Sognavamo un grande
viaggio sulle due ruote, alla scoperta delle meraviglie di un paese
unico, vario, ricco di storia e personaggi. E sognavamo di condirlo
con le nostre grandi passioni: la cartografia, l'off road, l'ebbrezza
della scoperta.
E' nata così l'idea del nostro Giro d'Italia Enduro, un viaggio
lungo un mese per cui abbiamo duramente lavorato negli ultimi 4
anni: collaborazioni strette con altri enduristi, decine di esplorazioni
sul territorio, studio approfondito dei percorsi con software dedicati,
suddivisione del tracciato in tappe per tenere una media giornaliera
di circa 160 km, ricerca degli alloggi nei punti strategici. Lentamente
l'idea prende corpo e finalmente abbiamo in mano qualcosa di concreto:
uno splendido itinerario ad anello di 4000 km, che partendo
da Bologna seguirà tutto l'Appennino fino all'Aspromonte,
ci condurrà sulle catene montuose sicule poi su quelle sarde, infine
a Livorno e da qui nuovamente a Bologna.
A luglio il grosso della logistica è completato: traghetti pagati,
alloggi prenotati, benzinai individuati lungo la traccia. Tre zaini
vengono assicurati ai portapacchi dell'XR ed uno finisce sulle mie
spalle: riempiti con il materiale da campeggio, olio motore, lubrificante
catena, una mezza tonnellata di attrezzi e ricambi per le moto,
resta appena lo spazio per una maglietta a testa, un paio di pantaloncini,
tre mutande e ciabatte infradito. Chi ci conosce dice che siamo
“grandi”, la maggior parte della gente ci addita come “pazzi”, noi
ci consideriamo semplicemente appassionati enduristi.
Non vediamo l'ora di accendere le moto e salutare le due Torri:
ci attende un caleidoscopio di emozioni, paesaggi, incontri, storie
ma anche di cibi, dialetti, mentalità, culture. Attraverseremo 12
regioni, ognuna con le proprie affascinanti caratteristiche, dunque
torneremo arricchiti e un po' più orgogliosi di essere italiani.
E tutto questo in sella alle nostre fedeli compagne a due ruote,
un’enduro leggera (Honda XR250R)
ed una trial alpinismo (Scorpa
TY-S 125 Long ride), i mezzi ideali per questo genere di
spedizioni, piccoli trattorini raffreddati ad aria che non si fermano
di fronte a nulla.
All'alba del 4 agosto siamo pronti a partire!
L'Emilia ci introduce all'Appennino con le sue spettacolari mulattiere
panoramiche; i colori dominanti sono il giallo e il marrone, colori
intensi che ci parlano di caldo, lo stesso che ci avvolge subito
come un pesante mantello. Caldo, sudore, polvere, fatica a respirare,
tanta sete ma siamo felici come bambini. Al Sasso di San Zenobio
siamo emozionatissimi: inizia la discesa verso Firenzuola
e ci attende il primo cambio di regione! Volentieri ci immergiamo
nei boschi e le moto corrono baldanzose quasi godendo anch'esse
della frescura improvvisa. L'amata Toscana non ci delude:
bellissime piste, terreno squisito da baciare coi tasselli, panorami
mozzafiato, genti simpatiche e bizzarre… come l'endurista incontrato
lungo il tragitto che quando impara che siamo diretti a Palermo
non fa una piega ma ci domanda "Però ora passate da Olmo Fiesole?"
(10 chilometri da lì) "Sì" "Ah bene, allora buon viaggio!"
Poco dopo Olmo la Scorpa accusa qualche problema alla frizione e
ad un esame attento ci accorgiamo che il cavo si sta rompendo: per
fortuna ne abbiamo uno di scorta e in fretta lo sostituiamo.
Ampie ghiaiate e i tipici viottoli toscani ci tengono compagnia
fino alla splendida Monteriggioni e ancora più a sud nel
cuore del senese; nei pressi di Rapale incontriamo il Cez,
un caro amico endurista che con la sua Beta
RR450 ci accompagnerà alla scoperta di posti incantevoli
nella Val d'Orcia e nella Val d'Asso, senza far toccare
ai nostri tasselli un solo metro d'asfalto! Assieme a lui ci lasciamo
cullare dalla dolcezza dei luoghi, navigando fra le onde dorate
del grano tagliato di fresco: sfumature, luci, ombre, castelli e
borghi antichi, fra i quali spicca il piccolo gioiello di Lucignano
d'Asso, l'ampia valle ai suoi piedi che si spinge fino al Monte
Amiata.
Una bella cena ed una squisita ospitalità toscana ci attendono a
casa del Cez, dove parliamo ancora di moto mentre i grilli quasi
ci assordano e le stelle brillano in un cielo niente affatto disturbato
da luci.
Il giorno dopo ripartiamo assieme, sempre verso sud, e di nuovo
ci tuffiamo nell'oro, pizzichiamo la Via Francigena, poi
lasciamo la campagna per una zona più montuosa con belle formazioni
rocciose chiare e scorgiamo dal basso una torre giurisdavidica domandandoci
cosa diamine sia. Salutato il Cez a Semproniano, il nostro
viaggio prosegue verso l’Umbria, culla di una natura incantevole:
paesaggi soffici e verdissimi percorsi inaspettatamente da piste
spesso impegnative, il fondo di terra quasi sempre rivestito da
uno strato di sasso smosso e scivoloso. Nei pressi di Terni
facciamo sosta ai Prati Piani, per scendere dai quali diventiamo
viola impiegando qualcosa come 3 ore per percorrere appena 6 chilometri.
Una pista chiusa ci costringe infatti alla ricerca di una valida
alternativa, ma prima di trovarla ci infiliamo ripetutamente giù
per ripide mulattiere con pietroni grossi come angurie, tutte a
fondo cieco. Nel risalirle la Scorpa s'inpenna allegramente ogni
5 metri mentre l'XR, carichissima, procede lentamente sbuffando
e borbottando.
Appuntamento importante quello col lago del Turano, specchio
color blu cobalto incastonato fra vette dalle pareti interamente
rivestite da manti boschivi. Purtroppo alcuni incendi ne stanno
in questo momento devastando diversi ettari e naturalmente la nostra
traccia passa proprio da uno di questi bei posticini caldi caldi!
Dato però che le fiamme sembrano ormai domate, decidiamo di seguire
docilmente il Gps; mentre la cenere riempie lo spazio fra i nostri
tasselli e il calore sale tremolante dal terreno a sciogliere la
gomma dei nostri stivali, all'improvviso un idrovolante impegnato
in un volo radente apre il portellone inferiore proprio sopra di
noi: acceleriamo per non venire investiti dall'acqua così vaporizzata
che pare fumo ma veniamo comunque spruzzati nella fuga! Le guardie
forestali che incontriamo poco sopra, anziché farci la multa, ci
chiedono ridendo "V'ha pigliato?"
Dopo pascoli sconfinati percorsi su piste in altura, nel nostro
sesto giorno di viaggio l'Abruzzo ci accoglie con la spettacolare
vallata di Cagnano Amiterno, dove cavalli e mucche circolano
liberamente lungo le strade, le ombre si allungano per l'imminente
tramonto e una bella doccia ci attende all'agriturismo Cascina.
Da qui si attraversa una zona incredibile di candide colline, la
cui terra accecante ci sconvolge di meraviglia. Seguiamo poi un
single track a ripidi e stretti tornanti nel fitto della boscaglia,
quindi un salto all'anfiteatro Amiternum e poi via verso
le bianche pietraie che salgono in direzione del Gran Sasso.
Queste piste vanno prese allegramente ma dosando il gas, così da
poter galleggiare sulle pietre tonde e sdrucciolevoli impedendo
alle ruote di scavare fosse nelle quali potremmo finire anche noi
per sempre!
Ma subito dopo aver assaggiato la durezza delle pietre, ecco che
le nostre moto scivolano veloci su morbidi prati, mentre la limpidezza
dell'aria permette allo sguardo di spaziare fino alla Maiella e
i raggi ultravioletti cercano ostinatamente di bruciarci le retine.
Poi tutto si trasforma di nuovo: il paesaggio è squisitamente spigoloso
e il terreno torna durissimo. In Abruzzo le piste sono quasi ovunque
disseminate di pietre chiare su cui le moto saltellano allegramente
e gli zaini minacciano di rimbalzare via dai portapacchi, tanto
che ci fermiamo spesso per tenderne le cinghie. Non sono rare neppure
le soste per le foto e quelle alle fonti dove facciamo il pieno
di freschezza. Ad accontentarci pienamente, nel tardo pomeriggio
sui crinali eolici che sovrastano Celano un acquazzone ci
inzuppa completamente!
Il Sirente Velino è un luogo di una bellezza speciale; sarà
per l'aria nitida del dopo temporale ma i colori oggi quassù sono
davvero unici. Saliamo progressivamente di quota e quando arriviamo
a 1800 soffia un vento fortissimo che ci sposta addirittura dalla
traiettoria.
Dal paesino di Anversa seguiamo uno spettacolare sentiero
che sale ripido verso una chiesetta e poi scende verso il villaggio
abbandonato di Frattura Vecchia, un luogo mistico e perso
nel tempo da cui si gode un panorama infinito sul resto del mondo.
Ma è tempo di cambiare regione! Il Molise ci accoglie coi
suoi tratturi, le antiche vie della transumanza, retaggio di un
tempo in cui immense mandrie si spostavano per giorni e giorni brucando
lungo il tragitto e tenendo così pulite vere e proprie strade d'erba.
Oggi sono rimasti tratti molto belli di queste antiche vie, che
portano a scoprire gioielli architettonici dell'antichità, come
le affascinanti rovine di Saepinum.
Endurare in Molise è divertente perché i tratturi non sono sempre
ben visibili e riconoscibili, così ci si ritrova spesso a guidare
nell'erba altissima pensando "siamo fuori rotta" per poi dopo qualche
tempo accorgersi di essere assolutamente sulla retta via! E che
soddisfazione quando si esce da un fitto roveto dove le spine ti
hanno appena sfregiato quell'unica zone del corpo scoperto, la punta
del naso, per sbucare su una pista un po' più larga che ti dice
che stai andando nella direzione giusta!
Seguendo il tratturo Celano-Foggia ci dirigiamo decisi verso
la prossima regione: la Puglia. Attraversiamo un'area splendida
su cui regna ogni sfumatura di marrone, morbide colline fra cui
le moto corrono veloci mentre i nostri occhi vengono catturati da
piccoli particolari, come qualche alberello solitario che si staglia
nel blu del cielo. Lungo la discesa verso il Tavoliere scorgiamo
per la prima volta il mare ed è una bellissima sensazione!
Una giornata quasi tutta esplorativa ci regala crinali eolici, tratturi,
ghiaiate e mulattiere, tutto piuttosto scorrevole. Il caldo aumenta
inesorabile e le fonti sono spesso prive d'acqua; stringiamo i denti
fino ad Anzano dove inorridiamo scoprendo che i locali sono
tutti chiusi e nessuno ci dà da mangiare. Per fortuna riusciamo
a convincere la padrona di un piccolo alimentari a farci due panini:
zia Maria all'inizio è un po' diffidente, ma poi ci prende in simpatia
e finisce che ci racconta la storia della sua vita mentre chiede
ad una conpaesana di salire in casa e portarle la maionese che ha
finito in negozio. Ci porta panini, formaggio, frutta, vino, birra,
gelato, caffè e una montagna di simpatia. Dopo una foto abbracciati
a lei, risaliamo sulle nostre moto con lo stomaco pieno e il cuore
felice!
Siamo diretti verso la zona vulcanica dei laghi di Monticchio,
dove sgorga un'acqua naturalmente effervescente, buonissima e leggera.
Peccato che la sorgente sia stata chiusa e che si possa gustare
solo dalle bottiglie in vendita, ma volentieri accettiamo la novità
e riempiamo i nostri water bag di tutte queste delicate bollicine.
Piste di terra ci tengono compagnia lungo ettari di campagna ed
entriamo così in Basilicata, dove il caldo arriva alla sua
massima potenza; decine di casette abbandonate, tutte identiche
con portichetto e terrazzino, un grande numero dipinto sulla facciata
e il nome del podere su cui poggiano, costruite durante la riforma
fondiaria De Gasperi nei primi anni del dopoguerra, rendono questo
luogo molto particolare. E' incredibile, sembrano fatte con uno
stampino!
Mentre ci avviciniamo a Matera alcuni pesanti goccioloni
preannunciano il temporale che sta impazzando proprio davanti a
noi, con saette enormi che cadono ovunque; optiamo per ripararci
in un piccolo capanno aspettando che la bufera passi ed è splendido
osservare il cielo abbassarsi sempre di più e farsi nero e minaccioso,
sussultare ogni volta che migliaia di volt si scaricano a terra
con un boato spaventoso e sorridere infine alla scena dolce delle
nostre moto parcheggiate proprio sotto un bellissimo arcobaleno.
E' tempo di riprendere il viaggio, ci aspetta Matera, la bellissima
città dei Sassi, che sorge improvvisa dalle pareti a picco sul canyon
della gravina.
Siamo in viaggio da 12 giorni ininterrotti, 10 ore in sella e pause
brevissime, la fatica inizia a farsi sentire. E anche qualcos'altro...
un bambino passandoci accanto esclama "Che puzza!" Un po' di relax
nell'acqua calda delle vasche scavate nel tufo ci farà bene!
Mentre oziamo in attesa che si accendano le luci nella magica Matera,
qualcosa nasce dentro di noi: è qualcosa che non riusciamo ancora
a definire e che capiremo solo fra qualche giorno. Nel frattempo,
dopo aver infilato nuovamente l'abbigliamento da enduro, seguiamo
bellissime mulattiere con vista sulla gravina, risaliamo una serie
infinita di stradelli in mezzo ai campi dorati, dove la geometria
dei tagli del grano ci incanta e dove diamo gas divertendoci fra
mille curve e drittoni in salita e in discesa. Superata Ferrandina
ci accoglie una zona di splendidi calanchi, giù giù fino al fiume
Agri, poi su di nuovo scivolando paurosamente sulla terra fresata
di ripide piste campestri, dove io mi esibisco in uno spettacolare
doppio carpiato dal quale esco miracolosamente illesa! Splendida
vista sul suggestivo villaggio fantasma di Craco, abbandonato
perché il terreno della collinetta su cui sorge sta inesorabilmente
franando, e poi decisi verso Borgo Rabatana, attraversando
finalmente un'area ricca di alberi.
Nel piccolo ma grazioso borgo incontriamo Nicola, un dolcissimo
vecchino che ci porta in giro per le stradine presentandoci l'antico
frantoio, la vecchia fonte, il lavatoio, la stradina che scende
a Tursi ed una splendida pizzeria con tavolini su una terrazza
panoramica, gestori molto ospitali e un'ottima birra fresca.
Dopo aver sostituito il filtro dell'aria della Scorpa, pieno all'inverosimile
di polvere finissima, ci rimettiamo in marcia ansiosi di scoprire
la prossima regione, la Calabria. Attraversiamo le stradine
di Tursi mentre gli odori buoni del bucato steso al sole e del pane
appena cotto ci solleticano le narici e poi ritti sulle pedane corriamo
veloci su aghi di pino, sassi di fiume, terra, ghiaia con tutti
i sensi ansiosi di nuovi panorami, nuovi profumi, nuovi gusti. Da
qui in poi, infatti, il viaggio sarà tutto una sorpresa dal momento
che le nostre esplorazioni si fermano alla Basilicata.
La sete di scoperta ci muove una nuova adrenalina e le moto, reagendo
a dovere, ci conducono verso il primo esemplare di Pino Loricato,
pianta endemica del Pollino. Bellissimi sentieri e piste
ci accompagnano sull'altopiano, dove denti di roccia svettano all'improvviso
dal terreno, decine di mucche pascolano serene, mille fiorellini
azzurri solleticano i tasselli e succulente more mature ci riempiono
le guance. Sfiliamo sotto le imponenti stratificazioni del monte
Falconara seguendo l'antica Via dei Briganti e poi scendiamo
decisi verso il letto in secca del fiume che ha formato nei secoli
la spiaggia di Marina di Sibari, il Raganello. Scorriamo
lungo incantevoli piste accanto e dentro il letto, 20 stupendi chilometri
con le nostre ombre che si allungano davanti e stormi di uccelletti
che ci rincorrono.
Finalmente ci aspetta un giorno di riposo in campeggio: ci dondoliamo
allora in amaca, leggiamo, prendiamo un po' di sole, facciamo il
bagno in mare... però ci sentiamo un po' strani...e finalmente capiamo
cos'era quel qualcosa che non riuscivamo a decifrare. E' incredibile,
ci manca tutto della moto: alzarsi all'alba, indossare i puzzolenti
vestiti da enduro, caricare gli zaini, avviare il motore, salire
in sella e andare andare andare, cambiare marcia, frenare, dare
gas, alzarsi in piedi, sedersi, fermarsi per una foto, imprecare,
gioire, sudare, superare un ostacolo, lanciarsi in discesa, aggredire
una salita... ci accorgiamo che mentre siamo stesi in spiaggia è
a tutto questo che pensiamo con insistenza, come fosse una sorta
di droga... la moto come uno status vivendi...
Con gioia riprendiamo dunque il nostro viaggio; piste affiancate
da milioni di fichi d'india ci accompagnano verso la boscosissima
Sila dove il caldo è intenso e un lupo cita da un cartello
"sono cattivo solo nelle favole". Le moto danzano allegre sulla
terra morbida fra pini e felci, poi mordicchiano il terreno duro
di pascoli in altura e infine scivolano sulla sabbia di piste dal
terreno così secco che si è letteralmente sbriciolato.
Oggi arrivano anche gli sms per il mio compleanno; fra gli auguri
più belli quelli della mia mamma: “Chi l’avrebbe mai detto che un
frugolo di 3 chili avrebbe un giorno attraversato l’Italia su 2
ruote?!”
La Calabria è una terra aspra, selvaggia e dimenticata che però
regala dolcezze inaspettate, come la vista sui Tre Pizzi prima di
entrare ad Antonimina, come l'agriturismo L'albero della
goccia d'oro, un piccolo paradiso dove si assaporano i veri tesori
calabresi, come il ragazzino sullo scooter che senza proferire verbo
ma regalandoci un tenero sorriso ci accompagna nella direzione giusta
dopo che abbiamo incontrato un ponte crollato, come il ragazzo che
abbandona i suoi animali per farci strada verso la mulattiera che
sale sui crinali dell'Aspromonte che sovrastano San Luca,
orgoglioso di aiutarci nella nostra impresa. Decine di persone si
sono adoperate per insegnarci una strada piuttosto che un'altra
ed è soprattutto grazie a loro che abbiamo potuto attraversare la
Calabria quasi tutta off road.
A Villa San Giovanni ci imbarchiamo per la prossima regione,
la sublime Sicilia.
Nell'uscire da Messina la Scorpa si spegne misteriosamente
un paio di volte, così ci fermiamo sotto il sol leone per vuotare
la vaschetta del carburatore e sostituire ancora una volta il filtro
dell'aria pieno di polvere rossastra. Dato che da un po' di giorni
fatica anche a spegnersi, ne approfittiamo per spruzzare un po'
di liquido lavacontatti nel blocchetto che alloggia il pulsante
dello spegnimento.
Ma presto! torniamo in sella!! ci attendono i bellissimi Monti
Peloritani, con le loro piste estremamente panoramiche, i canaloni
selvaggi, i silenzi, le gole da risalire immersi in colori da favola!
Seguire la Dorsale è già di per sé un'esperienza eccitante, quando
poi si fanno incontri come quello con Carmelo, che prima ci regala
momenti di poesia raccontandoci l'alba sull'Etna, poi ci infila
nello zaino pere e formaggio e infine insiste per avere una foto
assieme a noi... che dire, innamorarsi della Sicilia diventa inevitabile!
Sui Nebrodi prendiamo una lunghissima pista che corre per
ore e ore nel sottobosco, dove sostiamo per pranzare con i prodotti
di Carmelo sdraiati a terra nella pace più totale. Di una bellezza
mozzafiato è stato l'avvicinamento ai monti, attraverso una zona
pastorale la cui orografia si alza in collinette dall'aspetto lunare
e dove abbiamo incontrato il pastore che si è portato le mani alla
testa esclamando "Certo che ce ne sono di pazzi in giro!" e che
ha insistito per offrirci la sua ricotta.
Dalla bellissima Petralia Soprana ci portiamo verso le Madonìe
seguendo lunghissime piste di campagna, immersi nella dorata erba
alta fino alla sella. Visitiamo increduli la splendida Gurfa,
un pregevole esempio di architettura rupestre dalla data incerta,
una seria di ambienti comunicanti fra loro mediante corte gallerie
che si affacciano alla fine su un'enorme stanza dal soffitto a cupola,
davvero impressionante; scavata interamente nell'arenaria, era con
tutta probabilità utilizzata per lo stoccaggio del grano.
La catena delle Madonìe è molto tutelata ed abbiamo così preferito
lasciarcela a nord per seguire pista campestri comunque bellissime,
senza quasi mai perdere di vista le vette.
Sulla Piana degli Albanesi i gestori dell'agriturismo Sant'Agata
ci domandano sarcastici cosa ne pensiamo delle loro strade e noi
rispondiamo "Tutto il bene possibile; noi le cerchiamo brutte, per
noi peggiori sono e meglio è, per cui voto 10!" ci guardano con
gli occhi sbarrati "I turisti di solito sono inorriditi dalle nostre
strade, siete i primi a darci una risposta del genere, dovremmo
incorniciarla!"
Dopo aver seguito un'antica ferrovia con tanto di suggestive gallerie,
arriviamo alla fine del nostro 22esimo giorno di viaggio in vista
di Palermo. Che visione incredibile! Palermo come Rio, Punta
Raisi come il Pan di Zucchero: visto da quassù il capoluogo siciliano
è davvero incantevole! Restiamo lunghi istanti ad osservare in silenzio
le mille casette chiare che paiono passeggeri in attesa di imbarcarsi,
poi scendiamo decisi seguendo ripide piste pietrose. Andiamo direttamente
al porto dove ci spogliamo in parte delle noiose protezioni: ci
troviamo sul trampolino di lancio per l'ultima regione, la meravigliosa
Sardegna!
Facciamo colazione al bar del porto di Cagliari e subito partiamo,
seguendo la ghiaiata che corre accanto agli Stagni di Molentargius
e Quartu, pieni di eleganti fenicotteri rosa. Poi saliamo rapidamente
di quota e ci immergiamo nell'affascinante entroterra sardo, ricco
di profumatissima macchia mediterranea vestita sorprendentemente
di colori autunnali. Solo nel profondo delle valli, dove scorrono
fiumi stagionali, il verde degli oleandri spicca e rompe la quasi
monocromìa del paesaggio.
Iniziamo un divertente sali-scendi seguendo piste ora scorrevoli
ora impegnative. Poi, all'improvviso, scorgo un'ombra enorme sulla
pista davanti a me, trattengo il fiato e tiro la leva della frizione
per non emettere rumore, alzo gli occhi al cielo e la vedo, bella,
bellissima: è un'Aquila Reale e sta volteggiando leggiadra proprio
sopra di me, facendomi sentire l'eletta. Sono emozionatissima, il
cuore mi batte forte, rallento, mi fermo, vorrei scattarle una foto
ma pochi secondi e lei è già un puntino all'orizzonte. La saluto
mentalmente, che le tue ali trovino sempre correnti d'aria pura...
Maciniamo molti altri km fino ad una pista che corre in alto sul
mare; alla nostra destra pareti scoscese si tuffano fra le onde
mentre alla nostra sinistra pareti a picco si sgretolano in grossi
pietroni che invadono la sede stradale. Arriviamo così fino a Marina
di Coccorocci dove sostiamo in campeggio un giorno intero.
Qui stendiamo su un filo tutto ciò che abbiamo addosso... e restiamo
basiti nel notare che sembra l'abbigliamento di un'intera squadra
di calcio anziché di una coppia di enduristi! Abbiamo entrambi un'antipatica,
fastidiosa e dolorosa dermatite, io su tutta la schiena e Taddy
sulle mani e sui polsi, ma ciò non ci impedisce certo di tornare
a vestirci di tutto punto e risalire finalmente in sella!
Le moto ci portano sotto pittoreschi pinnacoli di roccia chiara
che svettano dal verde della vegetazione, poi nella fresca penombra
di boschi che celano vecchi cuili, fonti di pietra e bellissimi
nuraghi: è splendido il contrasto fra la modernità delle due piccole
moto e l'antichità delle costruzioni megalitiche.
Vagando per i sentieri all'improvviso ci ritroviamo all'aperto in
un punto dove le rocce si gettano a precipizio nella valle: qui
quando piove si forma una splendida cascata ma oggi è tutto secco
e il silenzio è assoluto. Assaporiamo la totale assenza di suoni
cui le nostre orecchie non sono abituate... poi accendiamo i motori
e ripartiamo.
All'imbrunire ci lanciamo in una nuova avventura: seguire il letto
di un fiume fino ad un punto noto perché fatto un anno fa insieme
ad amici; il Gps ci indica che siamo abbastanza vicini ma ci sono
varie difficoltà da superare. Siamo stanchi, accaldati, senz'acqua
e dobbiamo ancora lottare con macigni, cespugli spinosi, contropendenze
e il buio imminente. In un punto ricostruiamo anche il sentiero
per evitare che le moto cadano in un buco profondo; a me la moto
cade lo stesso e mi schiaccia il polpaccio contro una roccia, bruciore
bestiale ma stringo i denti. Alla fine arriviamo sul sentiero conosciuto
e, dopo 13 ore in sella e sotto la luce azzurrognola della luna,
finalmente raggiungiamo l'albergo sul passo Genna Silana,
dove ceniamo e corriamo a dormire stremati ma decisamente soddisfatti!
Il giorno successivo è pregno di esplorazioni e scoperte sulle montagne
di Urzulei. Si comincia con il magico incontro con Ciccio
Antonio, il pastore che 50 anni fa accompagnava mio padre e gli
altri ragazzi del Gruppo Speleologico Bolognese all'ingresso di
grotte ancora inesplorate, dove loro si calavano muniti di corde,
scalette e canotti scoprendo importanti confluenze sotteranee fra
fiumi, cascate e laghetti cristallini. Con l'augurio di Antonio
nell'anima (Buona spedizione!) procediamo su una serie di sterrati
che salgono senza posa fino ad un'altura selvaggia, da cui poi si
scende seguendo un bellissimo sentiero stretto e tutte curve verso
una valletta con bellissimo nuraghe senza nome.
Transitiamo quindi per il paesino di Oliena, dove la candida
chiesa nella piazza è addobbata a festa e mille bandierine colorate
cantano al vento.
Il caldo è veramente intenso oggi ed ogni fonte è luogo di sosta
forzata: in una di queste Taddy non resiste alla tentazione e si
tuffa nell'acqua completamente vestito!
All'agriturismo Ertila sopra a Bitti tutti ci fanno festa,
padroni, cani e gatti. Ceniamo divinamente fra la simpatia di tutti.
Le piste per Olbia ci cullano in un saliscendi continuo fra
sempreverdi da cui svettano montagne aguzze, in un corollario naturale
davvero incantevole; le orecchie si aprono e si chiudono continuamente
e noi ci facciamo avvolgere dalla calura alle quote minori e dall'aria
frizzante in altura. Sono tutte sensazioni che ci teniamo ben strette
ma in realtà siamo un po' malinconici poiché il nostro viaggio sta
velocemente avviandosi verso l'inevitabile conclusione.
Ad Olbia Taddy opta per sostituire la gomma posteriore dell'XR,
ormai priva di tasselli; il gommista resta sbalordito quando impara
che abbiamo quasi concluso un giro così lungo, fuoristrada, in solitaria
e senza alcun supporto esterno; fa i complimenti a me perchè ho
compiuto l'impresa con una moto da trial e dice a Taddy "Sei un
uomo coraggioso".
Il traghetto per Livorno ci riporta sul continente, dove ci accolgono
un tempo instabile, fango, rocce scivolosissime e perfino la nebbia.
Tre giorni sono necessari per tornare a casa: avvicinarsi lentamente
ai panorami consueti, quelli che ci tengono compagnia tutte le domeniche
e che meglio conosciamo, è a dir poco emozionante.
Mentre percorro gli ultimi km medito sul fatto che per me il Giro
d'Italia non è stato solamente un grande viaggio off-road, bensì
anche una vera e propria scuola... di tecnica, di resistenza fisica
e di tenacia.
Nel tardo pomeriggio del 30esimo giorno spegniamo le moto nel cortile
di casa: mille ricordi nella nostra mente, un turbinio di emozioni
nel cuore, la soddisfazione di essere riusciti in un’impresa tanto
sognata, la gioia dell'affiatamento fra noi che non ci ha mai abbandonato,
la gratitudine verso tutti coloro che ci hanno ospitato, accompagnato
ed aiutato a realizzare questo sogno, il desiderio di raccontare
agli amici tutte le avventure vissute... ma soprattutto una gran
voglia di tornare nuovamente in sella!
Un mio grazie particolare a Taddy ed al suo progetto semplicemente
perfetto!
|