La
nostalgia per i deserti africani, che da qualche tempo si e' impadronita
di noi, ci ha aiutato a scegliere la meta del viaggio di questo
Natale: sara' il sud dell'Algeria ad accoglierci con le sue calde
giornate e le sue gelide notti !
Affacciata sul Mar Mediterraneo, l'Algeria presenta, come del resto
tutti gli stati al nord del continente africano, una zona costiera
verde e fertile ed una zona interna desertica dove sabbia e siccita'
sono le padrone incontrastate. Quest' ultima zona e' molto scarsamente
popolata ed i pochi gruppi etnici che la abitano sono concentrati
in due oasi principali: Tamanrasset, piu' a sud, e Djanet.
La zona che vogliamo visitare e' quella del Tassili N'Ajjer, appena
a nord dell'oasi di Djanet.
Amanti come siamo dell'andare a piedi a conoscere il mondo, abbiamo
deciso di viaggiare una volta ancora con KEL 12, certi di godere
della serieta' e della preparazione dello staff locale che l'agenzia
stessa sceglie di volta in volta per accompagnare i vari gruppi.
Normalmente, i trekking su questo Tassili durano pochi giorni mentre
noi preferiamo che il numero di giorni impegnati nel camminare sia
il piu' lungo possibile. E' per questo motivo che abbiamo colto
al volo la proposta di KEL 12 di quest'anno di effettuare un viaggio
sul Tassili N'Ajjer di ben 10 giorni, tutti di trekking! L'idea
e' venuta a Sara, una delle organizzatrici di KEL 12 che ci seguira'
proprio in questa avventura: grazie Sara !
Lunedi' 26 Dicembre 2005
Ci imbarchiamo sul volo dell'Air Algerie diretto ad Algeri: abbiamo
con noi due bagagli a mano ed uno zaino in stiva contenente i sacchi
a pelo. Abbiamo fatto la conoscenza con Sara in aeroporto a Roma,
mentre ancora non sappiamo nulla degli altri partecipanti al trekking.
Mentre siamo in fila per il controllo dei passaporti, udiamo alle
nostre spalle una voce nota che ci chiama: e' Giuseppe, un "vecchio"
compagno di viaggi col quale siamo rimasti in contatto in questi
anni ! Con la moglie Rosella, ques'anno ha deciso di partecipare
ad un trekking con Avventure Nel Mondo nell' Adrar, piu' a sud di
Djanet ma sempre in Algeria. Insieme a loro ci avviamo all'imbarco.
Appena messo piede sul velivolo, inizia un gran pasticcio perche',
sebbene ognuno di noi abbia la carta d'imbarco con tanto di numero
della poltrona, pare che i posti siano liberi ... cosi' la gente,
confusa, inizia ad andare avanti e indietro, ostacolando chi ancora
deve salire, sparpagliandosi in un intrico di zaini e braccia che
tentano di farsi largo, sedendosi dove capita. Dopo vari spostamenti,
scavalcamenti, battibecchi finalmente ogni posto bene o male e'
occupato e l'aereo puo' decollare: abbiamo 30 minuti di ritardo
e sono le 18 e 40.
Dopo appena un'ora di volo atterriamo in terra africana: nell'affollato
aeroporto di Algeri facciamo la conoscenza con le altre coppie che
vivranno con noi questa avventura. Insieme a Sara usciamo dall'aeroporto
internazionale e, una volta all'aperto, percorriamo spediti circa
1 km passando sotto al naso di una decina di sonnolenti algerini.
Ridiamo sotto i baffi immaginando che, se non fossimo parte di questo
gruppo, questi uomini in gonnellone si sveglierebbero all'improvviso
ed inizierebbero a farci domande e proposte di ogni tipo.
In breve giungiamo all'ingresso di un edificio su cui troneggia
l'insegna luminosa "domestic flights" e qui ci mettiamo pazientemente
in fila: i turisti oggi sono veramente numerosi ! Superato un primo
controllo, formiamo un'altra fila per il check-in e subito inizia
un caos di turisti che non capiscono nulla, di bagagli passati di
mano in mano, di accompagnatori che cercano di raccogliere i componenti
del loro gruppo. La nostra Sara ci dimostra tutta la sua bravura
affrontando le pratiche per tutto il gruppo sempre col sorriso sulle
labbra; parla un francese perfetto e si intuisce la grande esperienza
che ha per situazioni di questo tipo ... per noi ci sarebbe di che
andare giu' di testa !
Finalmente ci raduniamo tutti quanti nella piccola sala d'imbarco
e parliamo fra noi per conoscerci un po'. Poi saliamo sul Boeing
della flotta algerina diretto a Djanet. Decolliamo alle 23 e 30
con un'ora e dieci minuti di ritardo. Siamo stanchi. All' arrivo
ci raduniamo nuovamente e conosciamo Christian Le Tily, il nostro
accompagnatore di lingua italiana. Ritiriamo i bagagli poi usciamo
e ci ritroviamo avvolti da una fredda notte stellata. Saliamo su
tre fuoristrada che coprono spediti i circa 30 chilometri che ci
separano dall'hotel Zeriba, proprio nel centro di Djanet. Qui, ogni
coppia prende possesso della propria stanza, pulita ma gelata. Sono
le quattro passate.
Martedi' 27 Dicembre
Sveglia
alle 8. Prepariamo gli zaini e scendiamo a pian terreno per la colazione.
Mangiamo parecchio al fine di avere la giusta energia per affrontare
questo primo giorno di trekking: pane, burro, squisita marmellata
di fichi e caffe'. Quando finiamo ci rechiamo nel cortile dello
Zeriba dove Sara, Christian e tre fuoristrada ci stanno gia' aspettando.
Alle 9 e 45 siamo pronti a partire alla volta dell'altopiano a nord
di Djanet: mentalmente salutiamo l'oasi, sperando di avere al nostro
rientro un po' di tempo da dedicarle.
La pista che parte appena usciti da Djanet e' splendida e ci porta
con la mente alle mille piste africane percorse negli anni passati
... bentornata Africa ! Finalmente siamo tornati "a casa" !! L'euforia
si sta impadronendo di noi !
Attraversiamo una piana disseminata di pietre, pietruzze e pietrone
di arenaria rossastra che creano uno splendido contrasto cromatico
con il giallo chiaro della sabbia che accoglie la pista: lentamente
ci avviciniamo ai contrafforti del tassili che diventera' la nostra
dimora nei prossimi giorni. E' frammentato, scomposto in numerose
guglie appuntite, arrotondate o appiattite e fra queste corrono
ampi canaloni e valloni rocciosi.
Tassili, in lingua araba, significa "altopiano" ed il Tassili N'Ajjer
rappresenta un po' il tassili per antonomasia: molto esteso e dalle
pareti rocciose ricchissime di pitture rupestri antichissime, questo
paradiso naturale e' assolutamente interdetto ai mezzi a motore
grazie proprio alla sua morfologia. Alte pareti a strapiombo lo
separano infatti dagli erg circostanti e lungo queste si aprono
pochi punti di accesso, piccoli sentieri che si arrampicano e sui
quali si possono avventurare solo le gambe ! E' questo, a nostro
avviso, uno degli aspetti piu' magici di questo viaggio: vivere
per dieci giorni in un mondo dove non incontreremo motori e dove
dovremo contare solo sulle nostre forze !
Con questi pensieri in testa, alle 10 e 30 parcheggiamo le jeep
in uno spiazzo dove ci aspettano alcuni splendidi tuareg: tutte
intorno a loro taniche, sporte e scatole aspettano solo di essere
caricate ... dove ? Ma sugli asinelli ovviamente ! 15 bellissimi
asini piccoli e grigi dagli occhioni dolcissimi ci seguiranno infatti
in questo nostro vagabondaggio per terre deserte: a loro affideremo
le nostre scorte d'acqua e di viveri, le tende, i materassi, il
legno per il fuoco. Purtroppo c'e' anche una capra ... la sacrificheranno
l'ultimo giorno dell'anno.
Mentre
le jeep iniziano il loro lento rientro a Djanet, noi ci mettiamo
in marcia nella direzione opposta: PRONTI PARTENZA VIA! verso il
Tassili N'Ajjer ! Camminano con noi Laid, guida ufficiale del parco
nazionale, ed Omar, rappresentante dell'agenzia cui KEL 12 si appoggia
in Algeria. La presenza della guida e' indispensabile per accedere
a questo tassili e noi seguiamo molto volentieri questo omone vestito
di azzurro dal turbante verde !
Subito ci troviamo immersi in un panorama fatto di silenzi, di passi
e di rocce che assomiglia sorprendentemente a quello dell'Acacus
libico. Quest'ultimo, dopo tutto, rappresenta geologicamente il
prolungamento del tassili su cui saliremo ora per cui ci aspettiamo
molte cose in comune con il nostro viaggio in Libia.
Saliamo lentamente, procedendo su un sentiero ben segnato che ci
conduce attraverso piccole valli circondate da alti torrioni: valli
magiche e preziose dove, sullo sfondo chiaro del terreno, nascono
i cespugli spinosi di cui sono ghiotti i dromedari e molte acacie
dagli splendidi ombrelli carichi di aculei impressionanti. Siamo
gia' tutti catturati dallo spettacolo della natura e ci fermiamo
spesso per scattare fotografie; questo ci aiuta a non soffrire la
risalita che oggi ci portera' a coprire un dislivello complessivo
di circa 750 metri. Nei giorni a seguire rimarremo su terreni piu'
o meno pianeggianti mentre torneremo a scendere l'ultimo giorno.
La direzione che seguiremo sara' dapprima verso nord-est, poi piu'
decisamente verso est, quindi piegheremo verso sud, ancora verso
sud-est ed infine punteremo decisi verso ovest in un giro appassionante
che ci regalera' fantastiche emozioni !
E' da poco passato mezzogiorno quando ci fermiamo e, seduti tutti
per terra, pranziamo con pane, formaggio ed arance. Dopo un breve
riposo, poi, riprendiamo il cammino che, dopo averci condotto lungo
un vasto canyon roccioso, inizia ad arrampicarsi sul serio. Ad un
certo punto troviamo sulle rocce una piccola tanica di plastica
color arancio, priva di tappo e con un foro sul fondo. Omar la prende
ed inizia a discendere il fianco della collina fino a scomparire
in una piccola depressione del terreno. Tornera' dopo pochissimo,
tenendo la tanica orizzontale: e' piena d'acqua, raccolta in una
pozza nascosta alla nostra vista. Lui e Laid bevono e si rinfrescano
il viso, in una serie di gesti che molto raramente osservero' ancora
nei prossimi giorni. I tuareg, infatti, sono molto parchi nel consumare
cibo e bevande e pare proprio che non soffrano assolutamente il
caldo o il freddo, restando vestiti sempre alla stessa maniera !
Che invidia ! Ad ogni modo, la temperatura oggi e' assolutamente
ideale per camminare, al sole c'e' caldo ed all'ombra fa fresco.
A quota 1750 metri ci rinfreschiamo anche noi con l'acqua fredda
e color verde di una piccola polla scavata nella roccia. Il nome
arabo di queste pozze, che raccologono l'acqua caduta durante i
rari acquazzoni, e' "guelta".
Da questo momento si sale ininterrottamente fino a quota 1900. Ed
ecco che quando scorgiamo sopra di noi la fine della salita i nostri
passi si fanno impercettibilmente piu' rapidi per la curiosita'
di scoprire cosa si nasconda lassu' in cima ... ed infine eccoci
arrivati; una distesa piatta ed infinita di pietre scure su un terreno
pianeggiante si stende davanti ai nostri occhi: pare di essere sbarcati
sulla luna ! Ci riposiamo qui alcuni bellissimi minuti ma poi dobbiamo
riprendere il cammino perche' il campo previsto per questa prima
sera non e' proprio dietro l'angolo.
Le ombre iniziano ad allungarsi quando arriviamo improvvisamente
in vista di uno spettacolare esemplare di cipresso millenario, dalla
chioma folta e verdissima e dal tronco chiaro. Ne incontreremo altri
lungo il sentiero i prossimi giorni ed ogni volta sara' una gioia
immensa: veri e propri fossili viventi, questi alberi hanno radici
profondissime che pemettono la vita ancora oggi in zone che si sono
irrimediabilmente desertificate.
Un'oretta abbondante ci conduce poi ai piedi di una formazione rocciosa
davvero singolare, forse la zona piu' fotografata del Tassili N'Ajjer
chiamata Tamrit.
L'acqua, prima, ed il vento carico di granelli di sabbia, poi, hanno
lavorato molto bene da queste parti, scolpendo la roccia in maniera
tale da lasciare lunghi e stretti corridoi sabbiosi fra alte pareti
di arenaria che come per magia si innalzano all'improvviso sul terreno
semi pianeggiante della valle che abbiamo appena attraversato. Sembra
di osservare da una certa distanza uno dei lati di una sorta di
fantastico labirinto tridimensionale, una cosa incredibile ! Sulla
destra di questo complesso roccioso, alla base delle rocce, si trovano
alcune tende piuttosto malridotte: ci spiegano che si tratta di
un vecchio campo tendato fisso di proprieta' dello Stato, che da
parecchio non viene piu' utilizzato ma che vede vivere comunque
qui due fratelli che sono poi i guardiani del campo stesso.
Giunge rapida l'ora del crepuscolo ed il cielo s'infiamma; le rocce
si tingono di splendide sfumature rosse. Gli asini tardano ad arrivare,
cosi' ci lasciamo tentare dal bel fuoco che arde all'interno della
tenda dei due fratelli e, con Sara, ci sediamo con loro ad aspettare.
Sono timidi ma rispondono volentieri alle domande: vivono quassu'
tutto l'anno e scendono a Djanet ogni due mesi. Entrambi hanno circa
quarant'anni, una moglie e sei figli. Quando chiediamo loro se sanno
dove si trova l'Italia ... dopo un tenero, imbarazzato silenzio
ci rispondono di no ! Per noi e' il primo vero contatto con i tuareg
degli altipiani e ne serberemo un ricordo molto dolce.
Alla fine arrivano anche i "nostri" tuareg con gli asini ed in breve
ognuno si monta la propria tenda, mentre Ali', il cuoco, inizia
a pensare alla cena e gli asinai allestiscono il campo per la notte.
Spariscono le ultime ombre ed il buio avvolge ogni cosa; il freddo
inizia a farsi sentire e cosi' ci raduniamo volentieri attorno alla
stuoia appositamente stesa per noi al riparo delle rocce. Consumeremo
qui la nostra prima cena, emozionati dall' essere di nuovo ospiti
di un paradiso dove le stelle parlano piu' di cento televisioni
...
Mercoledi'
28 Dicembre
Abbiamo dormito a meraviglia e non abbiamo sofferto il freddo, protetti
nei nostri fedeli sacchi a pelo.
La sveglia e' suonata alle 7 quando in cielo iniziava l'alba. Disfiamo
le tende e di nuovo ci raccogliamo attorno alla stuoia per la colazione.
Alle 8 partiamo, inoltrandoci in uno dei corridoi paralleli del
grande labirinto che ci ha ammaliato ieri sera. All'inizio si cammina
all'ombra e fa fresco, ma poi si esce all'aperto in piazzette soleggiate
e rosse e si sta divinamente.
Percorriamo un lungo uadi dal fondo morbido di sabbia ed incontriamo
altri begli esemplari di cipresso millenario: alcuni hanno profonde
cicatrici sui tronchi, segni lasciati dall'uomo in cerca di legna
da ardere. Oggi, questi alberi sono tutti classificati e protetti:
non si possono piu' violentare ! Devono rimanere per parlare ai
posteri di un mondo perduto che non tornera' piu'.
Camminiamo tranquilli superando piccoli dislivelli che ci conducono
in punti panoramici: profondi canyon si aprono sotto i nostri piedi
e noi ci sentiamo piccoli e felici ! Ancora attraversiamo diverse
vallette sassose, sfiliamo accanto ad incredibili formazioni rocciose
che si innalzano mute nel cielo turchino. Restiamo volutamente separati
dal gruppo per godere il piu' possibile dei silenzi di questo posto
fatato. Sulle pareti rocciose iniziamo ad ammirare, grazie alle
indicazioni di Laid, le prime pitture rupestri, risalenti soprattutto
al periodo chiamato "delle teste rotonde" per via del fatto che
le figure umane hanno proprio delle belle testoline rotonde. Ci
piacciono molto anche le rappresentazioni degli animali, in special
modo gazzelle e bovini. Notiamo ben presto che lo stato di conservazione
di queste pitture non e' affatto buono e questa caratteristica e'
valsa a dar loro il soprannome di "pitture fantasma", come ci racconta
Chicca che ha una sorella archeologa. Scoperte a partire dai primi
anni del 1900, non e' stata offerta loro la protezione di cui avrebbero
dovuto godere, cosicche' gli studiosi le hanno spesso bagnate con
acqua o con colle per poterle meglio fotografare, sono state loro
applicate veline per poterle meglio ridisegnare ed il delicato equilibrio
che la natura aveva garantito fino a quel momento per proteggerle
si e' rotto per sempre. Le pitture in Acacus, scoperte piu' tardi,
sono state meglio protette da una maggior sensibilita' da parte
dell'uomo e dunque sono tenute meglio.
Procediamo il nostro itinerario e, dopo aver percorso una piana
in leggera pendenza, ci troviamo a camminare su sorprendenti lastre
di levigata roccia scurissima: ed e' qui che scopriamo giacere un
elefante, inciso a grandezza naturale, bellissimo e delimitato da
un cerchio di pietre nere per poterlo meglio trovare ! Risulta molto
difficile riuscire ad immaginare questo posto con tanta vegetazione
da poter sfamare addirittura degli elefanti...
Verso l' 1 e 30 raggiungiamo In Itinen, una bellissima piana con
numerosissimi cespuglietti giallo verdi e quindici asinelli che
pascolano: sono i nostri ! Poco oltre scorgiamo il campo allestito
dai tuareg: protetta da un'alta parete e delimitata da un muretto
di pietre alto circa un metro, e' gia' pronta la sala da pranzo
! Tolti gli scarponi ci riposiamo all'ombra e lentamente si rifocillano
spirito e membra.
Verso le 3 Laid ci richiama a se' per una visita ai dintorni; poiche'
questo campo restera' lo stesso questa sera abbiamo gia' montato
le nostre tende. Molte pitture, fantastici torrioni modellati ed
anche una piccola duna di chiarissima sabbia ci allieteranno il
pomeriggio.
Il nostro gruppo si sta sempre piu' legando ed e' con vera gioia
che, una volta rientrati al campo all'imbrunire, ci raduniamo attorno
al fuoco per la cena. Mentre parliamo arriva Laid con in mano un
lungo bastoncino su cui sono infilzati alcuni bocconi. All'inizio
pensiamo sia pane ... e invece e' la capra ... "melfuff" li chiamano
e sono pezzetti di fegato avvolti nella retina ed abbrustoliti sulla
fiamma. Emettono un tale profumino che li assaggio anch'io che odio
la carne ovina e caprina in genere. Riconosco che sono squisiti.
Arriva anche Ali' che questa sera ci sorprende con uno splendido
cus cus vegetariano, dopo l' immancabile "chorba", ovvero la zuppa
di patate, carote, zucchine che apre ogni cena nel deserto.
La serata prosegue splendidamente con tutti i tuareg che, piano
piano, si avvicinano al nostro gruppo e si siedono a gambe incrociate
con noi attorno al fuoco. Il fuoco che unisce, il fuoco che illumina,
il fuoco che scalda. Quante emozioni sa regalare un semplice fuoco
in mezzo ad un deserto ... Cantano queste persone uniche, suonano
i bidoni vuoti dell'acqua, ridono fra loro e con noi; lentamente
si crea un'energia tangibile che lega tutte le anime dei presenti
e una notte qualsiasi diventa una notte magica. Hanno un repertorio
infinito di canti, molti in "tamasheck", la lingua propria dei tuareg,
ed alcune in arabo. Ne ricordo una in particolare, dalle note struggenti,
che narra di un uomo che trova rovesciata in mare la barca del suo
amico. Il mare, cosi' lontano che lo si deve cantare ...
Giovedi' 29 Dicembre
Un'alba
rossa e meravigliosa ci rende il risveglio piu' lieve. Sono le 7.
Colazione e alle 8 siamo tutti pronti, zaini in spalla, a seguire
Laid e Omar. Ben presto il cielo si rannuvola ed una cortina uniforme
e lattiginosa oscura il sole. Il vento che si e' alzato questa notte
spazza ancora gli sterminati spazi del Tassili. Attraversiamo valli
col fondo di rocce levigate, camminando su quella che pare essere
una lunga mulattiera. Risaliamo le pendici di una specie di collinetta
cosparsa di pietruzze scure dalla sommita' della quale si gode un'incredibile
panorama a 360 gradi: verso est si scorgono le bionde dune dell'
Acacus libico. Ghat e' veramente vicina !
Scendiamo poi in una lunga e stretta valle fluviale con il letto
del vecchio fiume interamente invaso dalla sabbia e con qualche
cespuglietto verde a dare tenui pennellate di colore. Guadato il
fiume di sabbia, notiamo che si stanno avvicinando velocemente incredibili
campanili naturali e ci riscopriamo a camminare naso all'aria per
ammirare queste splendide sculture ! Ogni tanto, comunque, abbassiamo
lo sguardo per ammirare le molte pitture rupestri che abili artisti
del passato hanno deciso di tramandare fino a noi. Antilopi, uomini
muniti di archi, scene di caccia e di pastorizia e tante, tantissime
mucche. Il cielo e' sempre coperto ed il vento continua a soffiare.
Ci fermiamo a riposare e subito ci stravacchiamo tutti per terra;
qualcuno offre frutta secca ed altre ghiottonerie che i tuareg,
golosi come sono, non rifiutano mai ! Ad un certo punto notiamo,
in fondo alla velle, un certo movimento: sono gli asini con gli
asinai che fanno oggi lo stesso nostro itinerario, che ci raggiungono
e che ci superano, fra gli scatti delle nostre macchine fotografiche
ed i sorrisi dei tuareg piu' giovani. Si allontanano veloci mentre
noi riposiamo ancora un poco. Poi riprendiamo anche noi il cammino
che ci conduce lentamente verso una zona splendida, forse quella
che personalmente ricordo con piu' piacere, Tin Tazarif.
Verso le 11 e 30, mentre risaliamo un'alta duna, un breve spiraglio
di sereno ci regala la vista sulla favolosa valle appena attraversata.
Restiamo fermi immobili, a meta' duna, incantati da tanto splendore
! Pochi istanti poi continuiamo a salire e, quando arriviamo in
cima, lo stupore cresce ancora ! Tanti, enormi torrioni giallo-grigi
di roccia segmentata in senso orizzontale nascono direttamente dalla
sabbia chiara. Saliamo agilmente lungo il fianco a gradoni di uno
di questi torrioni e restiamo ammaliati nel volgere intorno lo sguardo:
tutto intorno a noi si stende una vera e propria citta' ! Campanili,
edifici grandi e piccoli, viali, vicoli e piazzette si allungano
a perdita d'occhio. Troppo bello !
Proprio qui sotto i tuareg hanno gia' scaricato gli asinelli: li
vediamo fermi immobili nel tentativo di recuperare un po' di forze,
con le palpebre abbassate ed i colli allungati in avanti !
Prima
di pranzo ognuno di noi si sceglie un posto dove montare la propria
tenda, chi sceglie un vicolo e chi una piazzetta !Poi ci riuniamo
e divoriamo ogni cosa che Ali' ci porta. Le nubi si stanno diradando
ed al loro posto un magnifico cielo blu ci saluta dall'alto.
Dopo aver mangiato, chi non si appisola, cullato dal bel tepore
che il sole porta con se', si unisce ai tuareg per assistere alla
preparzione del loro pasto: sul fuoco bolle una zuppa dentro un
pentolone annerito e nel quale rovesciano della pasta che non tirano
mai via. Passano molti minuti e noi chiediamo ironicamente se per
caso la pasta a loro piaccia "al dente" .... e loro ridono come
matti alla battuta di Abdul " No, non e' ancora pronta ... non abbiamo
i denti, noi ... !!!" il volto nerissimo su cui spiccano enormi
dentoni candidi ! La loro risata contagia immediatamente anche noi
e tutti insieme non riusciamo piu' a smettere di ridere !!!
Un paio di ore dopo Laid ci chiama per l'esplorazione del circondario.
Assieme a noi vengono due ragazzi, Mohammed e Cher, avidi di conoscere
i segreti delle pitture del loro territorio: ascoltano con attenzione
ogni parola di Laid e guardano incuriositi i nostri apparecchi fotografici.
Amano farsi riprendere e la loro istintiva timidezza lascia lentamente
il posto al piacere sincero di stare insieme a noi.
Prima del calare delle tenebre facciamo rientro al campo, dove i
tuareg ci hanno aspettato per regalrci lo spettacolo di uno dei
loro fantastici riti del deserto: la preparazione della "taghella",
ovvero il pane cotto sotto la sabbia. Uno di loro inizia ad impastare
in un recipiente farina bianca, acqua e sale; quando la pasta ha
raggiunto una bella consistenza elastica, il panetto viene adagiato
sulla sabbia vicino al fuoco, in una zona precedentemente ripulita
dalle braci. Viene quindi ricoperto completamente dalla sabbia:
restera' li' sotto per quaranta minuti, durante i quali noi scattiamo
varie foto e parliamo di tante cose.
E' buio quando finalmente il pane viene estratto dal suo forno:
spezzato emana un profumino delizioso e la sorpesa e' tanta nello
scoprire che non un solo granello di sabbia e' rimasto attaccato
alla sua crosta croccantissima !
Dopo la taghella arriva la chorba e con essa inizia la cena. Poi
e' il momento della musica, interrotta ad un certo punto dal gioco
degli indivinelli. Il piu' carino l'hanno proposto loro a noi: cos'e'
che nasce con le corna, poi le perde e quando muore ha di nuovo
le corna ? Provate ad indovinare ... noi ci siamo riusciti, ma non
e' stato facile !!!!! Un piccolo aiuto ? I tuareg sono un popolo
che vive molto a contatto con la natura e la sa osservare bene ....
Venerdi'
30 Dicembre
Questa
mattina e' previsto un giro ad anello che ci riportera' qui al campo
per pranzo, cosi' la sveglia suona un po' piu' tardi del solito,
ovvero alle 7 e 30. La notte e' stata calda e priva di vento ma
appena ci alziamo il vento ricomincia a soffiare e ci raffredda.
E' magnifica tutta la zona intorno a Tin Tazarif e, nonostante il
cielo tutto coperto, ci fermiamo diversi minuti ad ammirare una
spettacolare valle che pare una immensa colata lavica, a ricordarci
l'origine vulcanica di tutta l'area sahariana.
Al campo pranziamo e riposiamo, poi riprendiamo il cammino dopo
aver salutato i tuareg, gli asini e ... Nunzia ! Seguira' gli asini
Nunzia, e vivra' un'esperienza unica ! Ci fara' morir dal ridere
quando alla sera ci raccontera', con la sua simpaticissima parlata,
di come ha dovuto correre per tutto il tragitto, raccattare al volo
la roba che gli asini perdevano, con gli occhi fissi al terreno
per non imbalzarsi e di come l'abbiano poi caricata con una tanica
da 20 litri e fatta scendere per le umide e scivolose pareti di
una guelta profonda, dalla quale ha dovuto riemergere praticamente
da sola e riportare sempre da sola al campo la tanica piena e pesante
la meta' del suo stesso peso corporeo .... una passeggiata insomma
!!!
Mentre Nunzia suda per stare dietro agli asini, mentre noi camminiamo
tranquilli, belli riposati e coi sorrisi stampati in faccia pensando:
"... ah, che fortunata Nunzia, che bella esperienza che stara' vivendo
! Ha avuto proprio una bella idea !!", splendidi paesaggi ci sfilano
accanto. Archi maestosi, immensi corridoi ventosi, aperture anguste,
cunicoli, feritoie, pitture ed uno spettacolare anfiteatro rimarranno
per sempre impressi nelle nostre menti.
Alle cinque raggiungiamo Sefar, uno dei siti archeologici piu' importanti
del Tassili N'Ajjer e di tutta l'Algeria. Due ampi corridoi paralleli,
separati da muri rocciosi alti una trentina di metri, ospitano il
nostro campo e sul loro pavimento di morbida sabbia montiamo le
tende prima del buio.
Ci raduniamo quindi attorno alla stuoia: fa molto freddo ma il vento
pare abbia trovato finalmente pace e non soffia piu'. Dopo la chorba,
questa sera Ali' ci emoziona con degli ottimi spaghetti ai formaggi
! E dopo cena tutti i tuareg si radunano attorno al nostro fuoco,
arrivando un poco alla volta dopo aver terminato le loro mansioni.
Ci scaldiamo battendo le mani a ritmo coi loro canti: questa sera
abbiamo un ospite di eccezione, un giovane tuareg del Niger dalla
voce splendida che, quando intona i canti del Niger, volge la testa
in direzione del paese natìo !
I canti si susseguono numerosi ... ma poi viene il nostro turno
... e noi ci superiamo cantando "Heidi" e "Gig, robot d'accaio"
... che roba !!!!! Da morir dal ridere !!!
Alle 10 appena passate salutiamo tutti e ci ritiriamo nelle nostre
tendine. "A demain, inshallah ....."
Sabato
31 Dicembre
Oggi
rimarremo in questa zona, visitandola bene e questa sera festeggeremo
in questo stesso campo il capodanno.
Partiamo dunque verso le 8, con Mohammed e Cher. Il sole esce svogliatamente
dalle nubi e noi entriamo ed usciamo continuamente da ampi corridoi
rocciosi dal pavimento sabbioso. Ci sono molte pitture qui e ci
fermiamo molto spesso. Camminiamo poco e stiamo fermi a lungo ...
dopo un po' iniziamo a lamentarci del fatto che vediamo pochi panorami
e troppe mucche ! Ne parliamo con Christian e Sara che a loro volta
cercano di far capire a Laid che vorremmo vedere piu' panorami e
meno pitture, anche perche' abbiamo fatto un rapido calcolo, stimando
di aver percorso poco piu' di 2 km in ben due ore ! Abbiamo sete
di spazi aperti e sappiamo che qui ce ne sono tanti, cosi' cerchiamo
di spiegare anche noi a Laid cosa vorremmo, ma il difficile viene
proprio qui: Laid e' abituato a portare qui gente che vuole vedere
soprattutto le pitture ... e noi gli chiediamo di vedere panorami
! All'inizio non capisce, poi pero' per fortuna afferra il concetto
e si inizia a camminare sul serio ! Ci conduce in un luogo fantastico,
una sorta di labirinto dove alte piramidi ed altissime "lingue"
rocciose si innalzano ai nostri fianchi. Superata questa meraviglia,
giungiamo sul limitar di un enorme terrazzo cosparso di grandi massi
scuri su cui ci arrampichiamo per godere della vista. Davanti a
noi si stende una intera vallata di guglie sottili e scure a perdita
d'occhio; oltre ad esse, la Libia.
Torniamo sui nostri passi e rientriamo al campo, dove pranziamo
e beviamo il te' intorno al fuoco. Anche quello del te' e' un rito
splendido della gente del deserto. I tuareg usano, come in tutta
l'Africa del nord, il te' verde che proviene dalla Cina, ma ho notato
una differenza sostanziale fra i tuareg algerini e quelli libici.
Questi ultimi usano un cucchiaino raso di te', mettono poca acqua
calda, muovono la teiera per "sciacquare" il te', buttano via il
primo te' perche' troppo forte, poi riempiono la teiera con altra
acqua calda, quattro cucchiaini di zucchero e versano il secondo
te' nei piccoli bicchierini. Sollevano la teiera verso l'alto mentre
versano, cosi' da far cadere il te' anche da un metro di altezza,
centrando alla perfezione il bicchierino ! Si produce cosi' una
lieve schiumetta ed il te' che ne risulta e' dolce e assai gradevole.
Fanno poi un terzo te' aggiungendo altra acqua calda alle foglioline
umide rimaste nella teiera.
I tuareg algerini, invece, mettono molto te' dentro alla teiera,
usano molto zucchero e non buttano via il primo te' ! Prima di versarlo
nei piccoli bicchieri, poi, rovesciano il te' da una teiera ad un'altra
tenendole lontane fra loro, cosi' da produrre una schiuma bianca
e densa che loro chiamano scherzosamente "lo cheche del te'" perche'
lo mantiene caldo proprio come lo cheche (si pronuncia "scesc" e
significa "turbante") che usano loro in testa. La schiuma va mano
a mano a riempire i bicchierini. Questa procedura dura diversi minuti
durante i quali i tuareg ridono e parlano fra loro. Quando tutti
i bicchierini risultano essere pieni di schiuma, iniziano a riempirli
col primo te', fortissimo !
Poi
fanno con la stessa procedura il secondo te' ed infine il terzo
te'. L'intero rito puo' durare un'ora, un'ora e mezzo ed e' un vero
e proprio strumento di aggregazione sociale ! Loro stessi dicono
dei loro te' che "il primo e' amaro come la morte, il secondo e'
forte come la vita ed il terzo e' dolce come l'amore". Indovinate
un po' quale piaceva di piu' a noi ?? Dopo i primi giorni abbiamo
imparato che, se si voleva dormire, alla sera era meglio rifiutare
gentilmente il primo te' !!!
Nel pomeriggio, mentre Laid con il resto del gruppo va a fare un
altro giro per pitture, io e Taddy ci dirigiamo da soli verso la
guelta dove Nunzia si e' "calata" ieri sera, poi attraversiamo una
bella vallata col fondo di sabbia pieno zeppo di impronte e da qui
saliamo su un terrapieno piatto e scuro in leggera pendenza. E'
nostra intenzione fare un giro ad anello e ci allontaniamo decisi
verso ovest. C'e un sole splendido finalmente e anche se non fa
propriamente caldo la nostra pelle raccoglie l'energia dei raggi
solari. Camminiamo finche' tutto intorno a noi il panorama e' assolutamente
identico, rocce scure a perdita d'occhio, poi pieghiamo sensibilmente
verso sud quindi verso sud-est. Ben presto ci ritroviamo sul bordo
di un canyon largo e poco profondo, scavato dal fiume che passava
accanto al campo di Sefar. Discendiamo il fianco del canyon in corrispondenza
di una spaccatura e ci ritroviamo a procedere sul fondo sabbioso
e soffice dello uadi. Ora la nostra direzione e' verso nord e poco
dopo siamo di nuovo in vista della valle sabbiosa appena a sud di
Sefar.
Sul calar della sera saliamo su una formazione rocciosa con Chicca
e Gianki per goderci lo spettacolo del tramondo, questa sera dal
tenue color rosa.
Ci ritroviamo quindi con gli altri e ci raccontiamo le vicende del
pomeriggio. Poi inizia la cena: fettine sottili di salmone, chorba,
fantastici ravioli con ragu' di carne, costolette di capra cotte
direttamente sulle braci e lenticchie. Mangiamo di gusto tutto quanto,
poi ci chudiamo a cerchio attorno al fuoco ed iniziamo a cantare.
Ad un certo punto affettiamo un panettone e ne diamo una fetta a
ciascun tuareg: si fanno fotografare con la loro fettona, tutti
contenti e poi iniziano a mangiare ... solo che fanno una gran fatica
a mandarlo giu' !!!! Allora assistiamo alla divertentissima scena
che ne segue: enormi quantita' d'acqua scendono nelle loro gole
nella speranza di fare andar giu' i bocconi, non ce la facciamo
piu' dal ridere e non si capisce piu' se ridiamo piu' forte noi
oppure loro !!!!
Ancora canti, indovinelli, poi viene il turno dei desideri da esprimere
per il prossimo anno. La maggior parte di loro vuole un nuovo figlio
!
Quindi e' la volta di un giochetto divertente lanciato da loro:
bisogna riuscire a dire 15 parole qualsiasi una dietro all'altra
senza fermarsi mai. Ci proviamo tutti, ma incredibilmente nessuno
ce la fa !!! Non si riescono proprio a superare le 10 parole ! Il
picco delle risate c'e' stato quando Pietro e' partito in quarta,
lo sguardo fisso sulle fiamme, per poi dire: "Luce, sonno ........."
e basta !!!!!!!!!!!!!! Credavamo di morire dalle risate !!! Troppo
forte !!!
Samir, uno dei ragazzi giovani, si alza e scompare nell'oscurita':
tornera' dopo pochi istanti con un foglio in mano, ce lo consegna.
E' un biglietto d'auguri per il prossimo anno, sue le parole in
francese e suoi i disegni, fantastico ! Io mi emoziono subito !
Intanto arrivano le 11, orario per noi proibitivo qui nel deserto,
ed infatti iniziamo ad accusare una bella stanchezza. Resistiamo
comunque fino alle 11 e 30, qualcuno fino alle 11 e 45 poi crolliamo
! Qualcuno resiste addirittura fino a poco oltre la mezzanotte e
chi non e' piu' alzato a quell'ora sente dalla tenda il conto alla
rovescio e lo scoppio di gioia nel salutare il nuovo anno ! Sentiamo
anche che i tuareg cantano poi "Bon anne', bon sante' ... " seguito
da un fantastico "Happy birthday to you ..." che non centra assolutamente
nulla ma che proprio per questo fa una gran tenerezza ....
Domenica
1 Gennaio 2006
Un sole magnifico saluta il nuovo anno e dopo colazione Omar porge
ad ognuno di noi una busta bianca: contiene un biglietto d'auguri
ed una bella penna a sfera, dono della sua agenzia. Che sorpresa
!
Poco dopo, mentre ci stiamo preparando a seguire Laid, Mohammed
si avvicina timidamente a me e, tenendo lo sguardo basso, mi porge
una magnifico bracciale d'argento tipico dell'artiginato tuareg
e sussurra: "...un petit cadeau ..." ! Dopo un attimo di smarrimento,
riesco solo a biascicare un " ... merci boucoup ...", gli occhi
sgranati su questo magnifico gioiello: che tenero !! Infilato al
polso il bracciale, seguo gli altri che nel frattempo si sono avviati,
la mente leggera ed il cuore felice per questi gesti inaspettati
dei "nostri" tuareg.
Attraversiamo nuovamente la bella valle invasa dalla sabbia piena
di impronte, poi procediamo dritti per la piana disseminata di pietre
scure di ieri pomeriggio. La direzione e' verso sud e ci avviciniamo
lentamente ad una splendida zona ricca di dune. Camminiamo sul fondo
dapprima scuro e roccioso, poi chiaro e sabbioso di un lungo uadi,
delimitato in alcuni punti da alte pareti che, in corrispondenza
delle antiche anse del fiume, disegnano fantastiche paraboliche
naturali. Questo uadi si apre poi in una immensa valle con magnifiche
dune che iniziamo a risalire. In cima ad una di esse ci fermaimo
e ci buttiamo a terra per riposare e per godere del silenzio e dello
spettacolo. Al di la' della valle alluvionale ci sono altre rocce
scure, verso cui puntiamo dopo circa venti minuti. Qui, il sentiero
si inerpica e a meta' salita circa ci fermiamo per lasciar passare
gli asini che nel frattempo ci hanno raggiunto: i tuareg salutano
sorridenti. Continuiamo a salire anche noi e ci ritroviamo piu'
in alto in un'altra valle, luminosa e circondata da una bellissima
cintura di faraglioni squadrati. Sotto di essi camminano quelli
di noi che sono piu' avanti e che sembrano tante formichine rispetto
all'altezza considerevole delle rocce. Passandoci sotto, si nota
come alcune di esse abbiano forme davvero singolari; si potrebbe
stare ore a cercare figure note nei loro profili ! Una in particolare
ha stuzzicato la nostra fantasia: un'enorme testa su di un sottilissimo
collo pare guardare con occhi fissi ed imperturbabili la natura
che la circonda, dall'alto della sua veneranda eta' !
Superata la cintura di faraglioni, passiamo sotto ad un muro di
sabbia dai caldi toni aranciati: qualcuno decide di salirvi e viene
catturato dagli obiettivi di quelli che sono rimasti in basso.
Verso mezzogiorno arriviamo al campo diurno: ai piedi di un roccione
immenso, una netta spaccatura orizzontale, parallela al suolo, accoglie
all'ombra le stuoie ed il fuoco. Siamo affamati ed assetati ! Pranziamo
con lo sguardo fisso alla piana che si stende davanti a noi, magnifica,
arida e scura, dai bagliori argentei per effetto del controluce.
Dopo pranzo, alcuni di noi sdormicchiano, altri si siedono attorno
al fuoco per bere te', incitati dall' " ... iiidddrrrr chai !!!
" di Laid !
Sara
insegna ai giovani tuareg, avidi di imparare le lingue, alcune parole
in italiano, mentre loro insegnano a noi qualche parola di tamasheck.
Quella che impariamo subito e che useremo spesso e' tenemmert, grazie.
Ci scrivono anche le lettere del loro alfabeto, poiche' i tuareg
hanno anche una lingua scritta, chiamata "tifinagh", caratterizzata
da singolari geroglifici.
Verso le 2 e 30 riprendiamo il cammino verso sud, non prima di aver
assistito divertiti ad una spassosa scenetta: la cavalcata a pelo
di un asinello da parte di Manuel, detto "chibanì" (il vecchio).
Manuel e' un tuareg straordinario, ha una cinquantina d'anni e per
questo e' chiamato "il vecchio", e' anche il padrone di tutti e
15 gli asini ed ha sempre il sorriso sulle labbra, il viso arso
da anni di sole nel deserto; nella mia mente il suo ricordo e' legato
alla sua caratteristica risata, cristallina ed indimenticabile !
Siamo diretti nella zona chiamata Alanadumen e verso il campo della
sera che si trova addossato alle rocce sul fianco di un vasto uadi.
Sul fondo sabbioso di quest'ultimo nasce uno spettacolare esemplare
di cipresso millenario, pare di ben 4000 anni !
Quando arriviamo le ombre sono gia' lunghe ed il caldo della giornata
sta velocemente cedendo il passo al gelo della notte. Un magnifico
tramonto tinge di viola il cielo e Venere brilla alla destra di
una splendida falce di luna. Christian ci racconta che proprio in
un uadi come questo, anni fa mori' una turista europea, spazzata
via nel cuore della notte da un'improvvisa quanto violenta ondata.
Quando piove nel deserto, infatti, il terreno non assorbe l'acqua
che quindi scivola su di esso e da' vita a veri e propri fiumi violenti
e tumultuosi, che percorrono distanze impressionanti in tempi rapidissimi
e si portano via tutto cio' che incontrano lungo il percorso ...
turisti in tenda inclusi. Quella famosa notte l'acqua cadde a molti,
moltissimi chilometri di distanza e la turista non poteva prevedere
certo quello che sarebbe successo nelle ore successive al suo bivacco.
Noi ascoltiamo ad occhi spalancati la storia, poi volgiamo gli sguardi
al buio che accoglie le nostre tende, laggiu', in pieno uadi ...
ma nessuno si muove per spostarle ! Siamo diventati all'improvviso
tutti fatalisti ... speriamo bene !!
Durante la cena, chiediamo a Christian dove sara' il campo domani
sera e lui ci risponde: Jabbaren. Il programma di Kel 12, pero',
prevede che a Jabbaren si arrivi dopodomani e quindi noi non capiamo
perche' mai dovremmo saltare la zona che si era previsto di visitare
nella giornata di domani. Fra l'altro, pare che questa zona sia
molto selvaggia e poco frequentata, dunque ci alletta molto e non
vorremmo perdere l'occasione di visitarla. Christian comprende il
nostro punto di vista e ne parla con Omar, che a sua volta ne parla
con Laid e con Ali'. Se per i primi due tuareg non ci sarebbero
problemi ad accontentarci, per Ali' e per gli altri tuareg che stanno
dietro agli asini (eccezion fatta per i piu' giovani che ci spiegano
di non avere alcun tipo di problema) la richiesta pare non trovare
assolutamente approvazione. Iniziano a parlare a voce alta, strana
cosa per le loro abitudini, ognuno vuol dire la sua, pare ad un
certo punto che stiano in qualche modo mercanteggiando, cercando
di convincere gli altri che il loro punto di vista e' quello giusto.
Noi nel frattempo ci facciamo piccoli piccoli ed aspettiamo che
finiscano di parlare fra loro affinche' Omar possa tradurci ogni
cosa. Sembra di capire che gli asinai non hanno mai fatto quelle
piste, che le stesse possono rappresentare un problema per gli asini
e che vorrebbero arrivare a Jabbaren domani stesso perche' sono
gia' stanchi (in effetti sono abituati a stare sul tassili molti
meno giorni ...).
Sara e' molto brava e parla con tranquillita' ad Omar: cerca in
ogni modo di convincere il gruppo ma i tuareg continuano senza posa
a discutere. Insomma, le cose vanno per le lunghe e a noi viene
un gran sonno. Quando ci ritireremo nelle nostre tendine, li sentiamo
ancora parlare, parlare, parlare .....
Lunedi'
2 Gennaio
Questa appena passata e' stata senz'altro la notte piu' fredda da
quando siamo partiti da Djanet. Ci svegliamo come di consueto alle
7, intirizziti; alle 7 e 30 facciamo colazione ed alle 8 siamo pronti
per partire ... solo che i tuareg continuano a discutere, non hanno
ancora preso una decisione !! Non e' che abbiano parlato tutta la
notte, e' ovvio, ma appena alzati hanno ripreso a disquisire ! Omar
ci spiega che c'e' stata una specie di "guerriglia" fra loro per
decidere su chi dovesse decidere per tutti, hanno tirato fuori discorsi
circa le loro eta', l'importanza delle varie famiglie di provenienza,
i gradi di nobilta' o cose di questo tipo ... insomma, abbiamo alzato
un gran polverone ma non possiamo tornare indietro. Abbiamo anche
detto che a questo punto saremmo pure disposti a lasciar perdere,
ma ormai loro vanno avanti per la loro strada e non ci ascoltano
piu' !
Nel frattempo il sole sta mandando i suoi raggi ad illuminare la
valle ed anche il cipresso inizia a proiettare la sua ombra. Lentamente
il freddo si placa e assieme ad esso, finalmente, anche i toni dei
tuareg tornano sereni: la decisione e' presa. Oggi si andra' a Ozeneare',
a circa 8 km in linea d'aria da Jabbaren, dove arriveremo, rispettando
i piani di Kel 12, domani sera.
Alle 8 e 30 saremmo pronti, se non fosse che ancora nessuno e' andato
a prendere gli asini, che si allontanano parecchio durante la notte,
pur avendo le zampe anteriori impastoiate ! Oggi e domani asini
e asinai seguiranno esattamente la stessa nostra strada poiche'
l'unico a conoscere la zona e' Laid, la guida.
Finalmente, alle 9 passate, tutto e' pronto e noi ci mettiamo in
marcia. Siamo dispiaciuti per come sono andate le cose, abbiamo
timore che si siano guastati i rapporti prima cosi' fraterni coi
nostri tuareg, ma per il momento camminare ci fa bene e la mente
si libera presto dai brutti pensieri.
Camminare e' veramente un'ottima terapia ! E' la cosa piu' semplice
che un uomo possa fare, camminare, ma e' una cosa meravigliosa:
sentire ogni singolo muscolo contrarsi e poi rilassarsi, prestare
attenzione al respiro, accorgersi dei polmoni che si riempiono e
si svuotano, udire il fruscio dei pantaloni e lo scricchiolìo degli
scarponi sul terreno, predisporre i sensi a percepire tutto cio'
che ci accadde intorno, udire piccoli suoni, annusare lievi odori
e godere anche dell'immobilita' del paesaggio che ci circonda, abituati
come siamo a vedere tutto in movimento. In poche parole, camminando
prendiamo coscienza di noi stessi e del nostro corpo, cosa che ci
dimentichiamo spesso di fare durante la vita di tutti i giorni,
nelle nostre citta' e nei nostri uffici. Camminare a noi fa un effetto
particolare: ci fa sentire vivi !
Ed e' cosi che, camminando, scendiamo nel letto di un vasto uadi
e ci lasciamo superare dagli asini: i ragazzi giovani rimangono
indietro per fare la strada con noi e si fanno fotografare tutti
sorridenti ai piedi di un paio di bellissimi cipressi che incontriamo
lungo la via. Lasciamo poi l'uadi e risaliamo un pendio roccioso,
attraversiamo una piazzetta chiusa fra alte rocce ed arriviamo in
breve in vista del campo. In tutto abbiamo camminato 3 ore e percorso
circa 9 km.
Quando arriviamo al campo, ci accorgiamo che i tuareg sono "in sciopero"
... ! Non ci hanno preparato il pranzo e se ne stanno sdraiati ognuno
per conto proprio. Christian raccoglie qualcosa da mangiare in un
sacco ed insieme ci allontaniamo mesti in direzione di una guelta
nascosta fra le rocce. Le guelte sono cisterne naturali di acqua
piovana che resistono a lungo grazie alle temperature non elevate
della zona in questo periodo e grazie al fatto che spesso sono situate
in profondita' o, come in questo caso, all'ombra per gran parte
della giornata. Da quando due taniche d'acqua buona sono andate
rotte durante il trasporto, i tuareg raccolgono quest'acqua anche
per noi: la beviamo da diversi giorni e per ora stiamo tutti bene.
Fa un certo effetto, pero', osservare questa guelta e pensare che
ne beviamo l'acqua ! Il colore verdastro e la schiumetta che galleggia
sopra non e' certo rassicurante ... ma dobbiamo ringraziare di avere
almeno questa fonte ! Mentre bevo dalla mia borraccia trasparente,
noto in controluce alcune larvette nuotare allegramente e da questa
osservazione sono nate le frasi di Gianki divenute mitiche "Ragazzi,
masticate bene quando bevete !!" e "Questa sera a cena ... gamberetti
!!". Tutto sommato, infatti, siamo talmente rilassati che non ci
importa nulla dell'acqua che stiamo bevendo. Domani mattina, pero',
filtreremo con quello che ci capita sotto mano l'acqua prima di
versarla nelle borracce !!!
Dopo aver pranzato con pane, prosciutto, formaggio e biscotti, ci
sdraiamo al sole e riposiamo per un'oretta. Poi torniamo al campo
e montiamo le tende. Una parte del gruppo si prepara quindi per
visitare la zona al seguito di Laid, mentre io e Taddy restiamo
al campo per redigere il quaderno di viaggio. Tutto e' tranquillo
attorno a noi ed e' troppo bello osservare gli asini brucare quel
poco che riescono a trovare, piccole macchioline grigie sullo sfondo
giallo della sabbia.
Le ore passano in fretta e la luce meravigliosa della sera inizia
a colorare il panorama superbo che si stende davanti a noi: una
lontana cintura di roccioni si fa incandescente ed il contrasto
con la gialla pianura semidesertica dove ci troviamo noi e' favoloso.
Saliamo su un'altura per ammirare il tramonto che tinge di rosso
e di viola il cielo ad ovest, mentre ad est il cielo e le rocce
che sovrastano il campo diventano di un tenue, dolcissimo rosa.
Non dimentichero' mai questa manciata di minuti, gli occhi spalancati
per non perdere neppure una sfumatura, una tonalita', un attimo
di gioia per il semplice essere qui.
Quando il buio avvolge ogni cosa col suo spesso mantello, accendiamo
le nostre torce e ci avviciniamo alla stuoia per la cena: i ragazzi,
nel fare rientro al campo, hanno raccolto delle belle fascine di
legnetti e con questi riusciamo a tenere vivo il fuoco a lungo,
cosa assai positiva visto che qui il freddo e' davvero pungente
! Ceniamo e dopo poco e' con estrema gioia che vediamo arrivare
piano piano tutti i tuareg al nostro fuoco: si cantera' e si suonera'
come le sere prima del "pasticcio" ... una cosa meravigliosa che
ci rincuora tutti !!
Martedi' 3 Gennaio
Ultimo giorno sul Tassili, se escludiamo la giornata di domani che
ci vedra' impegnati nella discesa.
Sveglia, colazione e partenza alla solita ora: direzione sud. Ci
portiamo in un larghissimo canyon e camminiamo spediti su di un
terreno pianeggiante e cosparso di migliaia di piccole pietre scure;
il sole e' stupendo e lentamente le nostre membra si scaldano alla
perfezione.
Guardando per terra, ad un certo punto Laid ci fa osservare che
ci sono le impronte di un adulto e di un bambino, entrambi scalzi,
accompagnate da quelle di un asino. Pare infatti che in questa zona
viva una tribu' nomade e queste impronte sembrano confermare tale
tesi. Sono emozionata, per me e' incredibilmente bello sapere che
ci sono ancora oggi gruppi di persone che riescono a vivere quassu'
come i loro avi. So che purtroppo si tratta di un caso isolato ma
e' una splendida notizia lo stesso ! Mi sorprendo a guardarmi spesso
intorno per cercare altre tracce di questi uomini e donne, veri
pezzettini di storia del deserto, ma ovviamente non scorgo nulla.
Ad ogni modo, dopo qualche minuto Omar ci dice di fermarci: lui
andra' avanti da solo. C'e' una tribu' laggiu' e lui andra' ad informarsi
se possiamo andare a fare loro visita, almeno cosi' mi pare di capire
dalle traduzioni di Christian. Omar sta via un bel po' ... ma quando
torna Laid ci fa riprendere il cammino ... nella direzione opposta
! A quanto pare non vogliono riceverci ... come biasimarli, d'altra
parte ? E' giusto cosi', lasciamoli in pace, lasciamoli alle loro
mansioni vecchie di centinaia d'anni, lontani il piu' possibile
dalla modernita' e dalla cosiddetta civilta'.
Proseguiamo il nostro pellegrinare che ci porta ad attraversare
distese di rocce e di sabbia, in compagnia dei giovani Cher e Mohammed.
Quando dobbiamo superare un pendio roccioso, ci accorgiamo che gli
asini sono un po' restii ad andare avanti, si bloccano sospettosi
e tirano indietro le lunghe orecchie. A poco servono le frustate
di Abdul o le grida di Mohammed: l'unico che riesce a farli "ragionare"
e' Manuel con la sua esperienza, la sua pazienza, la voce controllata
ed il sorriso sempre sulle labbra ! Lentamente cominciamo a piegare
verso ovest e risaliamo diversi pianori rocciosi; uno in particolare
e' disseminato di spettacolari rocce nere stratificate che assomigliano
in maniera sorprendente a dei tronchi fossili ! Saliamo ancora,
camminando su uno spettacolare terreno piatto e lucido in leggera
pendenza e quando arriviamo sul punto sommitale, davanti e sotto
di noi si apre lo spettacolo del sito di Jabbaren, il piu' visitato
del Tassili N'Ajjer.
I turisti vengono qui in giornata, partendo dalla valle verso cui
noi scenderemo domani: noi ci siamo arrivati dopo ben otto giorni
di cammino e garantisco che e' tutta un'altra storia ! Jabbaren
e' caratterizzata da un terreno tormentato e sollevato in diverse
formazioni rocciose simili a cupole rotondeggianti, separate da
spaccature profonde nelle quali e' facile immaginare il gioco di
cascate e mulinelli che doveva fare l'acqua in tempi remoti. Ammiriamo
per qualche minuto lo spettacolo di Jabbaren dall'alto e poi ci
lanciamo nella discesa. Poche decine di metri ci separano dal pavimento
di uno di questi corridoi fra le cupole: lo percorriamo sotto il
sole dell'una di pomeriggio. Il corridoio termina in una bella piazzetta
pianeggiante, dove scarichiamo gli zaini e riposiamo aspettando
gli asini. Poco dopo riceviamo l'ordine di riprendere il cammino
e proseguiamo in direzione ovest, superando cupole e "funghi" davvero
suggestivi.
Un quarto d'ora ed eccoci infine in un'altra piazzetta, piu' ampia
della precedente e meno protetta dai venti, ma comunque favolosa
! Qui le cupole assomigliano ai trulli di Alberobello ed alla base
di alcuni di essi ci sono muretti di sassi alzati per proteggere
gli eventuali pellegrini dal vento. Sotto ad uno di questi i tuareg
ci hanno preparato la stuoia ed il pranzo: mangiamo di gusto e poi
ci sdraiamo beati al sole.
Alle 15 Laid ci chiama a se' e partiamo per esplorare la zona: bei
labirinti fra alte rocce, corridoi ventosi, belle pitture ed uno
splendido scorcio sul "grand uadi", l'antico corso d'acqua con la
maggior portata d'acqua della zona che pare da quassu' essere pieno
d'acqua perche' invaso da cespugli verdini. Una strana nostalgia
si impadronisce di noi mentre restiamo muti ad osservare il panorama:
questa fantastica avventura non e' ancora finita e noi gia' sentiamo
la mancanza di tutto quello che abbiamo vissuto qui. Come faremo
a tornare alle nostre vite di sempre, come faremo a non piangere
quando alla sera anziche' il fuoco profumato ci metteremo a guardare
la televisione ? Ma qui c'e' ancora un cosi' bel sole che la tristezza
scivola via presto e continuiamo a seguire Laid. Poi, stanchi di
pitture, ci divertiamo a fotografare Cher e Mohammed, sereni e sorridenti,
gli sguardi profondi di chi e' abituato a guardare lontano.
Con la splendida luce della sera facciamo rientro al campo e ci
prepariamo per la cena. Siamo stanchi. Con il calare delle tenebre
il vento soffia piu' vivace ed anche nella "sala" preparataci per
la cena il freddo e' notevole. Il fuoco non ne vuole sapere di stare
acceso ed e' cosi' che, dopo aver mangiato, decidiamo tutti di spostarci
dai tuareg, che si sono sistemati in un anfratto super protetto
e che hanno un meraviglioso fuoco !
L'ultima taghella, gli ultimi canti, gli ultimi indovinelli, l'ultimo
fumo negli occhi che tante lacrime ci ha fatto versare in questi
giorni. Vorremmo restare qui tutta la notte, ma alle 10 e 15 gli
occhi ci si chiudono e ci ritiriamo.
Mercoledi'
4 Gennaio
Alle
8 salutiamo gli asinai e ci mettiamo in marcia. In soli 15 minuti
raggiungiamo il bordo della falesia del Tassili N'Ajjer e davanti
a noi si apre una splendida finestra sul grande erg d'Admer che
parte da qui sotto e si stende a perdita d'occhio verso ovest. Iniziamo
la discesa lungo il canalone, procedendo con cautela sui pietroni
chiari. Quando siamo circa a meta' iniziamo a sentire le grida degli
asinai dirette agli asinelli.
Arrivati in pianura percorriamo un piccolo uadi sabbioso, alla nostra
destra le pareti a picco del tassili, baciate da un sole gia' forte,
ci lanciano un ultimo saluto.
Ben presto arriviamo in uno spiazzo dove sono parcheggiate tre jeep,
le stesse che ci porteranno via. Un'ultima volta ci sediamo a terra
tutti insieme e mangiamo pane, formaggio, salame, yogurt e banane.
Lentamente arrivano tutti gli asini ed i tuareg li scaricano velocemente.
Brave bestiole, adesso vi meritate un bel riposo !
I tuareg sono al settimo cielo al pensiero di tornare finalmente
alle loro famiglie ed ai loro amici. Tutti sorridenti si fanno fotografare
in gruppo e, dopo aver ricevuto la nostra busta con le mance e dopo
averci salutato personalmente, si allontanano, ognuno per la propria
strada.
La nostra strada ci riporta a Djanet: questa oasi, che al nostro
arrivo dall'Italia, nove giorni fa, ci pareva un meraviglioso posto
esotico, una romantica oasi persa in mezzo al deserto, oggi ci appare
come l'isopportabile ritorno alla civilta', la fine di una vita
semplice e naturale a strettissimo contatto con la natura, la fine
di un vero viaggio nel passato, in tutti i sensi ! Questo viaggio
ci ha fatto tornare tutti un po' primitivi, ha toccato le corde
intime dei nostri cuori desiderosi di vita semplice, ci ha fatto
suonare come strumenti, vibrare in sintonia con il vento, il fuoco,
la sabbia, le rocce, le stelle. Credo che di piu', ad un viaggio,
non si possa chiedere.
Un grazie di cuore a tutti i tuareg ed a tutti i ragazzi italiani
che hanno viaggiato con noi: ognuno di loro ha contribuito a rendere
unica questa esperienza !
19 chilometri di piste ci conducono al cortile dello Zeriba, ogni
coppia prende possesso ancora una volta della propria stanza e si
concede il lusso di una doccia calda.
Poi visitiamo l'oasi, sparpagliandoci ed incontrandoci per le vie
diverse volte.
Djanet
rappresenta, con i suoi ventimila abitanti, il secondo insediamento
urbano del sud dell'Algeria dopo Tamanrasset. La parte vecchia e'
costituita da abitazioni arroccate lungo le pendici di una collina,
mentre la parte piu' nuova si sviluppa a valle, specialmente lungo
la riva orientale del grande uadi Edjeriu.
In passato, Djanet era molto importante perche' situata sulla rotta
delle carovane provenienti dal sud del continente; oggi e' una sonnolenta
cittadina dove i pochi tuareg degli altopiani si mischiano sempre
piu' spesso ad arabi e neri del sud. Il turismo rappresenta oggi
la maggiore fonte di guadagno per la gente ma sta lentamente minando
le sue tradizioni e la sua cultura.
La cosa piu' singolare dell'oasi e' la splendida palmeria, verdissima
ed ombrosa: le piante producono carnosi datteri squisiti. Molto
carino e' anche il souq, un rilassante mercato immerso nella semi-oscurita'
ricco di prodotti locali e di importazione. Assolutamente da non
perdere e' una fetta di "baclava", dolce tipico a base di frutta
secca e miele !
Da mettere in valigia anche una lattina di harisa, salsa piccante
a base di peperoncini rossi.
Splendidi i monili ed i pugnali d'argento, sapientemente lavorati
dai tuareg, frutto di una tradizione che li ha resi famosi nel mondo.
Ed e' proprio accennando a questa sublime forma d'arte che chiudo
il mio resoconto del nostro viaggio in Algeria. E' sulle note dolci
e nostalgiche della musica che si sente per le vie ormai buie dell'oasi
che saluto mentalmente Djanet, i "nostri" tuareg, l'Algeria. Domani
faremo rientro alle nostre vite, al nostro lavoro, al nostro andar
sempre di corsa, ma avremo collezionato un nuovo dolce ricordo ed
una certezza verra' via con noi: prima o poi "torneremo a casa",
nella grande casa "Africa".
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