Fa molto caldo quest'estate,
a Bologna l'aria è immobile e le cicale friniscono assordandomi.
Io sorrido; ho in mano l'esito delle ultime lastre del mio polso
sinistro... sono stata costretta a stare tre lunghi mesi lontano
dal mondo dell'enduro e ora finalmente la frattura del radio si
è completamente calcificata... non c'è nulla che mi
possa fermare... l'adrenalina che sento alla sola idea di poter
finalmente tornare in moto è qualcosa di mai provato sino
ad ora! Enduro Valdichiana organizza un tour di quattro giorni
in Molise ed io non me lo lascio sfuggire. La voglia di tornare
in sella alla mia piccola Scorpa e di fare enduro supera di gran
lunga il timore del caldo, del sudore, della sete e della fatica.
Ho continuato ad allenarmi in palestra per non perdere la tonicità
della mia muscolatura e sono nuovamente pronta a sfidare qualsiasi
tipo di terreno!!!
Preparo la moto insieme a Taddy, che nel frattempo si è procurato
un'antipatica distorsione al ginocchio e che perciò dovrà
stare fermo un po' di tempo, infilo nello zaino qualche vestito
leggero, un paio di scarpe, olio motore, olio catena, una bomboletta
di Fast, una mezza tonnellata di attrezzi, un litro e mezzo d'acqua,
la macchina fotografica, il Gps... poi carico la moto sul carrello
e vado al lavoro. Quando finalmente nel primo pomeriggio il mio
capo mi lascia andare, salgo in macchina e parto in direzione della
Toscana, dove mi aspettano da qualche ora (scusate ragazzi...) gli
ormai mitici Adriano, Alessandro, Enrico, Fabrizio e Loris. Con
loro io e Taddy abbiamo già condiviso diversi Viaggi
Enduro, fra cui la Sardegna,
la Trasimeno-Punta
Ala, la Tirreno-Adriatica
e la Val d'Orcia.
Insieme sistemiamo le moto sui tre carrelli e riprendiamo il viaggio
verso sud, meta di oggi: Campobasso. Arriviamo molto tardi,
giusto il tempo per lavarci i denti e piombiamo tutti in un sonno
profondo: l'avventura ci attende!!
Il sole è già alto quando, dopo una bella colazione
sotto il portico della Tenuta Colle San Pietro, accendiamo i motori
delle nostre sei moto e partiamo diligentemente dietro alla nostra
guida, Adriano. Le moto sono tre KTM (Adriano, Enrico, Loris) due
Beta (Alessandro, Fabrizio) e la mia Scorpa.
Si inzia con un po' d'asfalto poichè siamo praticamente in
città, ma presto riusciamo ad imboccare i primi sentieri
e finalmente avvertiamo l'inzio dell'avventura off road. Il caldo
si fa subito sentire e ci fermiamo all'ombra a bere dai nostri water
bag, l'aria è bollente e i nostri visi sono arrossati ma
la gioia di trovarci nuovamente insieme e condividere un altro viaggio
enduro ci elettrizza.
Si sale lentamente di quota, sulla nostra sinistra sfilano maestose
le vette della Maiella, coi boschi che lasciano il posto
ai pascoli d'altura sulla sommità delle vette. Ghiaiate,
piste di terra e mulattiere ci tengono compagnia tutta la mattina;
una mula in salita con pietra smossa e continui tornanti ci fa sudare
in particolare sette camice, specie a quelli di noi che, forti e
volenterosi, si fanno carico di aiutare quelli che trovano qualche
difficoltà. Alla fine tutte le moto arrivano in cima alla
salita e qui ci fermiamo a bere e a riprendere fiato.
Nuove piste di terra ci conducono ora sotto splendidi boschi d'alto
fusto, dove l'ombra ci rilassa gli occhi e la mente; quando ripartiamo
torniamo belli concentrati per superare al meglio un immane groviglio
di radici esposte che rendono molto divertente la salita ai pascoli.
Quando li raggiungiamo li troviamo ricchi di bovini che placidamente
ruminano sdraiati o che strappano erba coi pesanti musoni a terra!
Sfiliamo loro accanto calando il gas per non spaventarli, mentre
continuiamo inesorabilmente a salire di quota, finchè arriviamo
su un nastro d'asfalto che costeggia un laghetto artificiale dall'acqua
incredibilmente limpida. Il suo nome, musicale ed azzeccato, è
Arcichiaro.
Poco oltre il lago ci fermiamo ad una bella fonte, dove ci spruzziamo
l'acqua addosso ridendo e dove beviamo avidamente rinfrescandoci
e dissetandoci, mentre un'allegra famiglia locale consuma un pic
nic all'ombra di una grande tettoia. Enrico solleva dall'acqua della
fonte una splendida cipolla grossa come un melone e questa rappresenta
il pretesto per una buffa conversazione con un uomo dalla fluente
barba bianca, con una parlata così... "molisana"...
che mette proprio di buon umore!
Ci riscopriamo presto affamati, così ci concediamo una sosta
presso l'unico ristorante in zona, dove proviamo il lusso di un
pranzetto in tutta calma dal momento che la tappa di oggi è
di tutto respiro.
Riprendiamo con una bella, lunga e comoda ghiaiata ombrosa e ancora
saliamo di quota; ora i nostri tasselli assaggiano il terreno duro
e secco di pascoli immensi e con essi raggiungiamo le vette che
sovrastano Guardiaregia, piccolo borgo ancora in provincia
di Campobasso verso cui siamo diretti. Scendiamo decisamente verso
il paese, sempre off road, ed arriviamo che il sole è ancora
alto. Trovato il Casale del Vescovo, che ci ospiterà questa
notte, optiamo per recarci in paese a fare carburante; una volta
qui, poi, decidiamo di concederci un aperitivo analcoolico presso
quello che pare l'unico bar di Guardiaregia, la cui padrona ci fa
pure fretta perchè sta chiudendo! Cedrata con ghiaccio, telefonata
ai vari familiari lasciati a casa, riposino sulle sedie all'ombra,
giretto panoramico fra i viottoli fino a conquistare la croce che
domina dall'alto il borgo, qualche foto ricordo e poi si torna all'agriturismo.
Qui sistemiamo le moto nel bel giardino molto curato ed eseguiamo
la manutenzione ordinaria: una bella ingrassata alla catena, un
controllo (mi raccomando col calibro...) alla sua tensione, uno
sguardo al livello dell'olio motore, una stretta alle eventuali
viti che si sono allentate con le vibrazioni. Finito di lavorare
solleviamo gli occhi ad osservare la bellezza del posto in cui ci
troviamo: lo splendido casale, sapientemente restaurato, si trova
incastonato fra pendii boschivi e ci riscalda il cuore notare come
tutto attorno a noi la natura regni sovrana; laggiù in lontananza,
le bianche casette di Campochiaro appaiono come una pennellata
di colore diverso sulla tela verde in cui siamo immersi.
Alle nove siamo tutti pronti per la cena, ottima... poi tutti a
dormire! Notte silenziosissima.
Cielo sereno e grande arsura anche la mattina successiva; il nostro
gruppetto è già impegnato nel superare un letto di
fiume in secca dove la traccia pare perdersi, ma solo in apparenza,
perchè quando ci si mette la volontà si può
superare ogni cosa! E così, dopo un rocambolesco gioco all'asse
d'equilibrio della nostra guida su un sottilissimo rialzo di terreno
circondato da erba altissima, una decina di parolacce ("maremma
maiala" e simili...) e qualche aiuto fra noi, superiamo tutti
quanti i vari ostacoli, fra cui una piccola discarica, ed appoggiamo
infine i tasselli su una pista scorrevole che ci asciuga in parte
il sudore accumulato sotto alle protezioni.
Pascoli percorsi da piste su cui si legge bene il passaggio di vetture
4x4 ci conducono ancora per un po' verso l'alto. Varie soste all'ombra
ci permettono di reintegrare i liquidi persi e di chiacchierare
fra noi. In tarda mattinata raggiungiamo la bellissima area archeologica
di Saepinum, una cittadella fondata dagli antichi abitanti
di queste zone, i Sanniti, e poi conquistata dai Romani; parcheggiamo
le moto per visitarla, percorrendo come marziani nelle nostre pesanti
armature i bei viali lastricati, fotografando archi portali, mura
intatte, ritte colonne e fondamenta di antichi macelli, teatri e
abitazioni di questo che era un nodo commerciale assai importante
già nel secondo secolo avanti Cristo. Siamo gli unici visitatori,
non si paga alcun biglietto, tutto attorno vigono il silenzio e
la tranquillità, solo alcune cicale friniscono scaldando
ancor più l'aria; oltre a noi solo un uomo addetto a certe
rilevazioni si muove assorto e quasi inebetito fra queste antichissime
pietre. Qui a Saepinum si incontravano da una parte gli allevatori
di bestiame, che conducevano le greggi seguendo gli stessi tratturi
che noi oggi stiamo cercando di ripercorrere, e dall'altra gli agricoltori,
che recavano i prodotti delle loro braccia e del loro sudore: ne
nascevano fiorenti scambi che rappresentavano il fulcro della vita
di allora. Le rocce di questi vialoni devono aver sentito chissà
quante storie, chissà quanti suoni, rumori, voci, imprecazioni,
canzoni... insomma quanta vita è racchiusa nella loro immobile
solitudine... davvero affascinante...
Dopo una colossale bevuta al bar situato appena fuori dall'area
archeologica, torniamo in sella alle nostre moto e con esse percorriamo
immensi campi incolti, dall'erba gialla così secca che pare
debba prender fuoco da un momento all'altro per auto-combustione!
Seguiamo tutti i campi restandone ai bordi, dove i tratturi naturalmente
restano ben marcati perchè utilizzati tuttora dalle macchine
agricole, mentre facciamo fatica a ritrovare la traccia nel passaggio
da un campo all'altro. Spesso infatti la traccia si perde nel nulla
e dobbiamo ritrovarla più avanti controllando la direzione
con i Gps. La nostra guida si divincola bene e ritroviamo sempre
la traccia che ci si era prefissati di seguire in anticipo.
Si segue quello che pare un antico letto di fiume in secca e ora
tramutato in pista, guidando col naso all'insù incuriositi
dalla presenza a destra e a sinistra di formazioni rocciose davvero
singolari e pittoresche, rocce stratificate e ricche di sporgenze
che sembrano resti di un contrafforte pliocenico: non mi meraviglierei
di trovarle piene di conchiglie!
Dopo aver percorso in pianura un bel tratto si ricomincia a salire
e giunti sulla sommità di una collina, dopo un salitone micidiale,
ci si para innanzi uno scenario magnifico: una distesa di dolci
colline con appezzamenti non grandissimi, ma che presentano tonalità
di colore così diverse fra loro da creare una tavolozza davvero
incantevole. Sembra di avere innanzi una piccola Val d'Orcia!
Molti altri campi arsi e gialli ci tengono compagnia fino alla sosta
del pranzo, nel paesino di Riccia, ed anche oltre fino a
raggiungere la meta serale, Jelsi.
Il borgo pare svilupparsi tutto lungo una sola strada principale,
che percorriamo lentamente sotto lo sguardo curioso degli abitanti.
Molte donne, bambine e anziane sono impegnate a lavorare enormi
mucchi di grano ai lati della strada; ci avviciniamo ad uno di questi
gruppetti dopo aver dato da bere alle moto, e le donne ci raccontano
che stanno preparando questo importante frutto della terra per la
sacra Festa del Grano, in onore della loro santa protettrice, Sant'Anna.
Sul finire di luglio si terrà infatti una processione di
carri lungo questa via, e ogni carro porterà una vera e propria
"scultura" costruita utilizzando le varie parti della
spiga del grano ed altri cereali, fra cui l'orzo e il riso.
Sistemiamo le moto nel cortiletto interno dell'hotel RoxyBar, proprio
di fronte al municipio e ad una chiesona con le sue.... campane...
quindi ci concediamo una doccia prima ed una passeggiata poi. Camminiamo
leggeri nella parte nuova di Jelsi, cercando di mantenerci nell'ombra
perchè il sole brucia ancora, finchè raggiungiamo
il Museo del grano, dove trovano sistemazione alcune delle opere
che negli anni hanno sfilato per il paese. Fra esse ricordo una
carrozza, San Pietro, una Cinquecento e il mitico incontro fra Garibaldi
e Vittorio Emanuele. Poco distante c'è anche la bottega dove
uomini e donne volontari lavorano alle varie creazioni. Da queste
parti a quanto pare il tempo non manca, anche perchè immaginiamo
che di distrazioni ce ne debbano essere ben poche!
All'imbrunire ceniamo nel nostro hotel, poi a buio completo ci concediamo
una nuova paseeggiata, questa volta lungo i viottoli della parte
più vecchia di Jelsi, che ci riserva a sorpresa alcuni angoli
davvero suggestivi ricchi di giochi di luci ed ombre. Verso le dieci
e mezzo ci ritiriamo nelle nostre stanze... dove verremo tutti regolarmente
svegliati ogni quindici minuti dai micidiali rintocchi delle terribili
campane poste proprio di fronte alle nostre finestre!!!
Il giorno successivo ci regala immense distese di campi arsi dal
sole, terra secca e spaccata sotto i nostri tasselli, sete e caldo...
ma anche bei panorami, boschi dalla vegetazione fitta dove il procedere
si fa lento e cauto, varie soste all'ombra e nel paesino di Toro
con l'immancabile cedrata.
Pranzo nell'unico ristorante di Duronia, nel giardino del
quale approfittiamo di un filo e di uno stendino per appendere le
nostre maglie fradice di sudore; un primo piatto assolutamente isapore
ed un gelato per consolarci, poi di nuovo in sella. Digeriamo tutto
il digeribile lungo un sentiero chiuso nel bosco, con passaggi strettissimi
fra grossi rami e ripidi pendii e poi di nuovo all'aria aperta a
godere di ampi panorami sulla campagna di cui il Molise è
ricchissimo.
Verso le tre arriviamo sulle sponde del fiume Triglio, che
attraversiamo seguendo un piccolo ponte in legno che ci pone vari
punti interrogativi. Se da una parte infatti c'è una comoda
strada ghiaiata... dall'altra c'è solo un bosco così
fitto che siamo costretti ad esplorare a piedi per vedere se è
percorribile con le moto... mah!! Ad ogni modo, pestando piantacce,
schivando rami spinosi e lasciandoci dietro qualche maremma, ci
facciamo largo fra le fronde e i rovi e riusciamo così a
restare fedeli alla nostra traccia! Bravi bravi!!
Nel tardo pomeriggio arriviamo alle porte di Pescolanciano,
dove individuiamo l'hotel Cona e dove decidiamo di fare rifornimento,
lavare un po' le moto e fare loro manutenzione prima di buttarci
letteralmente sotto la doccia!
Cena ottima a base di pesce e poi giretto in paese, su su fino al
Castello d'Alessandro, di cui osserviamo impressionati i bastioni
meridionali a precipizio ed il bel cortile interno, chiuso da un
cancello che verrà aperto solo ad agosto dal momento che
è di proprietà di una famiglia romana.
L'ultimo giorno è in assoluto il più caldo e terribile
dal punto di vista climatico: è finalmente arrivato Caronte
e si sente!! Un calore indicibile si alza dal terreno completamente
crepato, tanto che dobbiamo fare attenzione a dove mettiamo le ruote
per non venire catapultati in avanti! L'aria attorno a noi è
assolutamente immobile, non un filo di vento agita le foglie sugli
alberi e anche le imponenti pale eoliche sotto cui sfiliamo in questo
momento ruotano con una pigrizia degna di uno spagnolo impegnato
nella siesta! Lungo i tratturi troviamo spesso insidiosi mucchietti
di paglia scivolosissima e proprio su uno di questi le ruote dal
tassello poco marcato delle mie ruote da trail perdono aderenza
ed io scivolo allegramente a terra. Presto finisco anche l'acqua
e, nonostante il buon cuore di chi mi cede un po' della sua, si
rende indispensabile una sosta. Facile da dire... ma è quasi
impossibile trovare un paese da queste partii! Il Molise è
davvero una regione "selvaggia" e poco antropizzata e
spesso i paesini non hanno neppure un bar o il benzinaio. Una buona
organizzazione per affrontare off road queste zone è indispensabile.
Finalmente comunque riusciamo a trovare sollievo in un bar, dove
acquistiamo e scoliamo anche del Red Bull per ottenere un po' di
carica in più, e si riprende la strada.
Poco oltre ci attende il fiume Biferno, gonfio d'acqua dalla
forte corrente e ricco di pietroni che renderebbero alquanto rischioso
il guado alle nostre moto. Optiamo saggiamente per attraversarlo
seguendo un ponte asfaltato.
I tratturi da qui in poi sono praticamente impossibili da rintracciare,
inoltre stiamo finendo la benzina nei serbatoi... così nel
primo pomeriggio siamo costretti ad arrenderci all'asfalto.
Con esso raggiungiamo le auto a Campobasso e dopo aver caricato
le moto sui carrelli, esserci cambiati senza lavarci ed aver consumato
un pranzetto al fresco del ristorante dell'agriturismo, ci rendiamo
conto all'improvviso di essere giunti alla fine della nostra avventura
molisana. Ci infiliamo nelle auto e, accesa l'aria condizionata,
facciamo lentamente ritorno verso nord. Le nostre compagne d'avventura
si sono comportate egregiamente e a loro va il nostro ultimo saluto
prima che il buio le inghiotta celandole alla nostra vista. Un ultimo
saluto al telefono va anche ai compagni di viaggio con cui una volta
ancora mi sono trovata a meraviglia, poi ognuno si dirige verso
casa propria, dove, una volta chiusa la moto in garage, rientrerà
in una dimensione diversa. Ma resteranno i ricordi, le foto, le
immagini, gli odori, le risate, le simpatiche maremme... a dirci
che il nostro gruppetto di avventurieri ha esplorato una nuova regione
della nostra bellissima Italia. Grazie a tutti, di cuore... e al
prossimo viaggio... naturalmente enduro!!!
Abbiamo viaggiato Fuoristrada in Molise 70% offroad
tra piste, mulattiere, strade sterrate e tratturi,
Gloria in sella ad una Scorpa
TY-S 125 Long ride. Abbiamo percorso in quattro giorni di
Enduro circa 400 chilometri di Percorsi Fuoristrada. Il file
Gps di questo viaggio non e' disponibile, potete pero' usufruire
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