LUGLIO 2002: DESTINAZIONE NAMIBIA
Diario di Bordo
Sabato 06/07/02
Aeroporto di Francoforte ore 19,50: solo ora mi sono ricordata del
diario di bordo. OK mi presento: sono Alfia, età matura ma non si
direbbe, viaggiatrice per passione, per credo, per cultura, per
necessità dell'anima, semplicemente per il piacere di andare. In
attesa dell'imbarco sull'aereo della South African Airways con destinazione
Namibia, via Johannesburg, vi presento i miei compagni di viaggio:
- Enzo, detto simpaticamente L'Enzo, è l'eterno ragazzino, di cuore
e di mente, la vita per lui è un gioco da vivere giorno per giorno.
I suoi argomenti preferiti: la sua moto ed il suo cavallo. - Massimo
è il classico bravo ragazzo, socievole ma non troppo per non rischiare
l'invadenza, sempre gentile e disponibile, interessato ma garbato,
sembra uscito dalle pagine del galateo cinquecentesco. - Amerina,
detta Ame per semplificare, è la mia amica del cuore. Ha un carattere
esplosivo, particolarmente disposto al divertimento, ironica sempre
e soprattutto con se stessa, seria solo se strettamente necessario.
Abbiamo iniziato a parlare di questo viaggio l'estate scorsa, durante
un pranzo domenicale a casa mia. A quel tempo si pensava genericamente
all'Africa australe, e a me fu lasciato il compito di decidere dove.
"Si dice che Dio creò la Namibia in un giorno di collera" lessi
un giorno da qualche parte, "e tutto sembra essere rimasto come
allora". La scelta fu inevitabile. Eccoci quindi in viaggio per
l'Africa. La mia emozione è alle stelle. Su Francoforte sta scendendo
la sera (la mia vena poetica è sempre in agguato!!!): sono già le
20,00 ed ancora stanno imbarcando le valigie, sicuramente partiremo
in ritardo. P.S. A Fiumicino le forbicine d'Amerina sono finite
nel cestino dei rifiuti: tanto male ci rimase !!.
Domenica 07/07/02
La notte è passata abbastanza velocemente. Con le mie inseparabili
gocce del genere "stai calma, tanto il mondo continua a girare",
Amerina è sprofondata nelle braccia di Morfeo subito dopo averle
deglutite. Ad ogni modo tutti abbiamo dormicchiato, Amerina ha dormito.
Io sarei rimasta assonnacchiata molto volentieri per un'altra ora
ancora, ma alle cinque hanno acceso le luci e ci hanno sparato un
bicchiere di succo di arancia. Poco dopo colazione all'inglese,
ore sette arrivo a Johannesburg. Appena scesi dall'aereo ci investe
un'aria frizzante e decisamente fredda. Niente paura: L'Enzo si
è fregato senza ritegno la coperta gentilmente offerta dal servizio
di bordo, e si appresta a farne un uso condominiale. Vista l'impellente
necessità fisica soprassediamo ad ogni considerazione di carattere
morale. In attesa di prendere l'aereo per Windhoek girovaghiamo
per il Terminal 1 incuriositi dai negozi di artigianato africano.
La nostra mente già programma gli acquisti che in ogni viaggio impegnano
anche il turista più restio. Amerina s'innamora delle giraffe; ce
ne sono tante e di tutte le dimensioni: ovviamente le piace quella
gigante che sarà complicato portarsi in aereo!!. Quando la stanchezza
ha la meglio raggiungiamo come un miraggio alcune panchine libere,
una per ciascuno, e già pregustiamo un bel risposino, tutti sdraiati
con gli arti bene allungati, sbadigli e stiramenti compresi, tanto
siamo in vacanza!!; ma in viaggio si sa, mai dare nulla per scontato:
nel momento in cui stavamo raggiungendo la massima distensione,
la parte vigile della nostra mente viene richiamata da qualcuno
che ci apostrofa con insistenza. Con una certa fatica riusciamo
a focalizzare la situazione: il quinto componente del gruppo vacanza
ci si sta presentando, ci ha individuati dal cartellino del tour
operator. Addio all'uomo bello e sexy sognato da Amerina: trattasi
di una ragazza, è di Milano e si chiama…. Miki. Immediatamente Ame
mette a nudo il lato migliore di se e la nuova compagna di viaggio
non si scandalizza affatto, anzi sembra proprio divertirsi; speriamo
quindi di trovarci bene insieme. Alle ore 11 siamo tutti ai nostri
posti sull'aereo che ci porterà in Namibia, e poco dopo ci godiamo
il primo pasto veramente buono da quando siamo partiti. Volo tranquillo.
Non appena riesco a liberarmi del vassoio e ad alzare il micidiale
tavolinetto reclinabile, incollo il mio viso all'oblò. Sotto di
noi scorre una distesa infinita di terra desertica, prima con brevi
rilievi, poi completamente piana, intervallata ogni tanto da qualche
pozza semiasciutta (almeno io credo si tratti di questo). Immagino
che stiamo sorvolando il deserto del Kalahari; non vi è traccia
d'insediamenti umani. L'aspetto è solo apparentemente uniforme,
e ad uno sguardo più attento si possono individuare una molteplice
varietà di colori. Strade sterrate ed esasperatamente diritte
si perdono in lontananza. Finalmente atterriamo all'aeroporto di
Windhoek; l'orizzonte infinito ed assolutamente piatto che si presenta
ai nostri occhi è sconcertante. Le valigie arrivano subito e poco
dopo conosciamo la nostra guida, un ragazzo di origine siciliana,
con grandi occhi verdi, ed un gradevole accento straniero. Egli
è in terra d'Africa dall'età di nove anni, e quindi la sua lingua
naturale oramai è l'inglese; conosce inoltre il tedesco, l'africano
ed ovviamente l'italiano. Poiché la sua vita è un po' peregrina
si fa chiamare Il Nomade. La coppia che doveva completare il gruppo
ha rinunciato, quindi la speranza di essere in compagnia di qualche
uomo da sogno è persa per sempre (la speranza era molto nutrita
da Amerina che è sempre in cerca di ammirevoli esemplari maschi).
Durante il tragitto dall'aeroporto fino alla capitale abbiamo il
primo impatto con un paesaggio molto particolare, aspro ed essenziale,
eppure pieno di colore. Siamo nel centro geografico della Namibia.
Ogni tanto incontriamo dei babbuini che giocano ai bordi della strada.
Lasciate le valigie in albergo, risaliamo subito nel pulmino per
un city tour: strade larghe, pochi grattacieli e non molto alti
, case ordinate nelle colline che circondano la città, tutto emana
precisione e compostezza. E' molto visibile la mano dei tedeschi
che hanno colonizzato il paese fra ottocento e novecento. La cattedrale
luterana sorveglia dall'alto la vita tranquilla di una popolazione
bianca che ha scelto di vivere in una capitale fuori dal mondo.
L'africa vera è pochi chilometri più in là, nella vasta township
nera che il Il Nomade ci mostra percorrendo la strada principale
che l'attraversa. Il posto si chiama Katutura che significa "non
abbiamo fissa dimora", e pullula di disoccupati. Da come ci guardano
forse è proprio meglio non insistere nella visita. Il Nomade dice
che i neri non amano molto i bianchi ed il suo accento tradisce
una certa animosità. Subito innesco una discussione con lui: "sfido",
dico io, "dopo che li hanno sterminati all'epoca della colonizzazione
tedesca?!!! La mia Guida Turistica dice che i Nama e gli Herero
subirono un vero e proprio genocidio!!!: essi passarono da 80.000
a 15.000 persone nel 1904.!!! Penso proprio che hanno tutto il diritto
di starsene un po' sulla difensiva." Ora c'è la repubblica ed il
potere politico è in mano ai neri, ma ovviamente l'economia è ancora
appannaggio dei soli bianchi che si tengono ben strette le più importanti
risorse economiche del paese, prima fra tutte i diamanti. Infine
mi calmo e cerco di accantonare le mie considerazioni da "questione
sociale": in fondo sono in vacanza.!!! Il clima di confidenza con
Il Nomade e con Miki cresce ovviamente di ora in ora ed a cena ci
si sente finalmente in confidenza. Il locale è molto caratteristico
dall'atmosfera un po' africana e un po' retrò; Menù leggero leggero
(in senso ironico), che ha fatto molto compagnia ad Amerina per
tutta la notte e la mattina successiva. Torniamo in albergo: è praticamente
un freddo cane. Nelle stanze gelo siberiano e siamo veramente molto
preoccupati, soprattutto Amerina che ha portato tutte canottiere.
Prima di morire per ipotermia L'Enzo riesce a mettere in funzione
il riscaldamento, con grande sollievo di tutti.
Lunedì 08/07/02
La sveglia doveva essere alle 6,30 ma alle 6,00 il telefono squilla
senza posa: invano cerchiamo l'apparecchio sul comodino, come siamo
abituati nei nostri alberghi. La maratona di prima mattina fa bene,
mette in circolo il sangue, ed è con questo spirito che gli impiantisti
hanno progettato la presa telefonica vicino al tavolo.!!!. Tutto
questo perché le valigie dovevano essere fuori dalla porta alle
ore 7,30. Ma Il Nomade si è dimenticato che i namibiani non hanno
fretta, e praticamente solo un'ora dopo riusciamo a vederle caricate
nel pulmino. Partenza per Sossusvlei. C'è un passeggero in più,
Barbara, collega tedesca del Nomade, che lui dice essere una donna
molto buona, con un cuore grande così, anche se fisicamente ridotta
malino. In effetti credo dimostri molti più anni di quelli che ha,
è magrissima, quasi inconsistente, non mangia mai; in compenso beve
in continuazione. Durante il trasferimento attraversiamo grandi
spazi, immensi spazi africani, così suggestivi da togliere il fiato.
La savana colora le distese di pallido oro e si insinua nel rosso
mattone dei brevi e piatti rilievi che spuntano disordinatamente
qua e là. L'effetto cromatico è bellissimo, ed io ne sono letteralmente
rapita. L'orizzonte invece è incredibilmente tinto di rosa per le
minuscole particelle di terra rossa che il vento passando strappa
alle rocce ed al suolo. Ogni tanto si costeggia qualche parete rocciosa
dai caldi colori ocra e ruggine in tutte le loro gradazioni; il
cielo appena sopra è di un blu così intenso da sembrare dipinto.
La savana si anima spesso per la presenza delle gazzelle che scappano
velocemente in tutte le direzioni, infastidite dal nostro passaggio.
Gli struzzi invece si allontanano superbamente con passo composto,
ondeggiando il loro posteriore altezzoso come dame di corte. Alla
savana ogni tanto si alterna ciò che Il Nomade chiama bosco, ovvero
qualche albero piegato dal vento e piccoli arbusti bassi e spinosi.
Nelle acacie dalle grandi chiome ad ombrello sono edificati giganteschi
nidi a condominio: a volte sono così enormi che l'albero ne rimane
completamente soffocato. Vere opere d'ingegneria civile!!! Ne sono
autori gli uccelli tessitori: si dice che lo scopo di tanto sforzo
sia quello di attirare le femmine ed accoppiarsi. Insomma anche
fra i volatili il sesso femminile sembra essere attratto dalle certezze
della vita domestica!! Intanto il paesaggio che si presenta ai nostri
occhi cambia continuamente, sia nella forma che nei colori. Per
il pranzo, al sacco, cerchiamo disperatamente una sosta attrezzata
con tavolo, panchine, e albero: il problema è l'albero che è sempre
spezzato, o completamente assente; alla fine rinunciamo all'albero
e ci accontentiamo dell'ombra di un palo della luce. In realtà io
non vedo tutta questa necessità di ripararci dal sole. Spira un
leggero e fresco vento e mi trovo benissimo con il giacchino di
jeans. Siamo ancora nell'altopiano centrale ed anche se è mezzogiorno,
la temperatura non fa certo sudare. Il cibo è buonissimo, mai mangiato
al sacco in modo così gustoso. Lasciamo Barbara lungo il percorso,
in un lodge sperduto in mezzo al nulla. Arriviamo al nostro nel
primo pomeriggio: è bellissimo. Nei bungalow le camere da letto,
arredate in un gustoso stile africano, sono sistemate in una bellissima
tenda di tela pesante. Sembra di essere in una scena del film "Il
tè nel deserto". Dalla camera si passa alla veranda che dà direttamente
sulla savana. In lontananza si vedono le dune del deserto. Siamo
tutti eccitati e anche commossi di trovarci in questo angolo di
mondo. Non riusciamo a stare un minuto più del necessario nelle
nostre camere, nonostante siano di grande fascino: il paesaggio
oltre la tenda ci attira inevitabilmente. Le gazzelle sfilano davanti
ai nostri occhi con passo tranquillo, guardandoci senza sospetto.
Evidentemente in questa zona sono abituate agli esseri umani. Nelle
vicinanze di un albero il terreno è scomposto da numerose buche:
da una di esse spunta il musetto di un simpatico scoiattolo di terra.
Si fa avvicinare e si mette in posa per la foto. Nel lodge c'è una
torretta che ospita il serbatoio dell'acqua. La sua copertura a
terrazzo c'incuriosisce, e quando scopriamo che vi si può accedere
con una scala interna, anche se non molto agevole, ci precipitiamo
a salire. Dall'alto si gode un panorama immenso che ci rapisce,
e ce lo gustiamo in un religioso silenzio. Alle ore 17,00 abbiamo
appuntamento con Il Nomade per andare a visitare un piccolo canyon
scavato da un fiume oramai asciutto. Non piove più da due anni in
questa regione. In un punto è possibile scendere fino al letto sabbioso.
Lo percorriamo fin quando una depressione ancora piena d'acqua ci
costringe a fermarci. L'odore che emana non è dei più piacevoli
e quindi non abbiamo difficoltà ad allontanarcene velocemente ed
a tornare indietro. Inoltre si sta facendo buio, ed essere colti
dalla notte in questi anfratti non è certo nelle nostre aspirazioni.
Rientriamo al lodge, ed alle ore 19,00 si cena. Intorno ad una grande
griglia è disposto del cibo crudo, una nutrita varietà di carne
e verdura che cuochi grandi e sorridenti sono lì a cucinare per
noi. In pochi minuti tutto è pronto per essere gustato dalle nostre
boccucce affamate. Scenario perfetto se non fosse per il freddo
pungente che ci offrono insieme al pasto: la cena è infatti all'aperto
e sperimentiamo subito la famosa escursione termica del deserto.
Mai sottovalutare i consigli delle Guide Turistiche. Amerina vede
sfilare davanti ai suoi occhi tutte le canottiere che ha messo in
valigia!!! Io invoco il mio caldo piumino invernale diligentemente
riposto al cambio di stagione.
Martedì 09/07/02
Giornata stupefacente: visita al Namib, il deserto più antico del
mondo. Stupefacente a parte l'alzata alle ore 6,00: doveva essere
per vedere l'alba dalle dune, ma ovviamente arriviamo che il sole
è già abbastanza alto. Non importa è bellissimo lo stesso. Percorriamo
una larga valle, probabilmente scavata da un fiume millenario, ai
cui lati scorrono e si inseguono le dune sabbiose; la valle diventa
sempre più stretta e le dune sempre più vicine, grandi e coloratissime.
Il paesaggio si tinge di due sole tonalità, compatte ed assolute:
il rosso mattone della sabbia e l'azzurro intenso del cielo. Siamo
tutti incantati da immagini uniche e indimenticabili, per le quali
ogni parola può sembrare retorica. Ciò che colpisce è il contatto
con una natura essenziale eppure così imponente, unica protagonista
in uno spazio sconfinato dalle leggi severe, in cui l'essere umano
è completamente tagliato fuori, costretto ai margini: un tempio
delle forze naturali assolute e incontrastate , in cui è ancora
possibile percepire gli arcani silenzi succeduti al caos iniziale.
Impossibile non restarne profondamente turbati. La scalata alla
duna 45, nel senso che sta a 45 Km dall'ingresso al parco, è faticosissima
per il primo tratto, ma ne vale la pena e ci divertiamo da morire.
L'aria fresca punge la pelle, ma io sono bene attrezzata questa
volta: ho lasciato il pigiama sotto la provvidenziale felpa acquistata
la sera prima al lodge. Si respira a pieni polmoni, ed è una sensazione
bellissima. . La sabbia è finissima e impalpabile. Dall'alto della
duna la vista si perde in lontananza, e lo scenario che ci si presenta
è sfumato, i colori sono tenui e vaporosi come in un acquerello
di Van Gogh. Dopo circa mezz'ora scendiamo per fare una succulenta
colazione all'aperto pochi km più in là: siamo ancora nella valle
disegnata dal vecchio fiume, molto più stretta in questo punto,
ma non completamente conquistata dalla sabbia. Sotto un solitario
albero di acacia Il Nomade trova una bella pietra adatta a farci
da tavolo, ed imbandisce, è proprio il caso di dirlo, un breakfast
indimenticabile. Persino i piatti di ceramica ha portato, e c'è
veramente di tutto, ogni tipo di bevanda, caffè caldo, latte caldo,
grande varietà di frutta fresca, pane, affettati e formaggi. Egli
ci serve con grande meticolosità, dimostrando un vero spirito di
ospitalità. Quasi quasi mi commuovo. Si parte poi con il 4x4 per
la duna più alta del mondo (circa 300 mt); ora c'è solo sabbia e
sarebbe impossibile proseguire con il nostro pulmino: la geep, o
meglio Domingo che ne è l'autista, si ferma in una sorta di bivio
e noi proseguiamo a piedi per circa un chilometro. Dopo una piccola
salita ci troviamo di fronte alla valle morta (Dead Vlei), un lago
completamente asciutto la cui superficie color avorio è punteggiata
da alberi scheletriti tinti di nero, alcuni morti 400 anni fa. Il
Nomade si ferma all'ombra di uno di essi, il primo che incontra
e ci lascia proseguire da soli, promettendo di tenerci d'occhio
con il binocolo. Questa notte egli ha dormito con una guida francese
che russava come un dannato e che non gli ha fatto chiudere occhio.
Ma avrà effettivamente russato o avranno avuto di meglio da fare?
Questo dubbio ci tormenterà per tutto il giorno e la sera, anche
perché Amerina ce lo ricorda ogni 5 minuti!!!!. Percorriamo a piedi
la valle morta; sono circa le dieci e non c'è più nessuno, fra poco
infatti farà caldissimo; io ho già tolto felpa e pigiama, ma anche
con la sola maglia di cotone comincio a sudare. E pensare che fino
a poco prima bisognava difendersi dal freddo pungente. Camminiamo
come rapiti dal silenzio arcano di questo posto fuori dal mondo:
abbiamo innanzi il rosso mattone della duna e l'azzurro intenso
del cielo. Cerchiamo di goderci un momento unico e indimenticabile.
Ma dei bastardi, ma proprio bastardi dentro, ci raggiungono decisi
a scalare la duna fino a conquistarne la sommità e ovviamente rompono
l'incanto. Amerina urla per zittirli, ma non serve a nulla. Alla
fine torniamo indietro. Il ritorno a piedi fino al punto in cui
ci verrà a prendere Domingo è abbastanza "accaldato". Mentre aspettiamo
la 4x4 (circa 30 minuti), Enzo ci tiene svegli con i suoi racconti
sui cavalli ed in particolare sulla sua Lusia: dobbiamo ritenerci
fortunati, poteva toccarci una conferenza sulla moto nuova acquistata
in primavera. Molto più interessanti i cavalli!! Tornando indietro
verso il lodge i colori del deserto sono di nuovo cambiati: le dune
alla nostra destra sono di un rosso molto intenso, mentre dall'altro
lato i colori sono tenui e sfumati. La duna 45 completamente illuminata
dal sole ha ora il colore caldo che si vede nelle foto: tutto è
veramente uno spettacolo della natura, un suo monumento. Rientriamo
ai nostri bungalow con il cuore appeso al deserto del Namib, consapevoli
che probabilmente non lo vedremo mai più: non ho mai provato un
senso di distacco così profondo durante i miei viaggi. Al lodge
ci aspetta un pranzo come al solito succulento e degno di rispetto,
e come al solito ci abbuffiamo. Dopo un pasto così non ci si può
aspettare che un grande desiderio di riposo, soprattutto per Il
Nomade, che ci viene a trovare in piscina che sono quasi le cinque
del pomeriggio. Ame è riuscita a mettersi il costume da bagno: non
demorde dalla sua idea di vacanza estiva e come può si spoglia.!!
Io scrivo il diario di bordo. L'acqua della piscina è gelida e nessuno
si azzarda a metterci un piede dentro: anzi uno si, ovviamente Amerina.
Dopo cena siamo tutti stanchi, e con la scusa che l'indomani mattina
ci si deve alzare presto, alle ore 9,20 ci si dà la nanna e ci ritiriamo
tutti nelle nostre stanze. Prepariamo le valigie. Domani mattina
alle ore sei ci busseranno alla porta per la sveglia: già dimenticavo
di dire che qua siamo ai limiti della civiltà, niente telefono (tranne
il satellitare alla reception) niente tv (con mia grande gioia),
niente linea elettrica (si va con il generatore). Tutto contribuisce
ad allontanarci dallo stress della nostra vita di occidentali impazziti.
Mercoledì 10/07/02
Colazione per me e Enzo un po' frettolosa, mentre per Amerina che
l'ha presa in tempo è stata una vera leccornia: pane , e che pane!!,
con la cioccolata (vera nutella !!). Ovviamente riusciamo a partire
molto più tardi dell'ora prevista. Subito ci si raccontano i sogni
della notte: -Il Nomade, senza il francese che russava, è stato
in compagnia di un incubo chiamato Amerina, che lo ha infastidito
anche nel sonno. -Massimo ha sognato di fare il portiere in una
partita di calcio dove gli ha fatto goal un pavone su cross di una
gallina (calcio d'angolo). Enzo finalmente ha dormito senza sentire
freddo, con tre piumoni ed una coperta, gentilmente offerti in supplemento
la sera prima dal personale del lodge. Dobbiamo andare a prendere
Barbara, che viene con noi a Swakopmund. Ripercorriamo quindi un
tratto di strada fatta arrivando, e ci lasciamo alle spalle per
sempre il lodge ed il deserto. Dopo molti Km ci troviamo in un paesaggio
completamente diverso, tipicamente lunare. Qua la natura non è solo
essenziale, ma sembra quasi di essere ai suoi primordi, sconvolta
dalle sue stesse forze interne, plasmata in forme aspre e contorte,
una sua stessa deformazione. Non posso fare a meno di ripensare
alla collera divina che avrebbe dato corpo a questo angolo di mondo.
Barbara se la fa sotto dalla paura per la strada sterrata che ci
troviamo a percorrere e ogni curva la spaventa, con gran disappunto
del Nomade. Arriviamo in un punto panoramico dal quale si può osservare
il Sesriem Canyon, le cui pareti rocciose sono alte fino a 30 metri
Due disertori tedeschi della prima guerra mondiale vissero nei suoi
anfratti per molti anni, fin quando uno di essi si ammalò, costringendoli
ad uscire in cerca di aiuto. Continuando il percorso andiamo a vedere
la pianta più antica del mondo dal nome impronunciabile di Welwitschia
mirabilis. Scoperta nel 1859 da un medico austriaco (dal quale prende
il nome) è ora ben protetta da un'alta e insuperabile recinzione.
Ha circa 1.500 anni. Direi che è veramente qualcosa di unico dal
punto di vista botanico. Ha un gambo molto corto che esce da terra
per pochi centimetri, dal quale crescono due sole foglie perfettamente
opposte. Queste si sviluppano descrivendo un cerchio intorno al
gambo e finiscono per avvilupparsi fra di loro in un groviglio gigantesco,
sempre restando caparbiamente vicine al suolo, al quale rubano quel
poco di umidità che regala la nebbia mattutina proveniente dall'oceano.
Insomma un superbo esempio d'adattamento ambientale, ed anche molto
ben riuscito, vista la veneranda età che riescono a raggiungere.
Gli afrikaner la chiamano tweeblaarkanniedood, ovvero "le due foglie
che non possono morire". Abituati alle restrizioni a cui costringe
il deserto gli afrikaner risparmiano anche sulle parole, sette in
una sola, un po' lunga ma pur sempre una sola !!!!. Pranzo al sacco
in mezzo al nulla più totale, poi si riparte. Dopo qualche chilometro
la strada desolata all'improvviso si anima per la presenza di una
donna che sbraccia chiedendo aiuto. Dietro di lei un'auto ferma.
Ci troviamo dinanzi tre baldanzose signore tedesche sugli anta,
in giro per la Namibia munite di una semplice cartina geografica.
Si sono perse, e non ci meraviglia: solo una bussola può aiutare
a capire da che parte andare in un posto come questo. Ovviamente
il problema non si pone per chi si mette nelle mani di una guida
come il Nomade, che conosce questi spazi sterminati come le sue
tasche. Egli dà loro le giuste indicazioni, salvandole dal probabile
rischio di sparire nel nulla. Arriviamo a Swakopmund nel primo pomeriggio:
ci accoglie un timido sole che fatica a farsi strada fra la nebbia
che produce l'Oceano Atlantico. Ora il freddo è quello umido che
ti penetra nelle ossa ed il primo pensiero è quello di andare ad
acquistare felpe ed a prenderci qualcosa di caldo. Si cena in un
ristorante in riva al mare dove cucinano un pesce da dio.!!
Giovedì 11/07/02
Ovviamente usciamo dalla camera dell'albergo di primo mattino, e
ci inoltriamo nella nebbia per andare a Walvis Bay per il giro in
battello. E' un freddo boia; per fortuna Amerina porta sempre con
se la coperta della Sout Africa con la quale cerchiamo di difenderci
dall'umidità: la danza del sole non serve a nulla. Michela, forse
perché abituata alle temperature più rigide di Milano, è sicuramente
meno sofferente di noi. La verità è che lei sembra attrezzata a
fronteggiare qualsiasi evenienza, da vera Desert Storm come dice
Il Nomade, e dalla sua valigia escono sempre le cose giuste al momento
giusto. Con noi c'è anche Barbara. Dopo circa mezz'ora di attesa
riusciamo a salire sul battello. Ovviamente i posti a sedere sono,
nemmeno a dirlo, all'aperto: una rinfrescata con le acque gelide
dell'oceano probabilmente fa parte della sceneggiatura di ciò che
si preannuncia subito come una interessante gita in barca. Solo
la cabina del capitano è bella chiusa su tre lati!!! Lui, che è
un vero lupo di mare, se ne sta tranquillo al coperto! Io e Ame
però non ci arrendiamo, e cerchiamo subito una via di scampo: come
un miraggio vediamo un piccolo sedile appena all'interno della copertura,
non proprio completamente al riparo, ma quanto basta a darci una
speranza di sopravvivenza ambientale.!! Il gusto di averla fatta
franca dura poco: il grande capitano ci fa spostare quando ancora
stavamo cercando la posizione giusta per i nostri sederi. Il motivo?
ingombro ai suoi futuri movimenti in barca. Poco dopo comprendiamo
cosa significa: alcune otarie salgono sopra il battello, e lui si
sposta continuamente per accarezzarle e soprattutto nutrirle con
del bel pesce fresco, inscenando un vero e proprio show. Dobbiamo
quindi rassegnarci ai sedili appositamente installati per i turisti
al centro del ponte; essi costituiscono anche la via preferita dai
simpatici animali per raggiungere il pasto che pende dalla mano
del capitano, costringendoci ogni volta ad alzarci in piedi per
lasciare libero il percorso. Ovviamente le panche si bagnano a dismisura
ad ogni passaggio, e alla fine di ogni esibizione un turista ben
disposto si premura di asciugale alla perfezione. Le esibizioni
sono numerose e abbastanza frequenti, con grande soddisfazione,
oltre che del nostro spirito, anche del nostro corpo: l'esercizio
fisico che ci impongono fra il sederci e l'alzarci rimette in circolo
il sangue prima del congelamento. Continua infatti ad essere un
freddo gelido, anche con le coperte gentilmente offerte dal servizio
di bordo. Da lontano ci fanno ammirare la Bird Island, una enorme
piattaforma emergente dalle acque dove nidificano e depositano i
loro escrementi migliaia di uccelli marini. Così, senza saperlo,
essi creano profitto ad una famiglia di tedeschi proprietaria del
loro amato condominio , la quale ha creato un vero e proprio business
dal commercio di cacca di uccelli venduta come potente concime (il
famoso guamo). Ne raccolgono 1000 tonnellate l'anno. Geniale no?!
e chi se lo sarebbe mai aspettato da un tedesco!!. E pensare che
la moglie lo ha lasciato quando egli si fece venire questa brillante
idea!!! Chi ha organizzato la gita vuole che noi conosciamo le otarie
anche nel loro ambiente domestico, e così ci avviciniamo alla costa
dove esse vivono in grandi colonie; ci si presenta una scena molto
surreale, sia per la nebbia che incornicia la spiaggia punteggiata
da centinaia di questi buffi animali, creando un effetto cromatico
molto suggestivo, sia per i suoni che gli stessi emettono rompendo
il silenzio del luogo. Ce ne staremmo a lungo ad ammirare questo
suggestivo quadretto se non fosse per un odore pungente e quasi
insopportabile: ovviamente anche le otarie la fanno, e cosa c'è
di meglio del mare come gabinetto? Mentre ci stiamo per allontanare
ci fa visita Roby, esemplare molto giovane e simpatico. Poco prima
avevamo conosciuto il "nonno", che, come tutti gli avi che si rispettano,
é segnato da evidenti ferite di guerra di cui va molto fiero, e
che espone orgoglioso a tutti coloro che mostrano di interessarsene.
Nel mare aperto vediamo anche i delfini che si divertono a girovagare
sotto il battello, costringendo i turisti più incalliti a sporgersi
dalla barca per fotografarli: io invece mi diverto a fotografare
i sederi dei fotografi, curiosamente in fila piegati a 90 gradi
per scrutare tra i flutti. Il sole fa capolino quando noi scendiamo
a terra: ovviamente. Breve visita alle saline e ad un tratto di
costa bassa dove sostano una moltitudine di fenicotteri rosa, i
famosi flamingos. Da bravi turisti ci avviciniamo con passo lento
e silenzioso per riprenderli a breve distanza, ma ecco che il Nomade
ci raggiunge con fare spedito, e con due battute di mano li fa alzare
in volo. Dopo il primo momento d'incredulità e di rabbia, cerco
di giustificarlo pensando che forse i turisti gli sembrano tutti
un po' scemi con la loro mania delle foto anche all'aria che si
muove!! Però che cavolo !!! erano pur sempre dei bellissimi fenicotteri
rosa sulla riva dell'oceano atlantico!!!. P.S. A proposito del Nomade,
ho dimenticato una cosa importantissima!!!! Nel battello, durante
la nostra gelida gita, ci hanno offerto uno spuntino a base d'ostriche,
spumante, e qualche stuzzichino salato. Il Nomade inizia timidamente
dicendo che in barca gli dà fastidio lo stomaco, poi entra sempre
più confidenza con i vassoi, e ad un certo punto, dicendo di aver
scoperto un feeling improvviso, inizia ad ingurgitare un'ostrica
dietro l'altra fino ad arrivare al numero di 24. Ventiquattro ostriche
si è mangiato, alla faccia del mal di stomaco!!. Il deserto del
Namib arriva fino all'oceano, con bellissime dune di sabbia molto
chiare. In un punto della costa vicino a Walvis Bay c'è un Quad
Bike: si passeggia in mezzo alle dune con moto 4x4; si passeggia
è un modo di dire molto poetico, in realtà ci si avventura (soprattutto
io che salgo dietro a quel pazzo scatenato e un po' incosciente
di Enzo), in una sorta di corsa spericolata lungo le varie pendenze,
fra una duna e l'altra. Ci divertiamo un mondo; il paesaggio è bellissimo.
Enzo esprime tutto il suo lato fanciullesco, anche Il Nomade non
scherza. Ogni tanto ci si insabbia. Ad un certo punto Amerina si
avventura alla guida con Michela che le sale dietro facendogli da
contrappeso: il foulard ed i capelli al vento la fanno somigliare
al barone rosso, la bocca continuamente aperta a significare soddisfazione
e divertimento. Barbara ci aspetta a valle e la ritroviamo tutta
infreddolita: Il Nomade non le ha lasciato le chiavi del pulmino,
e lei è quasi congelata. Fortuna la tempra tedesca che la fa sopravvivere:
certo il grasso non l'aiuta. Torniamo in albergo, 10 minuti per
la pipì, e via per negozi. Con la voglia che ho di acquistarmi qualcosa
di africano sto per prendere una fregatura: fortuna Il Nomade che
mi fa capire l'abbaglio, …. dice lui e vuole che io lo scriva, …
ma forse ci arrivavo da sola. Comunque ogni tanto qualche soddisfazione
gli si può anche concedere! Lasciamo perdere gli acquisti e ci dirigiamo
al bar per prenderci un tè: hanno dei dolci buonissimi. Insomma
stiamo sempre a mangiare. Alle 7,30 cena e di nuovo ci gustiamo
un pesce squisito.
Venerdì 12/07/02
Oggi è il compleanno di Amerina; cerco da mandarle un sms non appena
mi alzo dal letto ma invano. Pazienza mi dico , tanto la vedrò fra
poco a colazione. Lei invece "mi aspetta a passetto" e non appena
mi sente avvicinare alla sua stanza, spalanca la porta per prendersi
gli auguri. Alle otto andiamo a salutare Barbara che rimane a Swakopmund.
Lei ha preparato una piccola festa a sorpresa per Amerina: veramente
un pensiero carinissimo. Alle 9,30 circa partiamo per la riserva
privata di Montejo: la strada è incredibilmente asfaltata! Il Nomade
si stiracchia e sembra già stanco: eppure questa notte dovrebbe
aver dormito grazie ad Enzo che ha eliminato la fastidiosa luce
del corridoio svitando tutte le lampadine!! Ma!? Già dimenticavo
le ostriche, forse sono state loro a tenerlo sveglio questa volta.
Ad ogni modo, quando il francese, quando la luce del corridoio,
quando le ostriche, quando chi sa cosa, questo povero uomo non riesce
mai a fare un sonno decente!! Dopo poco facciamo sosta per fare
il pieno di gasolio e svuotare le vesciche; per la prima volta troviamo
dei bagni non molto puliti, soprattutto quello degli uomini. Il
Nomade che "non è proprio tutto coglione" come dice lui, non perde
l'occasione per "caziare" prima il ragazzo nero alla pompa, poi
la signora bianca che gestisce il distributore, la quale, tutta
intimorita, va subito a controllare e ci immaginiamo che non perderà
tempo a provvedere. Il Nomade, quando si tratta di "caziare", non
fa certo i complimenti. Si riparte. Lungo un tratto di strada vediamo
dei bellissimi termitai e non riusciamo a trattenerci dalla tentazione
della foto ricordo; nonostante si viaggi con una certa velocità
Ame riesce ad immortalarne uno, inscenando una sorta di salto agli
ostacoli per evitare pali della luce, cartelli stradali, alberi
e cespugli: e pensare che alla riserva di Montejo ne vedremo a centinaia,
ed a distanza molto ravvicinata!! Ovviamente la nostra guida non
spreca le sue energie per dircelo, e sicuramente si diverte a vedere
questi coglioni di turisti con la mania dello scatto a tutti i costi!!.
Arriviamo alla riserva con 1 ora e 30 di ritardo per il pranzo,
ma riusciamo a mangiare ugualmente, vigilati a distanza da un grande
cuoco nero. Chissà cosa pensa mi chiedo! Ci starà veramente osservando,
oppure è immerso nei fatti suoi ed il suo sguardo fisso su di noi
in realtà è semplicemente perso in altri lidi? Il Nomade dichiara
in maniera ufficiale e senza riserva di essere colpito da dissenteria
ed io lo rifornisco di Dissenten: è la prima volta che vedo ammalarsi
la guida in un tour, in genere è il contrario!! Il feeling con le
ostriche non è che un lontano e stomachevole ricordo!! Alle tre
del pomeriggio si parte per il fotosafari. Il Nomade viene con noi
, sembra stare abbastanza bene; saliamo su una specie di carrozzone
aperto su tutti i lati, con i sedili disposti in modo da rendere
agevole la veduta laterale. Durante il percorso, che dura circa
tre ore, vediamo gazzelle, struzzi, gnu, facoceri, orici, topi di
montagna, kudù, rinoceronti, da lontano due giraffe, alcune zebre.
Al tramonto si torna verso il lodge e noi siamo convinti che le
emozioni della giornata sono giunte al termine. Invece non è ancora
finita, il carrozzone prosegue il suo tragitto fin quando un'alta
palizzata ci sbarra la strada: veniamo scaricati dal mezzo e indirizzati
verso un locale coperto, chiuso su tutti i lati, nel quale una fessura
orizzontale alta al massimo 10/15 centimetri permette di gettare
uno sguardo al bush che si estende al di là della recinzione. E'
quasi buio e la boscaglia africana invita la nostra fantasia ai
suoi misteri. Nella breve radura che abbiamo di fronte, illuminata
da una debole luce, il personale della riserva ha gettato un bel
pezzo di carne fresca che sembra essere la testa di una zebra. L'odore
di sangue deve aver già impregnato l'aria perché poco dopo un debole
brontolio rompe il silenzio. Tutta la comitiva ha il fiato sospeso;
il brontolio è sempre più vicino ed il suono sempre più decifrabile:
non c'è nessun dubbio, è un felino. Pochi minuti e nello spazio
visivo che ci è concesso compare un bellissimo esemplare di leonessa.
Si avvicina un po' circospetta e poco dopo i suoi artigli affondano
nel grosso pezzo di carne per trattenerlo in una presa ben salda,
mentre le zanne lo dilaniano nei punti più molli. Il bellissimo
muso s'imbratta di sangue. Il silenzio è totale ed il suono della
lingua che batte contro il palato risuona nei nostri orecchi tesi.
Poco dopo ecco spuntare alla nostra destra un'altra leonessa: è
incinta. Visto che il banchetto per il momento è riservato si accovaccia
in disparte con fare tranquillo. Non troppo però, ed i suoi occhi
ogni tanto si aprono vigili sulla scena: sicuramente aspetta il
suo turno. Il giro è stato veramente piacevole ed il contatto con
gli animali è un'esperienza che emoziona nell'intimo. Quando abbiamo
avvistato i rinoceronti ci siamo fermati in contemplazione silenziosa
per almeno mezz'ora: a guardarli nei particolari sono così terribilmente
brutti che viene da chiedersene la ragione, ma poi, proprio per
questo, ci si rende conto di quanto possano dirci sul grande mistero
della natura. Ogni piega della loro pelle ha un preciso significato
biologico, evolutivo, ambientale, e chissà quanti altri. Grande
senso di mistero lo suscitano anche le giraffe tanto care all'Amerina,
esse sembrano sopravvissute all'epoca dei dinosauri, ingentilite
dallo scorrere del tempo. Purtroppo le abbiamo solamente avvistate,
troppo lontane per essere osservate come avremmo voluto. Cosa dire
poi delle leonesse: i felini ci affascinano per la loro bellezza
e ci terrorizzano per la loro forza e la loro leggendaria ferocia.
Ma sono proprio così temibili? Pensandoci non posso fare a meno
di ricordare la leggenda dello schiavo romano Androclo che visse
in una caverna insieme ad un leone per ben tre anni. In ogni caso
a me sta bene averli visti dietro una solida parete di legno!!!!
Durante il nostro safari Il Nomade si è sentito di nuovo male, direi
visibilmente male, e mentre all'inizio ha cercato di tenersi in
piedi dandoci le spiegazioni che il tour richiedeva, dopo circa
un'ora si è arreso: sdraiato, ad occhi chiusi, credo abbia passato
il resto del tempo a concentrarsi su come ammortizzare i sobbalzi
della camionetta, sicuramente non benefici per il suo intestino
in movimento….. La sua sofferenza era talmente visibile che faceva
proprio pena. Il posto dove si cena è molto carino, una sorta di
capanna circolare aperta al centro, con un grande fuoco nel mezzo.
Il Nomade ovviamente non mangia e se ne va subito a letto. Nonostante
il suo precario stato di salute, è riuscito ad organizzare una piccola
sorpresa per Amerina, e quando eravamo quasi alla frutta è arrivato
il personale del lodge cantando in coro "happy birthday to you,
happy birthday to you , il tutto accompagnato da una bellissima
torta e gradita bottiglia di spumante. Ci dispiace proprio che lui
non ci sia. Dopo il pasto ed i festeggiamenti corriamo a sederci
intorno al fuoco, ma il suo tepore "abbiocca" anche in Namibia e
così alle 9,30 siamo tutti a sbadigliare e poco dopo ce ne andiamo
a letto. Sabato 13-07-02 Colazione ore 7,00. Troviamo Il Nomade
completamente debilitato, uno straccetto. Continua a bere acqua
e limone e mangia solo una banana. Il nostro sentimento di umana
compassione è tutto per lui. Ma durerà poco: mentre ci allontaniamo
da Montejo vediamo vicino alla strada, ma proprio lì a portata di
occhi, di foto, e di telecamera, alcune bellissime giraffe che si
gustano un'acacia , e lui che fa? Non si ferma, ma proprio veramente
non si ferma, e neanche rallenta!! Dentro la riserva le abbiamo
viste molto da lontano, proprio una macchia in mezzo agli alberi,
ed ora che per la prima volta nella nostra vita (quelle viste negli
zoo non contano) le possiamo osservare così da vicino, nel loro
ambiente naturale, ce le vediamo scorrere velocemente davanti ai
nostri occhi ed allontanarsi come un fuggevole miraggio. Io e Ame
ci guardiamo sbalordite da tanta indifferenza ai nostri sentimenti
di appassionate viaggiatrici. Poi per calmarci ci diciamo l'un l'altra
che sicuramente al parco Etosha avremo altre occasioni, e alla fine
ci rassegniamo. Magari Amerina non tanto, visto che ha continuato
a rivolgere brutti segni in direzione del Nomade per molto tempo!!!.
Dopo circa un'ora, solita sosta per pieno di benzina e pipistop.
Quando si riparte Il Nomade sembra tranquillo, e pensiamo che il
peggio sia passato. Dopo poco, mentre siamo tutti assorti nelle
nostre faccende (io e Ame nella lettura, Enzo nella pennichella,
Michela e Massimo nell'osservazione del paesaggio), egli si ferma,
e lamentando ancora insopportabili dolori alla pancia, chiede il
cambio alla guida del mezzo. Subito Massimo si offre senza il minimo
cenno di titubanza e la nostra guida nonché autista passa al posto
del passeggero. Restiamo tutti in ogni caso tranquilli: la strada
è dritta, asfaltata, e praticamente deserta, e fidiamo nel fatto
che il Nomade tenga d'occhio almeno eventuali cambi di direzione.
All'improvviso egli si sdraia approfittando del frigorifero posto
in mezzo ai due sedili anteriori: iniziamo a preoccuparci, non per
la conduzione del pulmino ovviamente, ma il nuovo tipo di turismo
"fai da te" che ci troviamo ad affrontare nostro malgrado!!! Michela
si allarma al primo bivio che incontriamo e che ovviamente ignoriamo;
cerca la cartina, ma invano, e mentre si stava pensando che forse
era il caso di disturbare il malato, egli riacquista la posizione
seduta che ci tranquillizza. Poco dopo chiede di tornare al suo
posto "in quanto ci aspetta un lungo tratto di strada sterrata"
: le nostre ansie si placano. Arriviamo a Twyfelfontein per il pranzo.
Il lodge è molto suggestivo, in classico stile africano, con struttura
in legno e paglia, costruito a ridosso di una parete rocciosa alla
quale si è in gran parte conformato. La temperatura è elevata, sicuramente
la più alta da quando abbiamo iniziato il viaggio. In un angolo
notiamo una graziosa ed assolata piscina, peccato che i suoi dintorni
piacciono molto anche ai topi di montagna.!!!! Alle ore 15,30 si
parte per andare a vedere le incisioni rupestri: Il Nomade viene
in ciabatte in quanto pensa che se ne resterà comodamente a valle
ad aspettarci. Ma alla biglietteria scopriamo che gli accompagnatori
autorizzati sono tutti impegnati con altri turisti, ed egli è così
costretto ad inerpicarsi con noi sulle rocce. Dopo il primo tratto
di salita recuperiamo una guida ed invitiamo Il Nomade a tornare
al pulmino, non si sa mai si dovesse stancare per stare in nostra
compagnia!!!. Ma la pigrizia iniziale oramai è superata, l'arrampicata
ha stimolato l'adrenalina, ed egli decide di restare. Le incisioni
sono molto affascinanti e le più antiche risalgono al Paleolitico,
ovvero a circa 6000 anni fa; per lo più esse rappresentano i grandi
animali della savana, elefanti, giraffe, leoni, ecc, i quali evidentemente
abitavano queste zone già migliaia di anni fa. Sono state realizzate
su massi di roccia arenaria dall'intenso colore rosso che ora troviamo
a metà scarpata, ma che sicuramente provengono dai costoni più alti,
dai quali devono essersi staccati per effetti erosivi; purtroppo
c'è anche chi nel 1800 si è lasciato ispirare dai petroglifi, ed
ha pensato di esercitare la sua vena artistica imitando le incisioni
preistoriche. Ovviamente solo gli addetti ai lavori sanno notare
la differenza, ma l'importante è che essa viene mostrata anche agli
ignari turisti. La visita ci piace moltissimo: le incisioni sono
molto suggestive, e non da meno è il paesaggio che gli fa da cornice
in un susseguirsi di colori intensi, che poi sfumano in un orizzonte
immenso. Proseguiamo per raggiungere il letto di un fiume asciutto
e lo seguiamo fino al punto in cui una riva rocciosa di basalto,
per effetto dell'erosione, ha assunto il tipico aspetto a canne
d'organo. Il fenomeno è lo stesso che ha generato il famoso "Lastricato
dei Giganti", nell'Irlanda del Nord. Siamo infatti in una zona vulcanica
e ancora più avanti c'è la Burnt Mountain , la montagna bruciata,
ovvero un crinale vulcanico completamente privo di vegetazione.
A cena canti e danze africane improvvisate dal personale del lodge,
il cui scopo è ovviamente quello di raccogliere laute mance: non
a caso qualche turista perspicace ma certamente un po' spilorcio,
sgattaiola via un secondo dopo la fine dello spettacolo. Amerina
invece è commossa. Massimo ha solo bigliettoni, ma non volendo rinunciare
alla generosità partecipa ugualmente alla questua facendosi dare
il resto!.
Domenica 14/07/02
Sveglia ora 6,30, tanto per cambiare !!! Questa mattina Il Nomade
sembra tornato in piena forma. Andiamo a vedere la "foresta pietrificata",
nome improprio in quanto c'è veramente poca cosa, soprattutto per
noi quattro che conosciamo la bellissima foresta pietrificata di
Dunarobba, vanto paleontologico della nostra bellissima Umbria.
Comunque ogni manifestazione della natura, anche la più esigua,
è sempre uno spettacolo unico. Come scrisse Goethe nel suo Viaggio
In Italia: "la natura è sempre l'unico libro, di cui ogni pagina
abbia un grande contenuto". Si riparte in direzione nord. Arriviamo
al lodge Naua Naua in tempo utile per il pranzo: è un posto bellissimo,
veramente fuori dal mondo, gestito da un namibiano bianco e da sua
moglie australiana. Il namibiano è veramente un uomo affascinante,
una sorta di Indiana Joans; fuma la pipa e va in giro con il coltellino
appeso alla cinta. Il pranzo è scarso, soprattutto per Amerina,
ma anche Massimo pensava fosse uno scherzo. Invece è proprio uno
spuntino. Relax in piscina, dall'acqua naturalmente congelata, nella
quale però il macho (questo lo dice lui) Enzo entra imperterrito,
seguito a distanza da Massimo e dal Nomade. Ancora una volta abbiamo
un approccio con il silenzio quasi totale, disturbato ogni tanto
solamente dal canto degli uccelli, da qualche verso di zebra che
echeggia in lontananza, nonché dai movimenti di Amerina che proprio
non riesce a stare ferma. Sembra veramente di essere in paradiso,
in simbiosi con la natura, ed in pace con il mondo. Alle 16,30 si
parte per andare a vedere i ghepardi di proprietà del lodge, e qui
allevati fin da piccoli in condizioni di semicattività. Per attirarli
nel punto dove ci fermiamo con la jeap hanno messo dei pezzi di
carne legati ad un tronco d'albero con del fil di ferro. In questo
modo non se ne vanno e sono costretti a consumare il loro pasto
davanti ai nostri occhi. Questi felini sono degli animali veramente
affascinanti, di un'eleganza unica. Il loro corpo è lungo e flessuoso,
così pure le loro zampe, e sembra che riescono a raggiungere i 112
km/h . Fra i felidi non li batte proprio nessuno, sotto ogni aspetto.
Amerina nella foga di fotografarli non vede dove si appoggia, e
trasforma la sua graziosa canottiera in un asciugamano da carrozzieri:
"poco importa" sentenzia appena se ne rende conto, "tanto ne ho
una valigia piena !!!" Michela fa un vero e proprio servizio fotografico,
ed il religioso silenzio imposto dalla circostanza risuona solo
dei suoi scatti. Quando la carne sta per finire, e quindi anche
lo spettacolo, si parte in direzione di una collinetta dalla quale
si gode un panorama stupefacente. Ci accoglie un grazioso gazebo
dove ci viene offerto spumante e carne secca di orice. Siamo con
un gruppo di turisti inglesi: uno di loro è particolarmente chiacchierone,
e monopolizza il nostro affascinante ospite con una serie infinita
di domande per le quali ovviamente esige altrettante soddisfacenti
risposte. Il tutto con grande disappunto del Nomade. Nei pressi
del gazebo ci sono alghe pietrificate veramente molto belle; c'è
anche un grazioso albero chiamato bottiglia per la sua forma affusolata.
Gli schiocco una bellissima foto, anzi due. Assistiamo al tramonto
su questo paesaggio da sogno, il mondo alla fine del mondo, il mondo
all'inizio del mondo, puro, essenziale, unico e irripetibile. Alle
18 si torna al lodge ed io riesco a telefonare a mia madre con il
satellitare. Alle ore 19,30 si cena: l'ambiente è familiare, caldo
ed accogliente, per non parlare del nostro ospite; anzi, dice Amerina,
parliamone!!. Egli cena con noi, e mentre fa conversazione con Il
Nomade, ovviamente in inglese, io e Ame ce lo guardiamo tutto: bello,
biondo, voce profonda e calda, con una tale quiete addosso che ben
si armonizza con il resto dell'ambiente. Ame tira sospiri a non
finire e sogna notti namibiane da trascorrere nel letto spazioso
del lodge, con i veli fluttuanti nella leggera brezza serale, tra
sussurri e grida!!. Ma passiamo alla cena che è meglio!! Il cuoco
non poteva smentire la bellezza del posto e ci serve cibi succulenti
con relativa spiegazione sugli ingredienti primari da lui sapientemente
cucinati. Poiché il giorno dopo dobbiamo lasciare questo posto meraviglioso
io ed Ame ogni tanto ci guardiamo negli occhi con espressione triste
e desolata; Amerina sarebbe disposta a fare le pulizie pur di rimanere
in questo angolo di mondo. Michela non mangia praticamente nulla,
veramente già da un po' di tempo, e cominciamo a preoccuparci per
il suo stato di salute. Lei però dice che è tutto a posto e poichè
è adulta ci fidiamo (sotto sotto restiamo comunque preoccupati).
Dopo cena ci ritiriamo tutti nel terrazzo del salotto che è comune
alle nostre stanze, ansiosi di ammirare il cielo: le stelle così
intense, dense, vicine, così straordinariamente visibili, io credo
sia un dono della vita poterle vedere. Da noi è impossibile, anche
nel punto più buio dei Monti Martani. Il generatore è spento, e
siamo nell'oscurità più completa. Proviamo tutti a stare zitti per
goderci ancora di più lo spettacolo: siamo in contatto con il grande
mistero dell'universo, mai come ora così tangibile. La via lattea
è lì davanti ai nostri occhi, così evidente che sembra di poterla
toccare semplicemente allungando una mano, e con un po' di fantasia
possiamo vedere anche le galassie che si espandono!!. Le stelle
sono così luminose da togliere il fiato, e la luna? dimenticavo
la luna che sta calando: è di un colore così intenso che sembra
quasi rossa, ed è grande, immensa, molto più grande di quanto siamo
abituati a vederla in Italia. L'unica che non riesce a stare zitta
a lungo è Amerina: forse ogni tanto pensa al namibiano e non riesce
a far calare l'adrenalina accumulata durante la cena!! Alla fine
è lei che ci richiama nel salotto, dove finiamo per giocare a carte,
e precisamente a botta. Una botta veramente micidiale la prendo
io dal Nomade, che quasi mi sconquassa la mano destra. Fortuna che
poi rimedia con un bel massaggio.
15/07/02
Purtroppo oggi si parte dal Naua Naua in direzione dell'Etosha.
Il dispiacere è di tutti, ma soprattutto ovviamente di Amerina;
Entriamo nel parco che è ancora mattino, e subito ci imbattiamo
nelle giraffe, con grande soddisfazione di Amerina: ne vediamo a
decine nella boscaglia ed i quizzoni di Ame si sprecano. Ovviamente
l'argomento più interessante e che va per la maggiore è il sesso.
Anche le zebre non mancano, anzi, direi che ce ne sono a centinaia:
hanno dei posteriori bellissimi, sodi e rotondi. Ovviamente c'è
anche tutta la famiglia dei bovidi, ovvero antilopi, gnu, orici,
dik dik, gazzelle, impala, ecc. Pranziamo all'interno del parco.
Alle due del pomeriggio Il Nomade ci fa alzare dal tavolo per fare
il giro delle pozze. All'inizio nulla, poi incontriamo alcune giraffe
occupate a gustarsi le foglie degli arbusti spinosi, il loro pasto
preferito, proprio ai bordi della strada. Il nomade si avvicina
a velocità minima e loro non scappano: così le possiamo ammirare
a solo qualche metro di distanza. Sono proprio bellissime, eleganti
e nello stesso tempo simpatiche con quei loro buffi musi. Il Nomade
ci insegna a distinguere le femmine dai maschi: questi ultimi semplicemente
hanno le macchie più scure. Poco dopo attraversiamo un tratto dove
ci sono innumerevoli alberi sradicati ed evidenti cacche di elefante.
Ame comincia ad agitarsi e li evoca di continuo: poco dopo Enzo
li avvista. Ci avviciniamo, ed Il Nomade raccomanda a tutti il silenzio:
si sente solo lo scatto delle macchine fotografiche ed i nostri
commenti soffusi. Due elefanti si avvicinano per attraversare la
strada e noi osserviamo il loro buffo modo di asciugarsi alzando
con la proboscide la polvere da terra e spruzzandosela addosso.
All'interno del pulmino si è creata un'atmosfera di ammirazione
silenziosa ma dura poco: quasi subito Enzo irrompe con la sua voce
dal tono tipicamente massetano, per uno dei suoi tipici commenti
"ma che se spruzza el borotalco?!!" Inutile dirgli di stare zitto,
perché lui, con il suo radicato spirito di contraddizione, continua
con almeno altre tre o quattro battute. Insomma, sono le tre, tre
e mezza del pomeriggio, ed abbiamo visto un'infinità di animali,
fra cui gli elefanti, che quasi non pensavamo di riuscire ad incontrare.
Prima di lasciare il parco abbiamo occasione di osservare anche
alcuni sciacalli ed una iena. Ce ne usciamo che sono quasi le cinque,
completamente soddisfatti. Arriviamo al lodge: niente a che vedere
con il Naua Naua!! La struttura è bellissima ma l'atmosfera completamente
diversa ed il confronto è inevitabile!!. E' presto, quindi ci mettiamo
a vedere il filmino nella TV della nostra camera: ci siamo tutti
tranne Il Nomade che si è ritirato nella propria stanza; dopo circa
mezz'ora compare e si unisce a noi proprio nel momento in cui stiamo
vedendo la sua abbuffata di ostriche: disgustato ci obbliga a trascinare
la pellicola più avanti !!!. Se farà altre gite in barca, come immagino
che farà, sicuramente saprà cosa non mangiare. Alle 9.30 tutti a
letto: domani mattina sveglia alle 5, in tempo per entrare alle
6,30 nel parco, con la speranza di vedere qualche felino.
16/07/02
Alle 6,30 entriamo puntuali nell'Etosha; giriamo per circa un'ora
senza vedere neanche un animale, tanto perché, come dice Il Nomade,
di buonora se ne dovevano incontrare molti di più!!! E ci siamo
alzati all'alba per questo!!! Dopo circa tre ore che giriamo ci
fermiamo per un piccolo relax. Ripartiamo un po' scoraggiati: abbiamo
già consumato tre quarti della mattinata e non è successo nulla.
Poco dopo non possiamo credere ai nostri occhi: vediamo una pozza
d'acqua piena di animali: zebre, tre giraffe, gazzelle (queste non
mancano mai), faraone, piccoli uccelli dai colori molto brillanti
(blu e giallo), mai visti prima. Insomma un moltitudine di animali.
Veramente una bellissima scena. Dopo riprese, foto, commenti, esclamazioni
di gioia da parte di Amerina, (ovviamente per le giraffe) si riparte
per altre vie. Ad un certo punto ci troviamo in una stradina piena
di cacca di elefanti (affettuosamente chiamati Ele), che sembra
anche abbastanza fresca. Facciamo qualche chilometro vedendo solo
cacca: ma dove diavolo stanno questi bestioni?!!!. Stiamo quasi
perdendo le speranze quando una inchiodata del Nomade su avvistamento
del Susta ci fa girare la testa verso due giganti di Ele, perfettamente
mimetizzati nei fitti arbusti grigi e spinosi della savana. Con
il loro avanzare lento ci permettono di osservare tranquillamente
la loro imponenza (Amerina dice il loro splendore!!!), ma anche
la loro buffoneria. Attraversano la strada proprio davanti ai nostri
occhi. Ripartiamo pensando che oramai la mattinata si sarebbe conclusa
con questo colpo di fortuna. Poco dopo tre giganteschi kudu ci invogliano
a fermarci di nuovo: vogliamo ammirarli con calma (il tempo non
manca). Ci sono anche zebre e gazzelle. Notiamo che tutti gli animali
sono girati a guardare nella stessa direzione. Enzo riprende la
scena con la sua Super 8; ad un certo punto un animale particolare
attraversa l'obiettivo: esclamazione di sorpresa entusiastica: "un
leone, eccolo, un leone, l'ho visto dentro la telecamera !!!!!"
Incredibile, non ci speravamo proprio più!! Ed Il Nomade: " è un
leone, zitti, fermi, forse vuole fare caccia, zitti, state zitti,
fermi". Lui ovviamente si agita più di tutti e vuole il cannocchiale
(neanche a dirlo, il nostro). Il leone si avvicina, lo vediamo camminare
agitato fra i cespugli, forse ha fame. Gli altri animali sono tutti
immobili e guardano dalla sua parte. E' una scena bellissima, di
quelle che abbiamo sempre visto nei documentari e che ora osserviamo
nella realtà. Sembra impossibile, ed è veramente una grande emozione.
Delle zebre scappano non appena il re della savana esce allo scoperto,
anche se in realtà egli non sembra particolarmente interessato a
loro. Ad un certo punto lo perdiamo e ci agitiamo: ci dispiacerebbe
troppo che sia già finita. Invece Leo ha già attraversato la strada
alle nostre spalle, e l'occhio di lince del Susta lo individua:
immediata retromarcia del Nomade (sulla guida del mezzo non gli
si può proprio dire nulla), ed eccolo, ce l'abbiamo proprio davanti,
attraversa di nuovo la strada una, due, tre volte. Il suo manto,
la sua bellissima criniera, i suoi movimenti regali, risaltano nel
bianco polveroso dello sterrato. La nostra emozione è alle stelle:
anche Il Nomade finalmente sembra mostrare un autentico entusiasmo
per questa scena africana. Infine Leo lascia la strada e si inoltra
nella boscaglia, scomparendo dalla nostra vista. Attendiamo pazienti
"speriamo che vuole cacciare" dice ripetutamente Il Nomade: non
si tiene, è più agitato di noi!!!. Pensiamo che se ne sia andato
definitivamente, anche se notiamo che gli animali mantengono un
atteggiamento sospettoso e vigile. Stiamo perdendo la fiducia quando
lo sentiamo ruggire più volte. Enzo dice " o richiama l' altri o
se sente male!!" Resta il fatto che la speranza che lui cacci si
spegne dopo circa venti minuti che aspettiamo. Ce ne ritorniamo
al lodge veramente emozionati per quello che abbiamo visto ed il
mal d'Africa cresce in maniera esponenziale. Dopo pranzo abbiamo
davanti un pomeriggio di vero relax. Solo intorno alle quattro,
quando il sole sta calando e la piscina è quasi completamente in
ombra, Amerina ed Enzo decidono che è ora di fare un bel bagno.
Enzo ha difficoltà ad immergersi subito, ed improvvisa un balletto
Himba con influenze occidentali per scaldarsi un po'. Amerina invece
si tuffa di botto e la mimica della sua faccia mentre cerca disperatamente
di reagire al gelo dell'acqua è di uno spasso incredibile. Alla
fine anche Enzo si tuffa. A cena siamo tutti un po' tristi. Domani
è l'ultimo giorno insieme.
17/07/02
Visita al rettilaio: ci sono serpenti bellissimi, per ognuno dei
quali è stato ricreato il proprio ambiente naturale. C'è n'è uno
di un colore verde smeraldo veramente stupendo. Sembra che del gruppo
io sia la più grande ammiratrice di questi splendidi animali. Gli
altri sono un po' restii a definirli belli, forse interessanti è
la parola che trova maggiore consensi. Finita la visita partiamo
purtroppo per Windhoek: 8 ore di viaggio (550 Km circa) ed il tempo
è volato. Il Nomade finalmente guida con veri occhiali da sole grazie
ad Enzo che glieli ha regalati: tanto erano del Picle!!! (ovvero
del nostro amico Roberto), Naturalmente non è mancato il pipistop,
la sosta relax, ed il pranzo picnic. Ci fermiamo per circa 40 minuti
al mercato artigianale di Okahandja, per le classiche spese turistiche.
Ame si commuove alla vista di questa gente, e non le sembra il caso
di chiedere sconti; poi però il senso "venale" ha il sopravvento,
ed infine riesce a dimezzare il prezzo con la collaborazione preziosa
di Enzo e Massimo!!!!!!! Quando stiamo per arrivare a Windhoek cominciamo
ad abbacchiarci: anche questo ultimo giorno insieme sta per finire;
io ed Ame abbiamo il magone. Arrivati in Hotel ci aspetta il solito
aperitivo di benvenuto ed Il Nomade non perde occasione per "caziare"
il personale per due bicchieri che secondo lui non rappresentavano
il massimo della pulizia; forse li vuole lucidi e splendenti!!.
Noi, con le nostre boccucce, ci avremmo bevuto lo stesso!! Comunque
ci mettiamo un po' di tempo per finirlo: l'angoscia per la partenza
ci ostruisce la gola!!!. Ame non resiste, guarda Il Nomade e crolla
in un pianto sommesso. Ci diamo appuntamento per la cena e noi cinque
ci ritiriamo in camera a scrivere il bigliettino di saluto al Nomade,
preparando per lui tutto ciò che "ha di bisogno", almeno per le
prossime 24 ore!! A cena ci porta in un tipico locale stile old
america, e prima dell'ordinazione gli offriamo tutti i nostri regalini,
la mancia, e soprattutto la nostra lettera di saluto (per noi la
più importante, chissà per lui?!!!). Ci emozioniamo tutti, e non
potrebbe essere diversamente visto che è la nostra ultima cena insieme
in Namibia. Per Il Nomade il discorso è d'obbligo e se la cava bene:
mi chiedo "sarà il replay di tanti altri discorsi in situazioni
simili?" Anche se lo fosse (visto che il suo vocabolario non è molto
ricco) siamo tutti convinti che ci lascia con dispiacere!! La serata
termina con l'ultima partita a carte prima della buonanotte, ovviamente
a botta, in camera di Amerina. Ore 11,30 tutti a letto: è tardissimo
per la prima volta in Namibia, di solito andiamo a dormire con le
galline!!.
18/07/02
Appuntamento per la colazione da fare tutti insieme!!!. Il Nomade
è già sotto che ci aspetta: il giorno più brutto della vacanza è
arrivato ed il momento del saluto si avvicina sempre più. Amerina
dice che si era proprio scordata di cosa significa avere una giornata
storta, e che quella di oggi è proprio una giornata di …. cacca.
Quando entriamo in aeroporto non siamo ancora pronti per scendere
dal pulmino, almeno io, e chiedo al Nomade di fare un altro giro
del parcheggio (mitica richiesta dice Amerina). Lui non crede alle
proprie orecchie, ma con suo stesso stupore si presta e riparte
per gli ultimi minuti in pulman: "non ci posso credere ragazzi che
sto facendo questo, è la prima volta che mi succede, giuro!!!" Non
ci scorderemo mai la faccia stupita del parcheggiatore che ha seguito
con lo sguardo il nostro giretto e che avrà pensato: "questi sono
proprio tutti coglioni!!". Facciamo subito il Chek-in e poi ce ne
andiamo al bar a prenderci un tè (ultimo relax insieme); durante
il percorso sono d'obbligo le foto ricordo con Il Nomade (tanto
dobbiamo finire i rullini!!). Dopo il tè non poteva mancare l'ultima
partita a botta con scontro finale tra me ed Il Nomade: ovviamente
perdo io. Prima dell'ingresso al gate ci salutiamo con baci, abbracci,
pianti: le lacrime si sprecano, ed Amerina è una fontana inesauribile.
Anche Il Nomade non scherza come emozione, ed aspetta fino all'ultimo
momento che scompariamo dalla sua vista. Nel gate io e Ame scoppiamo
in lacrime e tutti ci guardano: ci rifugiamo nella toilette, ma
anche lì una ragazza incuriosita ci osserva dallo specchio. Insomma
neanche ci si può sfogare in pace!!. A Johannesburg ultime spese
e prima sosta relax al bar senza Il Nomade. Arriva anche il momento
di salutare Michela, lei se ne va direttamente a Milano mentre noi
di nuovo a Francoforte e poi Roma. Ci imbarchiamo: ci aspetta una
nottata pessima, e questa volta le gocce non servono a nulla, né
le 40 che ha voluto Amerina, né le 80 che ho preso io in due riprese.
Alle quattro del mattino già iniziano a passare la colazione. Scesi
a Francoforte grande corsa per trovare il gate del volo che ci deve
portare a Roma. Il tempo a disposizione è pochissimo, e per fortuna
che a Johannesburg ci hanno fatto la carta d'imbarco. Saliamo subito
a bordo e di nuovo si mangia: ci fa un po' nausea, ma ovviamente
con le boccucce che portiamo alla fine non rifiutiamo nulla. Io
sto scrivendo il diario ed Ame si diverte con le parole crociate.
Enzo legge il giornale italiano e Massimo come al solito è tranquillo.
Poiché sono arrivata alla pari con il racconto e abbiamo ancora
tempo, io ed Amerina abbiamo deciso di commentare ora il viaggio.
Ame però mi lascia subito in quanto si deve fare le sopracciglia,
e così scrivo da sola. Descrivere le emozioni che abbiamo provato
è difficile in quanto sono talmente profonde che qualsiasi parola
sembra inadeguata ed il rischio è sempre quello di finire nel sentimentalismo.
L'Africa che abbiamo visto è quella degli spazi infiniti fuori dal
mondo, zone completamente isolate da tutto ciò che è tecnologia,
eppure ugualmente piene di vita, quella vita autentica che noi occidentali
stiamo perdendo, imprigionati come siamo in ritmi stressanti nei
quali si perde di vista persino la nostra individualità. Nel nostro
mondo civilizzato il consumismo ha creato un appiattimento generale
delle menti e dei modi di vita, con la perdita della coscienza di
noi stessi. Queste esperienze fanno capire che ogni essere umano
è una identità in cui l'unica simbiosi vera è quella con la natura
di cui è figlio e che è tale in qualsiasi parte del mondo ci si
possa trovare. Tutto il resto sono degli addentellati in cui la
casualità della vita ci ingloba e di cui non sempre siamo consapevoli.
E' la paura primordiale legata alla atavica lotta per la sopravvivenza
che ci tiene inchiodati ai legami che ci si costruiscono intorno.
In realtà potremmo essere noi stessi ovunque. Sentire che la prima
e unica verità è quella di essere parte del creato e che tutto il
resto è relativo, è questa la vera grande libertà. Ovviamente questi
sono i miei sentimenti. Alfia e.
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