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NAMIBIA - Goodbye Namibia di Anna Marchisio

14.07.2003
Arriviamo in Namibia un lunedì mattina all’ora di pranzo. L’aeroporto internazionale di Windhoek, nonostante sia il più importante del paese è molto piccolo. L’aereo atterra e i passeggeri scendono dal velivolo direttamente sulla pista e si avviano a piedi verso l’aeroporto, niente serpentone o bus. Il sole è caldo, il paesaggio circostante è immenso e la luce è strepitosa.
Espletate le formalità alla dogana ci avviamo all’uscita in cerca della persona che doveva venirci a prendere. L’agenzia di noleggio che abbiamo scelto, non ha una sede in aeroporto ma solo nella capitale, pertanto un incaricato dell’agenzia sarebbe venuto a prenderci. Nell’atrio dell’aeroporto ci sono tante persone, con cartelli vari, velocemente cerchiamo quello che ci riguarda. Ci avviamo verso questa persona, che senza troppe presentazioni mi prende la valigia di mano e si fionda fuori dall’aeroporto. Lo seguiamo e ci dirigiamo nel parcheggio dove, ad attenderci c’è il suo pulmino e un altro ragazzo. Sistemiamo le valigie, saliamo sul pulmino e via verso Windhoek. Noi siamo stanchi e i nostri accompagnatori non sembrano mostrare nessun interesse a fare conversazione con noi, tantè che chiacchierano per i fatti loro utilizzando una lingua locale. Il viaggio non è lungo ma non è nemmeno quello che si dice corto e veloce, nonostante l’alta velocità con cui guidano. Mentre Marco sonnecchiava la mia immensa fiducia nei confronti del prossimo si preoccupava di quello che sarebbe potuto succedere. E se il tizio invece di portarci a ritirare la nostra auto ci dava una bella botta sulla capoccia, ci rubava tutta la nostra roba e poi ci abbandonava li nel bel mezzo di niente? Il paesaggio circostante è tutto a collinette con il nulla intorno. Insomma… quello non che si definirebbe un ambiente ospitale! Finalmente arriviamo in città, gira di qui, gira di li, non è una grossa metropoli ma giriamo parecchio… ad un certo punto entriamo in uno di quei parcheggio sterrati che ci sono tipicamente nelle periferie cittadine, dove non si capisce bene cosa fa la gente raccolta in gruppetti a parlottare. Alcuni lavano le macchine, altri sonnecchiano seduti per terra, altri chiacchierano, mah…Entriamo in questo parcheggio e ci avviamo verso un gruppo di persone. I miei timori si fanno di nuovo sentire, soprattutto perché non vedo nessuna ditta di noleggio nei paraggi! Il pulmino si ferma. Scende l’amico del nostro accompagnatore e noi ripartiamo. Ah.. avevamo solo dato un passaggio a quel tipo! Potevano pure dircelo!
Finalmente arriviamo all’autonoleggio. Non si può dire che la prima impressione sia stata delle migliori. L’ufficio si trova direttamente in un garage, ad accoglierci c’è una signora: Molly. Nell’ufficio (che parola grossa) c’è tutto il necessario, computer, telefono, fotocopiatrice, ecc… ma diciamo che l’apparenza non è delle migliori. Forse noi occidentali siamo abituati a standard differenti. Nel cortile è parcheggiato un P-kup color crema con delle tendine alle finestre del cassone in perfetto stile da “figli dei fiori”. Ci consegnano l’auto, ci spiegano come funziona. Non hanno una seconda ruota di scorta da darci che noi invece avevamo chiesto esplicitamente! Ci spiega che non sono riusciti a rimediarla in tempo, mah!?! Un po’ per la stanchezza del viaggio un po’ perché eravamo già stufi prendiamo l’auto e ce ne andiamo a cercare il nostro primo posto in cui pernotteremo. Saliamo in macchina e ci avviamo verso la città e come non detto, ci accorgiamo di aver dimenticato il libretto delle istruzioni della macchina, non si sa mai può sempre tornare utile, e meno male che siamo tornati a prenderlo! Ritorniamo indietro e, già che ci sono, ne approfitto anche per farmi indicare sulla cartina dove ci troviamo, con tutto quel gira di qui gira di li con il marito di Molly non ho idea di dove siamo finiti. Scopriamo così che la Tamboti guest-house non è lontana. Se non altro non dobbiamo attraversare tutta la città. Trovata la casa suono il campanello. Mi guardo intorno e vedo tutte le case dotate di filo spinato.. mah.. che posto sarà mai questo! Viene ad aprirmi una signora a cui chiedo della mia prenotazione. Immediatamente ci fa parcheggiare il nostro mezzo nel suo cortile e ci accompagna a vedere la stanza. Vista l’agenzia di noleggio sono pronta ad andare a dormire nella cuccia del cane, e invece, una bellissima camera arredata in stile africano. Scarichiamo i nostri bagagli, verifichiamo meglio la nostra auto e ci accorgiamo che una delle serrature del cassone non chiude. Non va affatto bene, non possiamo mica lasciare le valigie con il cassone aperto. Risaliamo in macchina e torniamo alla Sanfield Car Hire per chiedere che ci sistemino la serratura oppure che ci cambino mezzo. Arriviamo alla ditta … toh.. non è ancora orario di chiusura ma Molly se l’è già filata. I suoi vicini di garage ci fanno sapere che non che sarebbe ritornata in giornata. Mentre io cerco il numero di telefono Marco traffica con la serratura e scopre che con un po’ d’olio si può sistemare. E’ solamente un po’ dura, sarà tutta la polvere che ci finisce dentro. Così riprendiamo la nostra macchina, ce ne andiamo alla guest-house.

Alle 17.30 è notte. Il sole tramonta in fretta e in niente è buio. I negozi, gli uffici chiudono tutti alle 17, per cui l’attività frenetica della città si ferma alle 17. Decidiamo di andare a cenare in un fast-food e ne scegliamo uno presente sulla via principale della capitale. Visto che è buio e le strade intorno alla nostra guest-house non sono ben illuminate decidiamo di andarci in macchina. A dirla tutta, non è che faccia così caldo da andare a spasso a piedi. Con nostra grande sorpresa la città è deserta. Non c’è quasi nessuno per le vie e pochissime macchine per la strada, tant’è che parcheggiamo proprio di fronte al fast-food. E’ dire che poche ore prima era piena di vita e di persone. E’ bastato il buoi per spegnere anche questa città. Il locale è vuoto, la maggior parte dei clienti prendono e portano via, ai tavoli c’è poca gente. Poco male, a noi non piace la confusione. Quando usciamo dal locale e ci troviamo immersi in un lato di Windhoek che non ci aspettavamo. Le strade sono sempre desolate ma per la via ci sono parecchie persone che chiedono soldi, altre sedute per terra appoggiate alle vetrine dei negozi chiusi. Cosa fanno lo sanno solo loro. Fatto sta che non ci fanno una bella impressione. Ci avviamo verso la nostra auto. Marco apre le portiere ed entriamo. Mentre salgo mi volto indietro e vedo un ragazzo che mi viene incontro correndo. Non immagino minimamente di cosa si possa trattare e vista la realtà che ci circonda, mi fiondo in macchina e dico a Marco di muoversi poiché c’è un tizio che ci sta rincorrendo. Veniamo raggiunti appena in tempo per consentirgli di prendere un foglietto che aveva pizzicato sul nostro vetro, ma noi senza fare o dire niente ce la filiamo subitissimo. Non avevamo visto il foglietto e non abbiamo ben capito l’accaduto.
C’è da dire che il primo impatto con la Namibia ci ha lasciato un po’ perplessi. Avevamo letto sulla guida che non era un posto pericoloso, ma le case sono tutte cintate con il filo spinato (e questo non solo nella capitale ma anche in altre città), alcuni negozi sono dotati di cancello e anche durante l’ora di apertura è chiuso (un po’ come per le gioiellerie da noi, per entrare si deve suonare il campanello), tutta questa gente che c’era per strada. Insomma ci avviamo verso la nostra guest-house un po’ perplessi. Solamente parecchi giorni dopo, a Swakopmund, abbiamo modo di capire chi era e cosa faceva quel tipo che ci aveva inseguito a Windhoek: era un parcheggiatore!!! Di sera le strade si riempiono di ragazzi, alcuni dotati di pettorina che ne indica l’attività, che in cambio di una mancia sorvegliano le macchine per tutta la notte o per il tempo necessario per una sosta. Di giorno i parcheggi sono a pagamento, ci sono i parchimetri. Mentre di sera la custodia è affidata a queste persone. Si tratta di un’attività del tutto legale e autorizzata dalle autorità municipali. Ma tutto questo lo abbiamo scoperto in seguito.

15.07.2003
Il mattino seguente lasciamo Windhoek e ci avviamo verso sud nella zona del Kalahari dove passeremo la nostra prima giornata Africana. Percorriamo una strada asfaltata che appena lasciata Windhoek si rivela un susseguirsi di cantieri. Non abbiamo capito bene che tipo di manutenzione stiano facendo, quello che abbiamo capito subito e che bisogna armarsi di tanta ma tanta pazienza. Il primo semaforo, per un lungo tratto la strada è a senso unico alternato, è tutto un programma. Un cartello disegna il semaforo, ma il semaforo stesso consiste in un operatore che gira un cartello con su scritto ‘go’ da una parte e ‘stop’ dall’altra. L’addetto al semaforo è in contatto via radio con l’operatore dell’altro semaforo. Insomma un semaforo altamente tecnologico. Fatto sta che aspettiamo un’eternità prima che arrivi il nostro turno. Non sarà ne il primo e ne l’ultimo cantiere che incontreremo in questo viaggio. La cosa che più ci ha colpito e che quando passi di fianco al cantiere le persone che ci lavorano ti salutano. Notiamo anche che tra le persone che lavorano nei cantieri ci sono anche delle donne, cosa che in Italia non avviene, e soprattutto che il personale è tutto di colore. Beh..ci facciamo già una prima idea di come “girano” le cose in questo paese.
Il lodge (Anib Lodge) dove abbiamo prenotato ci attende per il pranzo. Si tratta di un bel posticino tranquillo situato ai margini di questo deserto. I proprietari sono gentili anche se un po’ troppo tedeschi per i nostri gusti. Nel pomeriggio poi, abbiamo un’escursione nel Kalahari che si conclude con la visione del tramonto nel deserto. Il deserto del Kalahari alterna paesaggi di dune di sabbia rossa a zone dove l’erba e la vegetazione è cresciuta sulla terra rossa. E’ stata una bella emozione vedere per la prima volta, orici e antilopi nel loro ambiente naturale. Ed infine, concludiamo questa giornata con un’ottima cenetta con un arrosto di antilope veramente delizioso e tenero.

16.07.2003
Dopo una bella colazione all’Anib Lodge e aver scampato anche per questa mattina le uova con il bacon, partiamo alla volta del Fish River Canyon. Il nostro programma prevede di raggiungere la stazione termale di Ai-Ais. Prima di partire decidiamo di dare una sistematina ai vari attrezzi della macchina che sono sistemati dietro il sedile. Saranno anche incastrati negli apposti spazi, ma sbattendo contro la lamiera dell’auto fanno un casino mostruoso e come musica di sotto fondo per i nostri viaggi è veramente insopportabile. Modifichiamo così la sistemazione degli attrezzi in modo da evitare qualsiasi ‘sbatacchiamento’ vario e da eliminare completamente questo fastidioso sonoro.
La sabbia del Kalahari al mattino e alla sera assumere una colorazione di rosso intenso veramente suggestiva!
Partiamo ma facciamo subito una breve sosta a Mariental per fare il pieno alla macchina, prelevare un po’ di soldi al bancomat (nessun problema il circuito maestro funziona ovunque e i bancomat chiamati autobank sono un po’ ovunque) e a fare un po’ di shopping al supermercato. E’ un paese molto piccolo con una via principale su cui si affacciano tutte le attività commerciali. Nonostante sia proprio un minuscolo centro conta almeno due banche, due distributori e un supermercato. Insomma.. tutto quello che ci poteva servire.
Ci troviamo, verso l’ora di pranzo nei pressi di Keetmanshoop. Decidiamo di fare una deviazione e andare a vedere se in città c’è qualche locale che ci ispira per pranzare. Keetmanshoop non è quello che si può dire un bel posto, insomma uno di quei posti che non sanno di nulla e i locali che vediamo non ci entusiasmano affatto, meglio che ci facciamo un bel panino con quello che abbiamo acquistato al supermercato.
Riprendiamo cosi il nostro viaggio in direzione sud. Il viaggio è veramente lungo ed è stato anche il nostro primo impatto con un lungo percorso di strada sterrata. Una barba…..
Lungo la strada abbiamo modo di ammirare le montagne del Fish River Canyon e del Klein Karasberge. Ed è proprio per fotografare questo massiccio che decidiamo di fermarci. Accostiamo sul bordo della strada, facciamo la nostra foto, saliamo in macchina e… oh oh.. siamo rimasti piantati. Scendiamo dall’auto e vediamo che le ruote dietro sono sommerse di sabbia. Marco sale in macchina, prova a spostarla ma invece di muoversi non fa altro che insabbiarsi ancora di più. Ohi ohi… qui si mette male… Liberiamo, così, le ruote dalla sabbia con le mani (sperando di non fare brutti incontri con insetti strani) e collochiamo un bel masso a ciascuna di esse, poi Marco sale in macchina e io provo a spingere. Visto il notevole peso del mezzo, dubito che il mio contributo sia stato fondamentale, in ogni caso.. l’auto si sposta e ritorniamo sulla strada. Abbiamo così imparato che se si decide di parcheggiare sul lato della strada è sempre bene tenere due ruote sul fondo duro della strada onde evitare altre situazione del genere.
Finalmente arriviamo ad Ai-Ais, si trova circondato tra le montagne del canyon. Ci rechiamo subito alla reception per ritirare la chiave della nostra camera e per pagare i biglietti di ingresso. Nonostante le nostre proteste, ci tocca pagare una piccola differenza per il pernottamento, loro sostengono che i pagamento non sia completo, noi sosteniamo che l’agenzia che ha fatto le pratiche per noi avesse saldato tutto, fatto sta che ci tocca pagare questa piccola differenza che facciamo annotare per benino sul conto. Quando passeremo per Swakpomund, dove ha sede l’agenzia, andremo a chiarire questo malinteso con la titolare. A discapito dell’ingresso che non promette bene, Ai-Ais è invece un posto molto carino ed emana un senso di tranquillità immenso. Andiamo a cercare la nostra camera e scopriamo che si tratta di un mini appartamento, terrazza con il caminetto per fare il barbecue (quella del barbecue è proprio un mania), di cucina, camera e bagno. C’è anche un piccolo cortiletto di cui non ne capiamo bene il senso e l’accesso diretto alla piscina delle terme che ovviamente sfrutteremo. Essendo Ai-Ais incastrato tra le montagne del canyon il sole si nasconde dietro le montagne prima di tramontare e il buio arriva presto ed in fretta. Ceniamo al ristorante del resort dove non si può certo dire che la velocità del servizio sia il loro cavallo di battaglia.. Ma tanto siamo in ferie per cui… possiamo anche metterci 2 ore per cenare, tant’è che dopo aver atteso per molto la nostra cena, decidiamo ugualmente di ordinare il dolce! A cena notiamo una famigliola composta da padre, madre e due figli tra i 15-18 anni. Li notiamo perché il figlio, per sedersi “prova” una serie di seggiole prima di trovare quella che fa per lui. Che fondo schiena delicato!!!

17.07.2003
Oggi intera giornata dedicata alla visita del Canyon, i Namibesi (o Namibini o come altro sono chiamati gli abitanti della Namibia!?!) sostengono che sia secondo solo al Gran Canyon degli Stati Uniti. Non ho visto il Gran Canyon, per cui non posso fare un paragone, ma questo è già di per se molto spettacolare. Veramente un bel posto ne vale la visita. Osserviamo da diversi punti panoramici il Canyon e facciamo anche una passeggiatina che ti permette di osservare il Canyon da angolazioni differenti. Non c’è molta gente e possiamo goderci il Canyon in tutta tranquillità. Ci fermiamo per pranzo in uno dei tanti look-out in compagnia di alcuni uccellini e di una strana lucertola modello gigante che se ne sta a prendere il sole su una pietra poco distante. E’ un peccato, che il regolamento vieti i trekking in giornata, un bel giro nel canyon non ci sarebbe affatto dispiaciuto!
In uno di questi look-out incontriamo la nostra famigliola della sera prima. Non lo sappiamo ancora, ma questa famiglia ci accompagnerà per tutto il viaggio! Come si dice… il mondo è piccolo!
Di ritorno ad Ai Ais, dove pernotteremo anche questa notte, ci fermiamo a fotografare qualche esemplare di kakerboom (o alberi faretra). Ci sono molti esemplari di questo albero disseminati qua e la, non ci resta che scegliere quelli che più ci piacciono e fotografarli. Facciamo anche due passi per vederne uno un po’ più grande degli altri, da vicino, e nonostante il mio terrore non incontro nessun serpente! Nei confronti dei rettili sono un po’ (tanto) fobica, non ci tengo ad avere nessun tipo di incontro ravvicinato con questi animaletti striscianti.
Concludiamo la nostra giornata facendo un giretto per Ai-Ais e poi un bel bagno ristoratore nella piscine delle terme. Per cena, visto che la nostra sistemazione prevede una cucina con tanto di stoviglie in dotazione, ci prepariamo degli spaghetti al pomodoro, che abbiamo trovato nel supermercato del campo. I nostri vicini invece fanno un bel barbecue, così hanno modo di affumicare tutto il campo!

18.07.2003
Dopo una tranquilla colazione consumata sul balcone del nostro mini appartamento, partiamo alla volta di Luderitz. Ci aspettano un bel po’ di chilometri di strada sterrata prima di giungere su quella asfaltata.
Non si può certo dire che la Namibia sia un paese affollato. Tra le nazioni presenti sul territorio Africano è quello con il minor numero di abitante per chilometro quadrato (così ho letto), e ce ne siamo accorti. Interminabili ore in macchina senza incontrare un villaggio, una casa, niente. Certe volte poi si incontra, una fattoria o un bivio che ne indica la strada, ma la casa non si vede. Toh.. li piazzata nel bel mezzo del nulla. Lontano da tutto il resto. Ogni tanto si incrocia qualche auto o un carretto trainato da 1-2 asini che procede piano piano lungo la strada. Di certo il traffico non rappresenta un problema!
E cosi, chilometro dopo chilometro oltrepassiamo la città di Aus, collocata sulle pendici di una montagna (forse è meglio parlare di collina) che la rendono paesaggisticamente molto interessante e proseguiamo verso Luderitz. Man mano che il paesaggio si avvicina diventa sempre più desertico, solo più sabbia grigia (non è di colore rosso come quella del Namib o del Kalahari). Oltrepassiamo la città fantasma di Kolmanskop che visiteremo domani e finalmente arriviamo a Luderitz, città sulla costa oceanica. Visto che sono le 16 passate cerchiamo subito l’ufficio informazioni dove dobbiamo acquistare il biglietto per andare a visitare la città fantasma. Entriamo nell’ufficio e in attesa di essere serviti troviamo anche la famigliola che abbiamo visto nei giorni precedenti. Toh.. com’è piccolo il mondo!!! Acquistato il biglietto andiamo a cercare la Kratzplatz Guest-House (meno male che non mi è toccato di pronunciare quel nome) che si trova praticamente in centro, e ci facciamo così un primo giro perlustrativo di Luderitz a piedi. Per cena scegliamo un locale indicato sulla nostra guida, che, arrivati sul posto non troviamo, non abbiamo capito se è stato spostato o chiuso del tutto, la spiegazione fornitaci dal bar di fianco è piuttosto confusa e contradditoria. Ci rechiamo quindi da un’altra parte. La scelta non è delle più felici, si tratta del ristorante di un hotel. Sarà per questo ma nella sala c’è un continuo viavai di persone (preciso che sono quasi sempre le stesse che vanno e vengono). La cena non è male, di certo non assomiglia nemmeno lontanamente alla bella cenetta dell’Anib lodge, se per quello nemmeno il posto ci assomiglia! Dietro di noi c’è un grosso acquario il cui vetro necessita di un’urgente intervento di pulitura e un pesciolino morto galleggia tranquillo sulla superficie dell’acqua. Insomma.. la guida ne dava un giudizio molto positivo, certo, un posto molto spartano, non abbiamo mangiato male ma la sera dopo non ci siamo ritornati.

19.07.2003
Al mattino, come sempre, ci svegliamo presto, andiamo a fare colazione. Diamo una rapida occhiata al buffet per scoprire che tolto lo yogurt il resto non è di nostro gradimento. Forse siamo un po’ “difficili” in quanto a cibo per la colazione, ma a noi piace la classica colazione dolce, con il pane e la marmellata, o i biscotti con il the o il caffè latte. Tutto il resto, cereali, salumi, formaggi per colazione non ci tentano affatto. Prendiamo così un vasetto di yogurt a testa e ci dirigiamo verso il nostro posto. Al tavolo troviamo due vaschettine microscopiche di marmellata. Chiediamo del the e del pane bianco tostato, mentre osserviamo le altre persone presenti in sala farsi certe mangiate che più che colazione sembra che stanno facendo pranzo e cena contemporaneamente! Uova con bacon, scodellate di cereali, panini di salame e formaggio. Mi chiedo se a casa loro mangiano così tanto per colazione o lo fanno solo ora che sono in vacanza!
Visto che abbiamo un’oretta abbondante di tempo prima di andare a visitare la città fantasma di Kolmanskoop ci dirigiamo ad Agate Beach. Nulla di particolare se non per il fatto che lungo la strada in prossimità di una zona umida dove la vegetazione è molto rigogliosa (c’è dell’acqua, tutto qui) troviamo degli orici e delle antilopi. Più lontano ci sono dei fenicotteri. Il paesaggio desertico con quest’oasi verde e queste lagune piene di fenicotteri sono qualcosa di spettacolare.
La visita alla città fantasma è molto interessante. Nella sala del teatro della cittadina di Kolmanskoop due guide si dividono le persone presenti in sala. Una sarà la guida Africans, ed ecco la nostra famigliola avviarsi con questa guida. E l’altra di lingua inglese e tedesca. Di chiare origini tedesche, sia nelle fattezze che negli atteggiamenti, la nostra guida alternerà la spiegazione tra le due lingue, ovviamente, non a caso, prima in tedesco e poi in inglese. Il tutto senza fare pause o interruzioni tra una lingua o l’altra (nemmeno variazioni di tonalità.. tutto piatto uguale). E così inizia la sua lunga spiegazione. Credo che sia partita dalla preistoria, perché non la finiva più di parlare. Considerato che questa città non può vantare un secolo di storia, la spiegazione introduttiva, certo mica è finita qua, è stata interminabile. Marco come molti presenti, compresa la sottoscritta, dopo un po’ si è stufato di stare ad ascoltare e si è messo a leggere la spiegazione sulla nostra guida, mentre altri invece si limitavano a guardare il soffitto o le loro scarpe. Se pensavamo di essere ad una semplice visita guidata ci siamo sbagliati di grosso!! La guida interrompe la spiegazione e in tono da vera insegnante riprende Marco “Reading or Listening?” Ops.. beccato… Marco, seccato chiude il libro e non ribatte (il nostro inglese da viaggiatori non prevede la frase “fatti i fatti tuoi”, provvederemo ad inserirla per le occasioni future). Va beh… siamo a scuola! Speriamo che alla fine non ci interroghi! La visita prosegue… Interessante la visita dei vari edifici, interminabile quella del museo. La tizia ha spiegato ogni singola fotografia! Abbiamo temuto di dover pernottare in questa città! Finalmente, finita la visita abbiamo potuto girovagare per la città a nostro piacimento per fare un po’ di foto e curiosare nelle diverse case.
Nel pomeriggio invece abbiamo visitato la baia, direi che non è una meta molto ambita visto che abbiamo incontrato una sola macchina. Molto interessante, sia il paesaggio, veramente desolato, che la costa. Riusciamo perfino a vedere i pinguini sull’Halifax Island.
C’è un vento fortissimo e le poche volte che coraggiosamente scendiamo dall’auto per fare due passi per ammirare il paesaggio che ci circonda il vento gelido ci assale! Perfino fare pranzo è stata un’impresa con questo vento.
Nel tardo pomeriggio ci ricordiamo che è sabato e che il giorno dopo ci attende un lungo spostamento. Occorre, quindi, fare il pieno alla macchina. Preoccupati di trovare già chiuso o di scoprire che la domenica sono chiusi ci rechiamo subito dal distributore, dove apprendiamo che i distributori sono aperti 24 su 24 per tutta la settimana, domenica inclusa. Buono a sapersi.
Per cena questa sera cambiamo, ovviamente, locale e scegliamo il ristorante sito all’interno del Kapps Hotel. La scelta si rileva ottima. E’ sabato sera ma non abbiamo nessun appuntamento mondano in programma, per cui ce ne ritorniamo nella nostra camera, il vento è molto forte e l’aria è molto fredda per cui non ce lo sognamo nemmeno di farci una passeggiata serale per il paese, che tra l’altro è completamente deserto. Chissà cosa faranno il sabato sera?

20.07.2003
Questa mattina la colazione è un po’ più movimentata. E’ saltata la corrente, ma questo, ci dicono non è un problema. Ordiniamo, ad un cameriere diverso da quello della mattina precedente, il solito pane bianco tostato. Boh.. aspetta e aspetta.. e ci sorge il dubbio che debbano ancora passare in panetteria a prenderlo. Dopo una lunga attesa se ne arriva il tipo con due piatti colmi di uova e bacon. Piccolo battibecco con il tizio che sosteneva che noi avessimo ordinato quanto lui ci voleva rifilare. Va beh.. poco male.. i due piatti vengono subito dirottati su un altro tavolo dove il tutto è molto gradito e a noi finalmente viene portato solo il pane tostato (due misere fettine! Che lo pagano loro!?!).
Finita colazione partiamo alla volta di Aus. Facciamo una sosta presso il look-out da cui si possono osservare i cavalli selvaggi del deserto. C’è ne sono un branco tranquillo che pascola, assieme a qualche struzzo. Sono un po’ magrolini! Neanche a farlo apposta… arriviamo li e chi vi troviamo? La nostra famigliola, sembra proprio che ci corriamo dietro.
Ripartiamo in direzione Sesriem/Solitarie, passando per il Namib Rand Nature Reserve. Itinerario poco battuto viste le poche auto incontrate, ovviamente incontriamo anche l’auto bianca della nostra famigliola con cui ci siamo sorpassati per tutto il giorno. La strada da percorrere è tanta e il viaggio è stato lungo e faticoso, ma le montagne del Namib Rand Nature Reserve sono spettacolari e il paesaggio circostante è veramente bello. Vediamo parecchi animali più o meno vicini e spesso ci fermiamo ad osservarli con il binocolo per poterli identificare. Vediamo così un branco di zebre di montagna nella zona delle Naukluft Mountain.
Arriviamo a Sesriem, parcheggiamo e andiamo a vedere l’ufficio del parco e a comperare qualcosa di buono da bene nel piccolo negozio di Sesriem. Proprio vicino all’ingresso ci sono due ‘bei’ (mica tanto) serpentelli sotto spirito! Proprio li dovevano metterli! Ci guardiamo un po’ intorno e ripartiamo alla volta di Solitaire dove si trova la Solitarie Guest House in cui soggiorneremo per ben 3 notti.
Arriviamo a Solitarie che il sole sta già calando. A Solitarie esistono due strutture con un nome simile, le nostre informazioni per raggiungere il posto non erano chiarissime e la guida dell’Edt ha fatto anche lei la sua parte di confusione. Fatto sta che esiste sia il Solitarie Country Lodge che il Solitarie Guest Farm (come da indicazioni stradali, mentre si chiama Solitarie Guest House per operatori turistici e i siti internet). La guida dell’Edt descrive il Solitarie Contry Lodge chiamandolo Solitarie Guest House. Insomma è un buco di paese con un negozietto microscopico e un distributore ma sono riusciti a fare una confusione mostruosa! Riusciamo ad uscire da questo groviglio di nomi e a trovare il nostro lodge. Si trova a 6 km dalla strada principale circondato dalle montagne. Un bel posto niente da dire e il soggiorno nella farm si rivelerà uno dei migliori di tutto il viaggio, sia per il posto, la sistemazione, la gentilezza del proprietario e l’eccellente cucina a base di selvaggina.
Alla fine arriviamo che è già buio, sistemiamo la nostra roba e ci diamo una ripulita. E’ impressionante la sabbia e la polvere che si accumula da tutte le parti. Le nostre valigie non si sa più nemmeno di che colore sono tanto sono polverose. Dopo esserci ripuliti per benino ci presentiamo per la cena. Ci sono solo altre due persone. Abbiamo già avuto modo di notare, la presenza nella camera di corni d’orice, in casa notiamo altri corni d’orice adibiti a candelieri, un kudu imbalsamato, e altri cimeli di questo tipo. Marco, per ragioni professionali e non, è ovviamente molto interessato a vedere queste cose ed intavola subito una piacevole conversazione con il gentile proprietario della farm su tutti questi animali, etc. La cena, a base di selvaggina, si rileva deliziosa. La corrente viene fornita da un generatore di corrente per cui, alle 22 tutti a nanna, la luce si spegne, il cielo stellato sembra magico e il silenzio della notte è rotto solo dal canto dei gechi.

21.07.2003
Oggi visiteremo il deserto del Namib. Le guide consigliano la visita all’alba, ma noi siamo pigri e non abbiamo voglia di svegliarci troppo presto! Eh eh eh... Ci dirigiamo subito alla duna 45 e come tutti anche noi la scaliamo. Pensavo che camminare sulla sabbia fosse come camminare sulla neve invece scopro che è peggio. Dopo esserci guardati intorno e aver fatto le foto di rito ci avviamo verso Sussusvlei. Il deserto si presenta con ampi paesaggi di dune che ogni tanto ci fermiamo a fotografare. Arriviamo al parcheggio per Sussusvlei. Si può proseguire solo con un mezzo 4x4 e visto che il nostro non lo è, perchè qualcuno ha fatto un bel pasticcio con la prenotazione, ma di questo faremo i conti appena tornati a casa con chi di dovere, decidiamo di non usufruire del servizio navetta ma di farla a piedi. Una delle nostre guide sostiene che si tratti di una bella passeggiatina e a noi camminare piace, per cui ci avviamo con il nostro zaino in spalla con una bella scorta d’acqua. Si tratta di 5 chilometri in piano, un’oretta di camminata, su un terreno che passa dal più o meno sabbioso al molto sabbioso. Effettivamente possiamo goderci con tutta calma il paesaggio circostante e notiamo anche una varietà di intessi piuttosto grossi rispetto a quelli a cui siamo abituati noi che scorazzano sulla sabbia.
Sussusvlei è un posto molto particolare e suggestivo. Pranziamo nella vicina area di pic-nic dove ci sono una serie di tavolini all’ombra, finalmente, di qualche grande albero. Accanto al nostro tavolo, troviamo un tavolo completamente apparecchiato, con tanto di tovaglia quadrettata di rosso e stoviglie in porcellana. Beh… potremmo anche accomodarci, visto che è tutto pronto! Poco dopo arriva una jeep di turisti che si accomodano a questo tavolo e vengono serviti dall’autista come se fossero al ristorante, le portate sbucano da una borsa frigo direttamente disposte su vassoi in metallo.. insomma.. come commenterebbe il marito della mia collega “ecco arrivati i turisti puzzoni”. Personalmente trovo tutto questo ridicolo ed eccessivo (oltre che disgustoso), ma non tutti la vediamo allo stesso modo!
Dopo pranzo riprendiamo la nostra strada verso il parcheggio. Incontriamo poche altre persone che come noi hanno scelto di fare la strada a piedi, il turista medio, purtroppo si sposta in macchina e non sa cosa si perde! Mentre camminiamo veniamo sorpassati da una jeep, veramente sono molte quelle che ci sorpassano ma su una in particolare a bordo, ci sono quattro turisti. Indovinate di chi si tratta? Ma certo, della nostra famigliola! Effettivamente di oggi non li avevamo ancora visti!
Visitiamo anche il Sesriem Canyon dove facciamo due passi nel Canyon, molto suggestivo, anche se, al confronto del Fish River Canyon sembra il Canyon de puffi!
Rientriamo a Solitarie dove ci attende una bella doccia e soprattutto una cenetta superlativa, bistecche di orice con salsa di frutta! Abbiamo fatto anche il bis! Troppo buone! Ci vorrebbe la ricetta! Beh… anche l’orice!
Appena si fa buio iniziamo a sentire, come la sera precedente, il canto o richiamo dei gechi. Inizialmente avevamo attribuito queto verso ad un qualche uccello notturno ma interpellato il proprietario della guest-house scopriamo che il rumore prodotto non è un canto di un uccello ma quello dei gechi. Incuriositi decidiamo di vedere se riusciamo a vederne qualcuno. Prendiamo la pila e andiamo in direzione dei richiami. Nonostante i nostri (molti) tentativi non siamo riusciti a vedere nulla. Certe volte avevamo il canto così vicino che sembrava dovessimo pestarli, puntavamo fiduciosi il fascio di luce della torcia ma….ciccia, non abbiamo visto un bel niente.

22.07.2003
Oggi ci aspetta una bella scarpinata. Abbiamo deciso di percorrere il Waterkloof trail, un giro ad anello di 17 chilometri sulle Naukluft Mountain. Partiamo subito dopo colazione con gli zaini pronti per la camminata. Arriviamo alla sede del parco e andiamo subito a comperare il permesso. Il tizio è un po’ perplesso alla notizia che percorreremo il Waterkloof Trail e non fa altro che ripeterci che sono 17 km e che ci vogliono 6/7 ore. Gli diciamo che sappiamo quello che stiamo facendo e, visto che sulla nostra cartina è indicato solo la quota del punto più alto toccato dal sentiero gli chiediamo la quota in cui si trova la partenza del sentiero! Oh.. ancora meglio di quello che pensavamo, il dislivello non è granché (circa 500 metri). Detto questo ci avviamo a percorrere questo sentiero. Gran parte del giro attraversa fiumi in secca, ed è un po’ una rottura, non si fa altro che attraversare a destra per poi tornare a sinistra, e così via.. avanti e indietro sul fiume a seconda di come curva. Il sentiero in generale è ben segnato anche se vi sono alcuni punti dove le tracce non si vedono benissimo e abbiamo dovuto faticare un po’ per trovarle. Anche loro però, segnarle con dei piedi di colore giallo! Non potevano usare un colore un po’ più visibile!
Lentamente il sentiero prende quota. Anche l’ultimo pezzo, definito come una ripida salita dalla guida, sale ma definirla una ripida salita ci sembra eccessivo. Deduciamo, quindi che colui che ha scritto la guida non ha mai camminato molto in montagna, altrimenti saprebbe cos’è una ripida salita. Comunque arriviamo per pranzo sul punto più in alto dove incontriamo altre 4 persone, le uniche che vedremo per tutto il giorno. Da questo punto si gode una bella vista su tutte le montagne circostanti. Discendiamo rapidamente per camminare nuovamente nel letto del fiume, sempre in secca. Ovviamente Marco, dopo aver seguito fedelmente il sentiero per quasi tutta la giornata, decide, verso la fine, che è il caso di operare una scorciatoia. Brontolo ma lo seguo e… questa volta avevo ragione io, ci tocca di tornare indietro. Comunque dopo 5 ore e 40 di cammino, soddisfatti di averci messo meno del tempo riportato su guide e cartine, giungiamo finalmente alla macchina. I piedi sono un po’ doloranti per via di tutti i sassi su cui abbiamo dovuto camminare, ma il giro nel complesso è stato piacevole, abbiamo visto la natura presente su queste montagne, non abbiamo però visto nessun animale a parte qualche uccellino e piccolo mammifero.

23.07.2003
Dopo colazione ci mettiamo subito in macchina diretti a Walvis Bay, attraversiamo uno strano paesaggio lunare e giungiamo nuovamente in una zona di sola sabbia. Lo spettacolo di fenicotteri nella baia di Walvis Bay è veramente impressionante. Ci sono tantissimi uccelli rosa che contarli non è nemmeno possibile. La giornata è molto ventilata, facciamo due passi sulla baia molto velocemente perché l’aria è proprio pungente. Dopo pranzo ci spostiamo a Swakopmund, dove pernotteremo per due notti. Arrivati in città, tiriamo fuori tutte le nostre cartine del centro alla ricerca delle strada in cui è ubicata la nostra guest-house. Ho subito qualche difficoltà a trovare i nomi segnalati sulle vie sulla nostra cartina. Siamo in centro, eppure i nomi non coincidono. Marco mi accusa ingiustamente di non saper leggere la cartina! Scopriremo in seguito, che a causa di un cambiamento dell’amministrazione comunale (da una di origine tedesca a una di origine indigena (di colore)) i nomi delle strade, nella via principale sono stati cambiati in modo da avere una topomastica, per così dire, più africana. Comunque all’ufficio informazioni vendono, per un dollaro, una fotocopia del centro della città con la corretta topomastica. Mentre la cartina con i nomi errati te la danno gratis.. eh eh eh Beh.. Ma la topomastica di Swakopmud non è stato il nostro unico problema per scovare la nostra guest-house. Eh già.. erano in corso, proprio nella zona in cui dovevamo recarci noi, diversi lavori di pavimentazione della strada, costruzione di rotonde (sono arrivate anche li!), etc. Per cui la strada per raggiungere la guest house si è un po’ complicata. L’Intermezzo Guest House è una villa su due piani con tantissime vetrate, poco lontano dal mare, in una zona residenziale. La nostra camera è molto bella, Marco la definisce “di gran classe”. Completiamo la giornata con un giro per Swakopmund e con un po’ di shopping. Facciamo anche una scappatine presso gli uffici dell’AfricanDesk per conoscere Elizabeth, la persona che ci ha aiutato nella prenotazione dei pernottamenti e per chiarire il malinteso di Ai-Ais. Impresa non facile perché l’ufficio non è dotato di un’insegna e noi non riusciamo a trovarlo. Elizabeth, che fino ad ora, avevamo contattato solo via mail, è molto gentile così ne approfittiamo per chiedere qualche informazione sul posto e per farci confermare i voli per il ritorno. Per chiarire il malinteso di Ai-Ais, Elizabeth, che è sicura di avere versato l’importo complessivo dei pernottamenti, deve chiamare il ministero, ma vista l’ora, rimanda il tutto al giorno dopo.
Per cena, decidiamo di mangiare la pizza! Non ci aspettiamo una vera pizza all’italiana, in fondo siamo all’estero! Ma la pizza che abbiamo gustato era molto buona e possiamo definirla molto simile alle nostre, forse un po’ più croccante delle nostre.
Di ritorno dalla cena, la spia dell’olio del motore si accende. Parcheggiamo sotto un bel lampione, visto che la luce è scarsa e iniziamo la nostra nuova attività di meccanici. Verificato il livello dell’olio al minimo notiamo anche che la batteria se ne sta “andando a spasso”, nel vero senso della parola per il motore. Sicuramente l’originale era stata sostituita da questa che non era delle stesse dimensioni. Le sollecitazioni a cui è sottoposta l’auto hanno fatto si che le viti delle asticelle che la imprigionano si allentassero per cui adesso ci troviamo con una batteria che ‘passeggia’ nella sua sede. Cerchiamo fra gli attrezzi, ma come volevasi dimostrare, ci sono tutti (pochi) i cacciaviti possibili e immaginabili ad eccezione di quelli che servono a noi. Alla fine con l’aiuto di un cucchiaio e una pinza avvitiamo le viti e assicuriamo la batteria al resto della macchina. Se non altro, non dovremmo perderla per strada!

24.07.2003
Durante la notte la temperatura è scesa parecchio perché nonostante il piumone, abbiamo avuto freddo. Mi alzo, tiro le tende alle finestre per far entrare il sole e sorpresa delle sorprese: c’è la nebbia! Sembra di essere da noi a novembre, con questa nebbiolina bassa, tutto grigio e triste, per terra è tutto bagnato, tant’è che ipotizzo, erroneamente, che durante la notte abbia piovuto. A colazione, chiediamo spiegazione alla signora della guest house su questo strano tempo. Tutto normale, ci spiega, si tratta delle correnti calde provenienti dal deserto che incontrano le correnti fredde provenienti dall’oceano e generano questa nebbiolina. Ci spiega che questo risveglio li accompagna molto spesso e che basta spostarsi una decina di chilometri nell’entro terra per riavere il cielo azzurro con il sole splendente, ci spiega anche che la pioggia a Swakopmund è piuttosto rara.
Il buffet per la colazione è veramente molto ricco sia per quanto riguarda il dolce che il salato, finalmente troviamo qualcosa che assomiglia a un plun-cake e a dei biscotti, veramente un’ottima colazione.
Prima di iniziare il programma della giornata che prevede di percorrere, in mattinata, la Welwitschia drive e di andare a vedere le otarie nel pomeriggio, passiamo da un distributore per aggiungere dell’olio al motore e ci facciamo rilasciare la ricevuta di quanto abbiamo speso. Rimaniamo colpiti dal fatto che costi nulla la confronto di quello che costa in Italia.
Come preannunciato dalla signora del guest house, dopo un po’ che viaggiavamo in direzione est la nebbia si dissolve facendo spazio al solito cielo azzurro privo di qualsiasi nuvola. Percorriamo la Welwitschia drive quasi in solitudine, visto che non incontriamo nessuno. Lungo questo percorso è possibile ammirare panorami lunari, un dicco di dolerite, l’oasi di Goanikontes, dei rottami appartenenti a qualche vecchio esercito e finalmente le welwitschia mirabilis, queste strane piante desertiche.
Nel pomeriggio ci rechiamo a Cape Cross per vedere la colonia di Otarie. E’ impossibile immaginare il numero di otarie presenti sulla costa e quelle che ancora si vedono in mare, tutto dove si guarda si vedono tantissimi animali. Fanno un sacco di rumore per non parlare del piacevole profumo che ti assale appena scendi dalla macchina! Una puzza!! Come tutti, ci facciamo coraggio e ci avviciniamo agli animali. Ce ne sono talmente tante che alcune dormono sopra alle compagne, altre per sposarsi calpestano le altre. Ci sono mamme che allattano piccoli, maschi che litigano, insomma.. una gran confusione, ma è veramente uno spettacolo impressionante vedere tutti questi animali insieme. Ora capisco come mai i pescatori della zona si lamentano che le otarie gli fanno fuori tutto il pesce! Passeggiamo un po’ nei dintorni e scorgiamo due sciacalli che si aggirano indisturbati vicino alle otarie. Gli sciacalli sono, infatti, dei predatori di otarie, nella zona è possibile osservare resti di otarie predate: pelle, ossa e crani appartenenti sicuramente ad animali giovani.
Rientriamo a Swakopmund nel tardo pomeriggio, passiamo da Elizabeth per scoprire che l’errore è del ministero pertanto ci restituiscono i soldi che abbiamo versato. In attesa che arrivi l’ora di cena ci concediamo, nonostante l’aria frizzante, una passeggiatina sulla spiaggia al tramonto, riusciamo anche a fare una di quelle belle foto da cartolina.

25.07.2003
Siamo appassionati di montagna per cui una visita allo Spitzkuppe, detto Cervino d’Africa è di rigore. La nostra intenzione è di raggiungerne la cima. Strada facendo, visto in lontananza è una montagna di tutto rispetto, un cumulo di pietra che spicca dal piano sottostante. Effettivamente, con quella sua punta, ricorda il Cervino. Ovviamente l’immensità del Cervino è tutt’un’altra cosa. Paghiamo il biglietto di ingresso e ci avviamo per andare a vedere la montagna da vicino. Non abbiamo una cartina dettagliata delle piste intorno alla montagna e sul posto non vi sono cartelli che indichino le direzioni, per cui la scegliamo per così dire ad occhio. Procediamo molto lentamente perché la strada è veramente molto brutta, sembra che sia transitata un convoglio di mezzi cingolati. Procediamo piano ed ad un certo punto la nostra macchina sembra avere dei problemi a muoversi. Ci fermiamo e.. sorpresina … abbiamo una ruota è a terra. Marco non si scompone più di tanto, io invece mi secco non poco. Accidenti.. è vero che capita molto spesso.. ma uffah.. non ci voleva. Per farla breve sostituiamo la ruota, purtroppo quella danneggiate è proprio fuori uso, non possiamo nemmeno farla riparare, non è semplicemente bucata ma il copertone è proprio rotto. Risaliamo in macchina un po’ preoccupati di non fare il bis, visto che avevamo una sola ruota di scorta e continuiamo a fare il nostro giro intorno allo Spitzkuppe. Considerata l’ansia che ci procurava l’avere una sola ruota decidiamo che la vetta dello Spitzkuppe resti dov’è mentre noi ce ne andiamo a cercare una nuova ruota di scorta. Ci dirigiamo così a Usakos. Troviamo un negozio di gomme usate e pensiamo che se la fortuna fosse dalla nostra avremmo risolto il tutto in fretta e magari saremo potuto tornare dallo Spitzkuppe. E invece ciccia! La proprietaria ci spiega che non ha nessuna ruota adatta alla nostra macchina, ma gentilmente si offre di telefonare ai suoi colleghi nelle vicinanze (si fa per dire) e di trovarcene una. Così ce ne andiamo con un bigliettino con un nome di un auto concessionario del paese vicino (Karibib). Per farla breve, prima di pranzo risolviamo il problema della ruota di scorta. Ci facciamo rilasciare la ricevuta perché avendo stipulato un’assicurazione aggiuntiva sulle ruote e sui vetri ci aspettiamo che la ditta di noleggio ci restituisca i soldi anticipati! In ogni caso il programma della giornata è un po’ sfumato. Ci dirigiamo quindi in direzione di Omaruru, dove diamo un’occhiatina al massiccio delle montagne Erongo e poi ci dirigiamo verso Uis dove pernotteremo. Uis ci appare subito per quello che è, un paese che forse ha avuto un momento di gloria (forse) ma che adesso sta lentamente decadendo. Cosi è il paese e la struttura in cui soggiorniamo, il Brandberg Rest Camp. Non abbiamo capito se per un problema di disponibilità o di lavori stradali (la strada è tutta un cantiere) l’acqua è razionata, viene erogata solo in alcune ore. Abbiamo a disposizione un mini appartamento, cucina, salotto, due camere e due bagni. Scegliamo una delle due camere. Nonostante tutta quest’ampia scelta, i letti sono un po’ troppo molli e il mio scricchiola pure. E pensare che abbiamo scelto la stanza migliore! Il posto non è un granchè, ma non lo è nemmeno il resto che ci circonda. Per cena, abbiamo a disposizione una cucina ma non ci sono le stoviglie, per cui ci rechiamo al ristorante del Rest Camp. Al bar c’è parecchia gente, ma di turisti ci siamo solo noi. Decidiamo di cenare fuori nel dehor, non che faccia caldo, ma dentro, con tutta la gente che staziona al bar sembra di essere in una ciminiera. Noi non amiamo il fumo, tanto meno mentre mangiamo. Ci accomodiamo fuori, fortunatamente la serata è fresca ma non fredda. Fuori ci sono altre persone che bevono seduti ad un tavolo vicino alla piscina vuota, uno di questi indubbiamente ha già fatto il pieno per benino. Insomma.. non so se sia solo una sensazione ma a me sembra che questo posto stia andando alla malora. Il menù è molto vario T-bone con insalata o T-bone con insalata. Mah.. quasi che mangerei una T-bone. Ordiniamo precisando che le bistecche devono essere ben cotte e aspettiamo. I tempi di attesa sono sempre molto lunghi. E meno male che ci siamo solo noi, se il locale fosse stato pieno chissà quanti giorni ci avremo messo per cerare. Finalmente veniamo serviti. Ci portano due enormi bisteccone (non troppo cotte) ricoperte di salsa con patatine ed insalata. Beh.. l’aspetto non è male, dobbiamo solo scoprire di che salsa si tratti e purtroppo, con mia immensa gioia, scopro che sia la salsa della bistecca che l’insalata contengono una quantità industriale di aglio. Sicuramente nel raggio di chilometri non ci sono vampiri!

26.07.2003
Vista la cena precedente, per la colazione siamo piuttosto preoccupati. Lasciamo la nostra camera e ci avviamo verso la sala per la colazione. Deserto.. altro che Kolmanskoop città fantasma, questa si che è una vera città fantasma. Troviamo la sala e rimaniamo stupiti. Non c’è nessuno, nemmeno il personale, ma noi ci accomodiamo lo stesso. Non so cosa ci aspettavamo ma quello che vediamo supera le nostre aspettative. Un buffet, solo per noi due, non ci sono altri ospiti, con tutto il necessario. Beh.. la colazione è stata nella media.
Partiamo quindi, in direzione del Brandberg. Vogliamo vedere questo massiccio, anche se non proprio da vicino, e la famosa pittura rupestre della White Lady. Arriviamo all’ingresso del Brandberg, e ci viene assegnata una guida. Qualcuno sostiene che si possa effettuare il giro anche da soli. La cifra richiesta è veramente piccola e considerato lo stato di povertà di alcuni villaggi presenti nella zona, ci sembra corretto ‘dare’ del lavoro a queste persone. Tanto più che.. raggiungere le pitture rupestri non è cosa facile se non sai dove cercarle. Detto questo ci incamminiamo al seguito della nostra guida. Cammina molto in fretta, ma riusciamo comunque a stargli dietro. Riusciamo per fino a raggiungere il gruppo che abbiamo davanti. La gita dura poco più di due ore, prevede la visita alle pitture rupestri della white lady e ad altri tre siti. Si tratta di una passeggiata piacevole in questa valle del Brandberg. Il Brandberg è infatti visibile sul fondo del vallone. La guida è molto preparata e competente, non solo sulle pitture, ma anche sull’ambiente circostante. Ci fa osservare anche vari tipi di lucertole di diverse colorazioni. Incontriamo altri gruppi ma in generale non c’è molta gente. Eh eh.. quando si cammina la gente si riduce, è proprio vero che la massa va solo dove ti porta la macchina! Terminato il nostro piacevole giro ci viene richiesto se potevamo dare un passaggio ad un ragazzo che doveva tornare alla sua fattoria. Il nostro mezzo ha solo due posti ma l’autostoppista si accontenta di viaggiare nel cassone. Così partiamo in direzione di Khorixas, dopo una trentina di chilometri il nostro ospite ci chiede di fermarsi: è giunto a destinazione. Mah.. nel bel mezzo del nulla scende e si incammina a piedi nella savana. La sua fattoria sarà sicuramente in quella direzione, come faccia ad orientarsi visto che è tutto uguale e soprattutto, dove sarà, visto che all’orizzonte noi non vediamo nulla.
Proseguiamo il nostro viaggio e andiamo a visitare la Burnt Mountain e le Organ Pipes… sinceramente… non è che ne valga la pena. Tanto quanto per le Organ Pipes (è del basalto che nel tempo ha assunto questa particolare forma a canne d’organo) ma per la Burnt Mountain, si tratta di una montagnola la cui parete è completamente bruciata, nera. Infine dopo la visita alla Foresta Pietrificata (è impressionante come questi tronchi siano diventati roccia) e ci dirigiamo ad Outjo dove pernotteremo all’Etosha Garten Hotel. Abbiamo letto sulla guida che questo hotel ha anche il miglior ristorante della città (date le dimensioni delle città non è poi mica difficile esser il migliore della città!!!), per cui, visto che oggi è anche il mio onomastico decidiamo di regalarci una bella cenetta in questo posto. Ci sistemiamo nella nostra camera, molto bella e molto caratterista e ci prepariamo per la nostra cenetta che è proprio di ottima qualità. Assaggiamo quindi i famosi involtini di zebra e una bistecca di kudu, e visto che il cuoco è di origine austriaca, completiamo la cena con due belle fette di AppleStrudel.

27.07.2003
Ci svegliamo presto, e dopo una bella colazione subito in macchina verso l’Etosha. Ci aspetta una bellissima giornata all’interno del parco. I chilometri da percorrere non sono molti e fino al parco sono di strada asfaltata. E’ una bella giornata di sole calda e ad un certo punto l’aria condizionata smette improvvisamente di funzionare. Beh.. proprio non ci voleva, con il caldo che fa e con le strade piene di polvere viaggiare con i vetri abbassati non è di certo la soluzione migliore. Ad un certo punto un rumore molto forte proveniente dal motore della nostra macchina ci costringe a fermarci immediatamente. Apriamo il cofano… ohi ohi… due cinghie se ne stanno li belle belle a spasso per il motore. Preciso che io di motori non ne capisco proprio niente. Fatto sta che il nostro bollettino di guerra riporta una cinghia più piccola uscita dalla sede ma intera e una più grande tutta in pezzi! Ed è soprattutto questa la causa della nostra disperazione.. potrebbe trattarsi di qualche cinghia fondamentale come quella della ventola o del motore. Dopo un attimo di panico non ci resta che decide il da farsi. Cosa fare? Oltre tutto è domenica!!! Fantastico!!! Vediamo una macchina arrivare all’orizzonte e decidiamo di fermarla. Visto che di macchine non è che ne transitino troppe non è il caso di sprecare queste occasioni. Per nostra fortuna l’auto si ferma. Si tratta di un pulmino con due famiglie di turisti est-Europei che ne capiscono qualcosa di motori. Insomma… il verdetto è questo, la prima cinghia la più piccola, quella ancora intera, è dell’aria condizionata. Pazienza, ne faremo a meno. Mentre la seconda è del selvo sterzo (idroguida) e forse riguarda anche la ventola. E qui sono cavoli… senza la ventola non andiamo lontano. Visto che l’ingresso del parco non è lontano ci consigliano di proseguire fino al parco piano piano e di fermarci ad ogni accenno di surriscaldamento della macchina. Va beh… se non altro arriviamo a destinazione e poi vedremo di contattare la ditta di noleggio e di ottenere in breve tempo (un’utopia) un’altra macchina. Così ripartiamo. E sorpresa delle sorprese, la ventola del motore gira. Ci fermiamo, controlliamo il tutto a motore acceso. Già già… la cinghia riguarda solo il selvo-sterzo!!! Raggiungiamo così l’ingresso del parco. Alla fine, consultato il manuale delle istruzioni dell’auto per avere conferma che la cinghia rotta non coinvolga anche altre parti fondamentali, e considerato che alla fine del viaggio manca meno di una settimana, decidiamo di tenerci l’auto così com’è, è un po’ più dura nel fare manovra.. ma tanto guida Marco! Valutando infatti i tempi per la gestione della sostituzione dell’auto da parte della ditta noleggiatrice, decidiamo che è più veloce tenerci la macchina così com’è.
Così ha inizio il nostro primo giorno di safari all’Etosha. Espletate le formalità al cancello entriamo nel mitico parco. E subito un’antipole che pascola vicino alla strada. Ed ecco fatto una bella foto!! Tiro subito fuori l’opuscolo che avevamo comperato sul parco con la cartina delle strade interne al parco e l’ubicazione delle pozze e via pronti per il safari!!! Dopo anni di SuperQuark finalmente anche noi vedremo questi animali della savana dal vivo esattamente nel loro ambiente naturale!!! Qualcosa di indescrivibile!

Iniziamo a vedere qualche zebra. Subito le fotografiamo… Ci perseguita un po’ la fretta. Nel timore di non avere altre occasioni fotografiamo appena possiamo. Continuiamo a vedere qualche zebra, e ancora e ancora… In breve ci troviamo circonda da tantissime zebre. Marco tenta di contarle ma sono troppe, a destra a sinistra, sulla strada si vedono solo zebre. Ci guardiamo, troppo bello!! Non è facile descrivere la vista e le emozioni nel vedere così tanti animali nel loro ambiente! Proseguiamo per la strada piano piano, le zebre non è che danno molto peso alla nostra presenza. Se proprio devono si spostano dalla strada ma con molta calma. Dicevo.. procediamo lentamente assaporando ogni attimo di questi incontri ravvicinati con questi animali a noi tanto lontani e arriviamo finalmente alla pozza!! Sembra di essere al mercato. Non per le persone, di quelle fortunatamente ce ne sono poche e tutte raccolte su pochi automezzi (il regolamento del parco vieta severamente di scendere dall’auto). Ma per gli animali, zebre, orici, antilopi, impala e perfino uno sciacallo. Quanti animali, non me l’aspettavo. E questo è stato solo l’inizio. Sono stati tre giorni così. Beh.. ci sono stati chilometri e pozze in cui non c’era anima viva, ma ci sono stati momenti e pozze in cui c’era solo l’imbarazzo della scelta. Gli elefanti, questi grandi pachidermi. Gli elefantini sono molto buffi. Ma tutti i cuccioli fanno tenerezza! Le giraffe poi, si vedono in lontananza, con il loro collo che esce dalle piante. Se vogliamo parlare di collo anche gli struzzi stanno bene. Con quell’ammasso di piume che ne fa un enorme sedere su due zampe. E non solo mammiferi ma anche tanti uccelli. Insomma.. all’Etosha abbiamo visto di tutto di più!!! Inutile descrivere ogni singolo animale. Le innumerevoli foto che abbiamo fatto serviranno nel tempo a farci ricordare la bellezza della natura, di questi animali e quanto sia stato bello ed emozionante fare questo safari. E ancora una volta ci siamo resi conto di quanto la natura possa essere meravigliosa. Lo sguardo di un’antilope (sono i miei preferiti), i suoi occhioni che ti guardano mentre lo fotografi. Chissà a cosa starà pensando!!! Sono ricordi che porteremo con noi!
Ah.. una cosa curiosa… al negozio del campo incontriamo nuovamente la nostra famiglia. Com’è piccolo il mondo, anche loro qua. Chissà dove sono stati questi giorni in cui non ci siamo incontrati!!!

28-29.07.2003
Il nostro secondo e terzo giorno di safari nell’Etosha si rileva all’altezza del primo. Sono molti gli animali che riusciamo a vedere e ad osservare. Giriamo tutto il giorno fino alla chiusura dei cancelli. Inutile elencare specie o altro. I felini non sono stati molto collaborativi e a parte una leonessa accucciata dietro un cespuglio ad osservare un branco di antilopi (magari sceglieva la colazione) non ne abbiamo visti altri. La prima e la seconda notte la trascorriamo ancora ad Okaukuejo mentre la terza a Namutoni. Sono due campi molto belli. Nella pozza di Okaukuejo abbiamo modo di ammirare, entrambe le sere, i rinoceronti. Il penultimo giorno riusciamo anche a scorgere il serpentario (secretary-bird) e con un po’ di pazienza anche a fotografarlo. Veramente un uccello con un portamento molto elegante.
Davanti alla camera di Namutoni ci sono un sacco di manguste che passeggiano nel prato, sono divertenti e simpatiche, un po’ meno quando le vediamo arrampicarsi all’interno del motore delle auto. Speriamo che non decidano di rosicchiare qualche filo, ci mancherebbe solo più questo.

30.07.2003
Prima di incamminarci e di lasciare il parco dell’Etosha percorriamo per l’ultima volta la dik-dik drive e questa volta riusciamo a vedere i dik dik, eh ma sono proprio piccoli!. Lasciamo così l’Etosha con un bottino di animali avvistati di tutto rispetto, peccato per il leoni ma per il resto siamo molto soddisfatti!
La nostra prima meta è Otjiwarongo, dove vogliamo visitare il centro di allevamento dei coccodrilli. La visita è interessante, ci siamo noi e una coppia di spagnoli. Il proprietario fa da guida e ci racconta qualcosa sull’allevamento di questi grandi rettili. Gli esemplari grossi sono tenuti in un recinto esterno e sono tutti appisolati al sole. Sono mostruosamente grandi e i loro denti affilati. In un locale chiuso, riscaldato, ci sono i cuccioli di coccodrillo, che non possono essere tenuti all’esterno perché le temperature invernali non sono loro adatte. Ci sono tantissimi lucertoloni dai 30 ai 40 centimetri. Gli spagnoli sembrano molto entusiasti a me, detto in verità, sarà che non ho molto feeling e simpatia per i rettili, ma di definirli proprio ‘very nice’ mi sembra un po’ eccessivo. Sono dei super lucertoloni con uno sguardo per niente amichevole ed una dentiera già di tutto rispetto!
Finita la visita al centro dei coccodrilli ci dirigiamo al Waterberg Plateau Park. Lungo la strada incontriamo parecchi babbuini. Tentiamo di fotografarli ma appena ci fermiamo scappano.
Arriviamo al Waterberg plateau Park che sono da poco passate le 14, tentano nuovamente di farci pagare la fantomatica differenza per il pagamento non completo ma questa volta non ci fregano, insistiamo e ci danno ragione! Prenotiamo il game drive nel parco per il mattino seguente alle 6. Per cui decidiamo di trascorre il pomeriggio rilassandoci, seduti sulla panchina davanti alla nostra stanza e di andare a fare l’escursione che ci porta in cima al plateau nel tardo pomeriggio. Il posto è un paradiso di tranquillità, il silenzio è rotto solo dal canto degli uccelli. Intanto che ci rilassiamo e ci godiamo tutto questo silenzio e questa pace, arriva l’addetto del campo per riparare il lavandino del bagno che è intasato. E’ un omino sulla cinquantina molto simpatico. Dopo un po’ di tentativi esce dalla stanza e ci fa “it’s very hard”! Troppo simpatico! E se ne ritorna dopo un po’ con molti attrezzi e la versione africana dell’idraulico liquido! Marco si offre di aiutarlo, visto che è solo, e il tipo accetta volentieri. Dopo vari tentativi andati a vuoto finalmente si riesce a liberare il lavandino. I nostri predecessori avevano lasciato ‘cadere’ nello scarico un calzino e un tappo di una bottiglia, mah!!! Il nostro addetto del parco se ne va, quindi, soddisfatto di aver risolto il problema. E un’altra volta rimango colpita dalla semplicità e la genuinità di queste persone!
Il campo è organizzato in casette, e ogni casetta ospita due camere, indovinate un po’ chi sono i nostri vicini? Ma si, la nostra famigliola, neanche a farlo apposta. Ci siamo inseguiti per tutto il viaggio e dire che la Namibia è grande!!!
Verso le 15.30 quando il sole è meno caldo ci incamminiamo verso la cima del Plateau. La passeggiata, un primo tratto tra gli alberi per poi concludersi tra le rocce, è piacevole e la vista dall’alto è spettacolare.
Concludiamo la serata a cena presso il ristorante del resort. C’è tantissima gente e il personale corre a destra e sinistra, prendono le ordinazioni ma poi non si sa che fine fanno. Qualcuno si spazientisce per la lunga attesa, qualcuno si innervosisce, un tizio si reca addirittura in cucina. Per quanto ci riguarda, dopo un bel po’ che aspettavamo, il cameriere viene a chiederci conferma di cos’avevamo ordinato. Ci preoccupiamo che tutta questa attesa sia stata vana, ma dopo qualche minuto il cameriere spunta con i piatti. Notiamo una certa simpatica multi-funzionalità da parte del personale. La ragazza alla receptions del parco ora si trova a servire al bar, il tizio che fungeva da responsabile della faccenda serve ai tavoli.. mah.. se guardiamo in cucina magari troviamo l’idraulico tra i fornelli! La cena viene allietata da un coro di ragazzi e ragazze di una scuola ad una decina di chilometri dal campo. Le loro voci e i loro canti tradizionali sono molto suggestivi.

31.07.2003
Ci svegliamo che è ancora buio, il game drive è fissato per le 6. E’ buio e fa freddo quando la jeep del parco lascia il parcheggio e ci dirigiamo verso li plateau. L’aria è proprio fredda, mi metto anche i guanti e il paraorecchie, facendo invidia la tizio francese che ho di fianco che furbamente se ne è arrivato in bermuda e pile. Subito mi ha squadrato come se venissi da marte, ma intanto io non sono morta di freddo mentre lui ha battuto i denti per tutto il viaggio!
La vista dall’alto del plateau spazia sull’infinito che lo circonda, la vegetazione è piuttosto fitta, non si vedono molti animali. Facciamo tappa in un posto dove c’è un capanno in prossimità di una pozza che permette di osservare in tutta calma gli animali, se ci fossero! Tutti, in rigoroso silenzio, ci sistemiamo sulle panche e cominciamo a perlustrare il territorio davanti a noi alla ricerca di qualcosa. Niente, assolutamente niente. Ci viene servita una colazione che non ha niente da invidiare a quelle servite in aereo, stesso stile stessi contenuti. Non so come uno possa pensare di mangiare una coscetta di pollo fritta per colazione. Eppure succede, i vicini di Marco rosicchiano avidamente la coscetta di pollo fritta. Mangiamo, quindi, questa prelibata colazione mentre, finalmente, un orice ci fa la grazia di farsi vedere. Per noi che veniamo da quasi 3 settimane di viaggio e di orici, la cosa non è che ci esalti più di tanto. Pensavamo di vedere tanti animali come all’Etosha. Risaliamo sulla jeep e riprendiamo il nostro giro turistico pensando che se, quello da vedere era tutto li, avevamo speso 400N$ inutilmente. Come non detto, eccoci accontentati, i roan e il sable. Mancavano al nostre elenco degli ungulati visti, per cui ci sentiamo ora soddisfatti di aver visto due nuove specie che altrimenti non abbiamo avvistato.
Il game drive finisce alle 11 e noi abbiamo giusto il tempo per salire in macchina e dirigersi verso la nostra prossima destinazione. La Dusternbrook Guestfarm dove alle 14.30 abbiamo prenotato il game drive per vedere i leopardi e ghepardi. Effettivamente non ne avanziamo molto, l’ubicazione della fattoria si rileva meno comoda di quello che avevano descritto su internet, ma finalmente arriviamo. Lungo la strada abbiamo modo di osservare ancora molti animali. Il game drive dei gattoni (come li chiamo io) è molto emozionante. Si ha proprio la possibilità di vedere questi splendidi animali (lo ammetto, sono di parte, adoro i felini) da vicino, di fotografarli e di osservarli. Sono splendidi, niente da dire! Vediamo un leopardo e 4 ghepardi. Il leopardo ha proprio un espressione da gatto cattivo, ma io lo trovo semplicemente stupendo. I ghepardi sembrano meno feroci, ma non è il caso di andare a tirare la coda nemmeno a questi!
Salutati i gattoni ci accingiamo a fare gli ultimi chilometri del nostro viaggio verso la capitale, alloggiamo alla medesima guest house della prima notte, per cui sappiamo cosa ci aspetta. Come abbiamo iniziato, finiamo! Ovviamente stesso posto per la cena… ma questa volta facciamo una coda che non finisce più. Non capiamo se fanno i saldi o se il giovedì a Windhoek è la serata del fast-food, fatto sta che ci sono ben quattro file chilometriche e noi che avevamo scelto questo posto per fare in fretta!

01.07.2003
E siamo arrivati al giorno della partenza. Ci svegliamo con calma, facciamo colazione e prepariamo le nostre valige. Abbiamo ancora un po’ di tempo prima di andare a riportare l’auto e di andare all’aeroporto e lo trascorriamo godendoci ancora un po’ del sole della Namibia nel giardino della Guest House.
Quando andiamo a restituire l’auto, dobbiamo segnalare tutti i problemi che abbiamo avuto e soprattutto siamo intenzionati a non andarcene senza che ci vengano restituiti i soldi che abbiamo anticipato, ruota compresa. Pensavamo di dover insistere o protestare, i noleggiatori sono sempre dei furboni, e invece… ci vengono restituiti immediatamente tutti i soldi anticipati fino all’ultimo centesimo senza nessuna obiezione.
Così.. non ci resta che caricare la nostra roba sul taxi che ci hanno chiamato e di recarci così all’aeroporto. Ma le nostre avventure non sono ancora finite, il check-in è stato tutto un programma. Tra tutti gli addetti al check-in abbiamo scelto proprio il più sveglio. Gli consegnamo tutti i nostri biglietti, mettiamo le valigie sul nastro e precisiamo che le valigie devono essere spedite a Torino in Italia (precisiamo la nazione perché non ci aspettiamo che conosca l’ubicazione di Torino). Dopo un bel pezzo che trafficava al computer, mentre la fila di fianco continua a smaltirsi velocemente, stampa la solita listarella di carta e la appiccica alle valigie. Gli do una sbirciatina come d’abitudine e che ci leggo JNB. Gli faccio presente che le valigie non le vogliamo ritirare a Joannesbourg e gli ripeto tutto il piano di volo, sottolineando la destinazione finale. Si scusa e traffica di nuovo per un bel pezzo al computer. Ristampa la listarella la appiccica e …. di nuovo non va bene. Ha scritto JNB e poi TRN saltando lo scalo intermedio a Francoforte. Gli facciamo di nuovo presente la cosa, dicendogli che Joannesbourg Torino non esiste che ha dimenticato lo scalo intermedio. Seccato, stacca la listarella e la rifà! Finalmente, al terzo tentativo il percorso di viaggio delle valigie è corretto. Ma che fatica!!! Ora tocca alle nostre carte di imbarco… ci viene fatta solo quella per Joannesbourg, le altre le dobbiamo fare una volta giunti in Sud-Africa. Non stiamo nemmeno ad insistere altrimenti chissà dove ci manda! E così, alle 12.50 decolliamo lasciando questo straordinario paese e portandoci con noi tanti bei ricordi di questo fantastico viaggio.
GoodBye Namibia…

Anna Marchisio
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