogon, da soli
e ci pare la cosa piu' romantica del mondo!
Assai meno romantica sara' la dissenteria che mi colpira' nella
notte..... e che mi trascinera' in un vortice di oblio febbricitante
che e' meglio non ricordare!
Martedi' 30 Dicembre
Altra sosta, questa volta forzata, di un' intera giornata. Ma non
tutti i mali vengono per nuocere, ed infatti questa occasione si
e' rivelata ottima per conoscere meglio l' ospitalita' sincera dei
dogon. In una terra dove i turisti si spostano quotidianamente di
villaggio in villaggio, senza soffermarsi nella conoscenza delle
persone che vi abitano, la nostra sosta in un piccolo villaggio
sara' ricordata senz' altro! E' solo cosi' che ho potuto vedere
la preoccupazione delle persone del villaggio, che una dopo l' altra
venivano ad informarsi sul mio stato, a portarmi un cuscino, una
coperta, qualcosa da bere. Bisogna ammalarsi, dunque, per sentirsi
piu' vicini a queste persone? Ovviamente no, bisogna solo essere
un poco piu' profondi e cercare di approfondire il piu' possibile
la conoscenza con loro. Non scorderemo mai queste persone, no davvero!
Mercoledi' 31 Dicembre
Finalmente sto meglio e possiamo pensare di continuare il nostro
viaggio. Non abbiamo infatti la possibilita' di prolungare troppo
la nostra permanenza in territorio dogon, anche se vorremmo tanto,
poiche' la strada per tornare alla capitale e' molto lunga e, spostandoci
utilizzando solo mezzi locali, dobbiamo avere buoni margini di tempo
per non rischiare di perdere il volo di rientro in Italia.
Oggi dobbiamo arrivare a Bamba, circa 30 km da qui. Considerato
il fatto che io sono convalescente ed accuso ancora forti dolori
addominali, optiamo per spostarci con un mezzo davvero particolare......
e di cui non ci pentiremo!
Ogni villaggio possiede generalmente uno o piu' carretti che vengono
trainati da buoi o asini: servono alle persone per portare le merci
ai mercati nei villaggi vicini. Ebbene, e' per uno di questi carretti
che stiamo ora contrattando con un uomo di Youga-na! Una volta raggiunto
l' accordo, iniziano senza fretta i preparativi, mentre le persone
si radunano numerose incuriosite per l' avvenimento: due turisti
su un carretto?
Arriva il bue, che in effetti non ha molta voglia di camminare oggi!
Viene assicurato al carretto tramite un rudimentale piccolo giogo
e, assicurati gli zaini al pianale di legno, siamo pronti per partire.
Ma prima: la fotografia di rito al villaggio (solo gli uomini si
fanno fotografare, in genere le donne si defilano!) con la promessa
che manderemo le stampe una volta tornati in Italia!
E' bello lasciarsi portare da un bue; l' andatura e' lenta, ma tanto
non c'e' fretta, l' importante e' arrivare!
Ci godiamo il panorama che scorre accanto a noi, rispondendo al
saluto di decine di persone che ci guardano stranite. Siamo entrati
in una zona che non e' piu' molto turistica ed infatti i volti dei
bimbi sono ancora piu' increduli.
La falesia si sta lentamente disgregando; non appare piu' come un'
unica lunga parete serpeggiante ma si sfalda in tanti spuncioni
di roccia rossissima.
Ad un certo punto ci troviamo ad attraversare un villaggio in festa:
un breve corteo di uomini che suona arcani strumenti vegetali si
rallegra per l' avvenuta circoncisione di alcuni bimbi. Almeno i
maschietti vengono festeggiati, le femmine invece.......
Ogni tanto il carrettiere tocca la base della coda del bue, e questi
parte in una corsetta buffa!
Verso il tardo pomeriggio arriviamo a Bamba, dopo 7 ore trascorse
sul carretto. Il villaggio si allarga alla base di una spettacolare
piramide rocciosa che nasce come per incanto dalla pianura circostante.
Si vede bene il grande letto di un fiume ora in secca ma che durante
la stagione delle piogge si riempira' creando non pochi problemi
alla gente di Bamba. Il campament dove arriviamo e' deserto; mentre
il bue viene finalmente liberato e condotto a pascolare beato, il
nostro carrettiere va verso il villaggio a chiamare qualcuno. Torna
dopo che noi abbiamo montato la tenda sul tetto, in tempo per assistere
ad una scena che ci tocchera' il profondo dell' anima!
Un gruppetto di bambine, di ritorno dal fiume o dal pozzo piu' vicino
e dunque cariche di secchi colmi d' acqua, si ferma sotto il nostro
tetto e domanda i nostri nomi. Provano a ripeterli: an-to-nio, glo-ria
e subito ne fanno un gioco, una musica, una canzone. Iniziano a
battere ritmicamente le manine cantando "antoooonio-glooooria,
antoooonio-glooooria, antoooonio-glooooria" dando vita ad una
canzoncina che ripeteranno all' infinito e che continueremo a sentire
provenire dal villaggio nelle ore piu' tarde!! Impossibile dimenticare!!!
Gli uomini sopraggiunti ci allestiscono in breve una sala da pranzo
in perfetto stile dogon: tavolino con tovaglia colorata di tessuto,
sedie di legno, bacinella per lavarsi le mani, secchio pieno di
bibite fresche. Unica differenza dagli altri villaggi: da qui in
poi non si trovano bottiglie di acqua minerale! Siedono tutti con
noi, saremo in tutto una decina, ed iniziamo a conversare come fossimo
amici di lunga data. Ci guardano con curiosita' poiche' qui davvero
di turisti ne passano pochi. Ceniamo con riso e sugo al pomodoro
e, dato che le loro quantita' sono sempre piuttosto abbondanti,
quando siamo sazi offriamo loro il resto del riso: non aspettavano
altro! Si gustano questo inaspettato pasto con gioia, essendo abituati
a mangiare sempre e solo il porridge, impasto di farina di miglio
e acqua. Gli alimenti piu' ricchi, come pasta e riso, vengono infatti
conservati esclusivamente per i turisti.
E' cosi' che festeggiamo l' ultimo giorno dell' anno, in compagnia
di gente sconosciuta ma che pare di conoscere da sempre. Ci ritiriamo
in tenda sotto un firmamento perfetto, con suoni di tamburi in lontananza
a farci da colonna sonora!
Giovedi' 1 Gennaio 2004
Ci rimangono da coprire circa 60 km per concludere la falesia. Io
sto bene ma farli a piedi richiederebbe troppi giorni. Il carretto
potrebbe essere una soluzione ma abbiamo altro in testa. Abbiamo
sparso una voce fra la gente di Bamba, che come sospettavamo ha
animato gli animi! E' possibile noleggiare una moto da enduro? Quando
questa mattina siamo scesi dal tetto per la colazione, c' erano
gia' diverse persone ad attendere l' avvenimento della giornata:
la lunga contrattazione per il noleggio di una moto ai due turisti
bianchi!
Il carrettiere, infatti, che e' rimasto a dormire al campament con
noi e che oggi lentamente fara' ritorno al suo villaggio, si e'
dato un gran da fare per cercarci una moto.... e l' ha trovata!
A dire il vero le moto devono essere due, per permettere ai rispettivi
proprietari di fare ritorno a Bamba con entrambe le moto. Inizia
cosi' la lunga discussione sul prezzo, mentre molti del villaggio
si sono riuniti qui e dicono la loro, dando ragione ora a noi ora
al loro paesano; Taddy scrive i consumi ed il prezzo della benzina,
fa un calcolo per le due moto, ricarica il tutto per garantire un
guadagno sufficiente ai due ragazzi: lancia la sua offerta. I due,
ovviamente chiedono il doppio, cosi', dopo aver chiesto di vedere
le moto, controllato che tutto funzioni (il freno anteriore non
c'e'!) si giunge ad una conclusione. Che gioia i preparativi, che
sorrisi sulle facce della gente, che agitarsi di braccia dietro
a noi una volta che siamo pronti e partiamo!!!
Inizia una nuova avventura, in sella ad una Yamaha 125 bianca e
blu. La pista e' spesso sabbiosa e il procedere difficile, ma ci
divertiamo. Incontriamo decine di persone e tutte alzano il braccio
in segno di saluto; alcuni bimbi fuggono spaventati; un gruppo di
donne con enormi carichi sulla testa e piccoli fagotti sulla schiena
si fa fotografare accanto alla moto.
Il panorama e' sempre piu' piatto e ci lasciamo decisamente alle
spalle la falesia, la nostra cara falesia, che ci ha fatto da casa
in tutti questi giorni! In 3 ore e mezzo copriamo i km che ci separano
da Douentza e quando vi giungiamo restiamo interdetti dalla folla
di persone, cui non siamo piu' abituati.
Offriamo da bere ai ragazzi, saldiamo con loro il nostro conto e
li seguiamo con lo sguardo mentre fanno dietro front per tornare
al loro villaggio.
Douentza si trova sulla strada asfaltata che congiunge Gao a Mopti
e sulla quale passa di rado qualche fuoristrada e qualche auto sgangherata.
Attendiamo qui un taxi brousse, che stranamente arriva dopo solo
un' ora. E' un furgoncino dove ci stipiamo in trenta; i passeggeri
sono soprattutto tuareg e peul. Sul tetto vengono caricate fascine
di legna, sacchi enormi, addirittura un motorino, che ad ogni sosta
sale sempre piu' in alto perche' vengono caricate altre fascine
ed altri sacchi!
Al primo posto di blocco ci fermiamo una mezz' oretta: nessuno a
parte noi due, infatti, ha un documento d' identita' e tutti devono
pagare una multa (non capiamo se e' solo un modo di fare soldi del
funzionario o se e' la prassi, fatto sta che le polemiche non si
placano neppure quando finalmente ripartiamo!!). Quindi il viaggio
prosegue sorprendentemente veloce, con solo una sosta significativa
per far riposare i passeggeri, che scendono a sgranchirsi le gambe.
In un' altra occasione scarichiamo persone e carichiamo capre; poi
arriviamo a Sevare' dove scendono tutti. Noi soli proseguiamo fino
a Mopti, dove giungiamo al calar del sole.
Troviamo una camera all' hotel Le Fleuve, subito dietro al piu'
bello e famoso hotel Kanaga. In quest' ultimo ceniamo per poi ritirarci
a dormire.
Venerdi' 2 Gennaio
Visitiamo Mopti, considerata la Venezia del Mali, in quanto si sviluppa
sul fiume Niger ed accoglie il porto fluviale piu' importante del
paese. Da qui, infatti, partono le grosse imbarcazioni dirette a
Timbuktu, nel cuore del Sahara, cariche di ogni tipo di merce (anche
di turisti!) e qui fanno rientro con grosse lastre di sale. A Mopti
vivono diverse etnie, riunitesi in tempi lontani per motivi commerciali.
La piu' interessante e' secondo noi quella dei Bozo, pescatori che
hanno costruito i loro semplici villaggi lungo il Niger ed il Bani,
che proprio qui a Mopti si incontrano.
Il mercato lungo il porto e' animato ma molto molto sporco; sara'
forse perche' siamo stanchi, ma rimpiangiamo i bei mercati dei dogon,
senz' altro piu' puliti. Purtroppo l' Africa e' cosi': dove si raduna
la civilta', costituita da persone per lo piu' molto povere, si
crea una sporcizia inverosimile; per ritrovare la pulizia bisogna
addentrarsi nella natura, dove le persone sono pure molto povere
ma non possiedono neppure cose superflue da gettare per terra!
Un ritrovo immancabile per i turisti che visitano Mopti, se non
altro per liberarsi almeno momentaneamente degli assatanati giovani
del posto che si propongono come guide, e' il bar Bozo; una vasta
terrazza coperta che si affaccia sul porto, dove poter mangiare
e bere qualcosa di fresco. Il servizio e' il piu' lento di tutto
il Mali, ma il cibo non e' male.
Ed e' qui, al bar Bozo, che il Mali ci ha fatto un altro bellissimo
regalo! Marina ed Orietta, due sorelle di Venezia, nostre compagne
di viaggio in Libia ed in Marocco, sono arrivate qui col loro gruppo...
ed incontrarsi e' stato fantastico! Abbiamo chiacchierato a lungo
sulle nostre diverse esperienze in queste terre e quando ci siamo
salutati abbiamo riso del fatto che ci si incontra sempre in Africa
e mai in Italia!!
Ultimo appuntamento a Mopti e' quello intimo col fiume: un giretto
in pinasse nelle ultime ore del giorno e' qualcosa di imperdibile!
Mentre noi scivoliamo privi di peso (anche perche' non remiamo noi!!)
sulle acque calme del Niger, i Bozo si preparano per la sera; accendono
fuochi, si lavano, raccolgono fascine, fanno rientro con le imbarcazioni
dopo la pesca. Una serie di immagini antiche che si ripetono sempre
uguali; semplici, poveri movimenti carichi di vita. Uno splendido
tramonto macchia le acque di giallo oro.
Sabato 3 Gennaio
Ieri avevamo comprato i biglietti della corriera per Segou: lentamente
ci stiamo riavvicinando a Bamako.
Abbiamo optato per la Bani, compagnia di corriere piuttosto pulita
e veloce. E che si e' rivelata pure puntale: alle 7 e 30 precise
ci siamo mossi da Mopti!
Il viaggio e' stato tranquillo e privo di tutte le mille fermate
della compagnia scelta all' andata!
A meta' giornata arriviamo a Segou, dove troviamo una stanza all'
hotel Auberge, pulito, con una bella piscina in un giardinetto molto
grazioso dove praticamente trascorriamo il pomeriggio ripensando
ai bei momenti trascorsi in questo viaggio.
A cena ci concediamo il lusso di una pizza al ristorante dell' hotel
Le Djoliba: davvero buona considerato che siamo in Africa!
Domenica 4 Gennaio
Oggi proviamo un' altra compagnia di corriere maliana: la Somatra,
abbastanza buona, veloce e puntuale come la precedente! Si parte
presto al mattino e si giunge nel primo pomeriggio a Bamako. Taxi
fino all' hotel Tamana, nella zona dell' ippodromo.
Il caos della citta' ci tramortizza, sembriamo due pupazzi trasportati
dagli eventi. Quando alla fine arriviamo al nostro hotel ci lasciamo
cadere stremati su fantastiche panchine di legno in un fantastico
giardinetto all' ombra di fantastici alberoni veramente enormi!
L' hotel Tamana e' infatti un bellissimo albergo, su due piani,
con belle maschere appese alle pareti e bei tavolini di legno lavorato.
Dopo una bella doccia ristoratrice, andiamo a pranzo al San Toro
che si raggiunge a piedi in 10 minuti: mangiato divinamente! Ottimo
il pollo alle cipolle. Non servono alcoolici ma hanno splendidi
succhi di frutta.
Nel pomeriggio, riposo totale con puntatina ad un vicino internet
cafe'!
Cena al Bla Bla bar con ottimi spiedi di carne alla griglia e patate
fritte: dall' altra parte della strada rispetto al nostro hotel!
Lunedi' 5 Gennaio
Sebbene sia il nostro ultimo giorno di vacanza, abbiamo deciso di
regalarci ancora qualcosa di speciale.
Dopo aver sbrigato le pratiche di check in al comodissimo ufficio
dell' Air France in centro a Bamako, abbiamo camminato in lungo
e in largo per le sovraffollate vie di Bamako, dove la gente vive
letteralmente per strada. Cucina, dorme, fa la cacca, insomma.....
tutto vien fatto all' aria aperta e sotto gli occhi di tutti!
Quando il calore si e' fatto eccessivo, poi, ci siamo rintanati
in un posticino meraviglioso, che ci ha proiettato in un mondo lontanissimo
da qui: un po' come fare un viaggio nel viaggio!
Abbiamo pranzato, infatti, al ristorante thailandese Soukhothai,
in un atmosfera orientale, con musica orientale, pulitissimo, con
portate eccellenti ed un servizio impeccabile! Un po' caro, a dire
il vero... ma abbiamo voluto esagerare: siamo in vacanza, no?
Ed e' con questo sapore di Africa un po' "orientale" che
ci apprestiamo a salire a bordo dell' aereo che ci riportera' a
casa: i nostri cuori sono pieni di ricordi meravigliosi!
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